Pubblicato: Lunedì, 17 Giugno 2024 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Il 18 Giugno del 1155 viene condannato a morte una delle figure più controverse della storia: riformatore, eretico, predicatore, religioso

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Tanti secoli sono passati da quando un cronista dell’epoca ci consegnò queste parole: ''Arnaldo criticava ormai apertamente i Cardinali, dicendo che il loro consesso non era la chiesa di Dio, ma un mercato e una spelonca di ladri. Nemmeno il Papa era ciò che si professava, uomo apostolico e pastore di anime, ma uomo sanguinario, che fondava la sua autorità su incendi e omicidi, torturatore delle chiese, persecutore dell’innocenza, il quale non faceva altro al mondo che vessare la gente, riempiendo le proprie casse e svuotando quelle degli altri''

Arnaldo Da Brescia fu un riformatore religioso conosciuto per la forte avversione per l'istituzione tradizionale ecclesiastica. I punti fondamentali della sua visione furono la rinuncia della Chiesa alla ricchezza e il suo ritorno alla povertà evangelica, l'abbandono del potere temporale, la predicazione estesa ai laici, la non validità dei sacramenti amministrati da un clero non degno, la confessione praticata tra fedeli. Una sorta di eresia per il suo tempo, ma che iniziava a diffondersi qua e là tra consensi e timori.

Divenne canonico agostiniano a 25 anni e si trasferì a Parigi. Conobbe Pietro Abelardo, filosofo che nel corso della sua vita si mosse da una città all'altra fondando scuole e conquistando masse di allievi. Detestato da Bernardo di Chiaravalle, che non gli risparmiò nemmeno le accuse di eresia, aveva fatto delle sue idee religiose, e in particolare le sue opinioni sulla Trinità, un viatico per una interpretazione al di fuori della dottrina della Chiesa cattolica, tanto da essere condannate dai concili di Soissons e di Sens. Abelardo divenne noto anche col soprannome di Golia, che durante il Medioevo aveva la valenza di "demoniaco".

Quando Arnaldo tornò nella sua Brescia, iniziò una forte propaganda anticlericale, accusando in particolare il vescovo di Brescia, Manfredo, di possedere terre, di interessarsi di vicende politiche e di praticare usura. Forte il richiamo, a quel punto, del ritorno alla povertà evangelica, all'elemosina e alla solidarietà.

Nel 1139 le sue idee e quelle di Abelardo vennero giudicate eretiche dal Concilio Lateranense II e per tale motivo egli decise di lasciare l'Italia ed andare in Francia. Qui partecipò al già citato Concilio di Sens del 1140, teatro della disputa tra Abelardo e Bernardo di Chiaravalle.

Chiesto ed ottenuto il perdono da Papa Eugenio III, Arnaldo tornò poi a Roma nel 1145 dove, con la cacciata del pontefice seguita alla rivolta del 1143, era stato istituito un libero comune retto da un senato oligarchico e da un patricius. Fu questa la sua occasione di gettarsi completamente nell'agone politico, perorando le sue tesi anti-papali tese a fare di Roma un'entità politica nuova e sganciata dalla Chiesa. Questo comportamento gli valse la scomunica da parte del Papa nel 1148.

Fallita l'esperienza del libero comune, il religioso ed i suoi numerosi seguaci pensarono quindi di far rinascere uno stato imperiale a Roma e si rivolsero a Federico Barbarossa per convincerlo a scendere nella città ed instaurarvi un potere laico opposto a quello del papa. Molto astutamente anche il pontefice propose a Federico il riconoscimento di imperatore, a condizione che gli liberasse la sede da quei pericolosi repubblicani.

Federico acconsentì a Eugenio.

Firmato a Costanza il patto, sulla base del quale prometteva di ripristinare integralmente il potere temporale, si accingeva a entrare a Roma con tutta la sua forza militare. Prima che vi giungesse, però, Eugenio III morì. Il suo successore, Anastasio IV, non fece nulla per ricordare al Barbarossa di onorare gli impegni presi. Forse avvelenato, lasciò la vita terrena nel dicembre del 1154. Il suo successore, Adriano IV, l'unico Papa di origine inglese, dopo aver assistito all'assassinio di un proprio cardinale, rifiutò qualunque intesa coi repubblicani e pretese l'intervento di Federico scomunicando l'intera la città e dichiarando che non l'avrebbe tolta finché non gli avessero consegnato Arnaldo da Brescia.

Arnaldo, esiliato dallo stesso Senato, si mise a vagare per la campagna romana, trovando ospitalità presso i visconti di Campagnano. Federico Barbarossa, che intanto era già sceso in Italia per riportare i Comuni all'obbedienza, lo catturò. Da qui la condanna a morte, tramite impiccagione. Il reale capo d'accusa nei suoi confronti fu il rifiuto assoluto del potere temporale del Papa e della Chiesa, che San Bernardo e gli altri avversari consideravano ''eresia''. Il suo cadavere fu messo al rogo e le sue ceneri sparse sul Tevere. Al vedere ciò la folla insorse, costringendo il Barbarossa a riparare addirittura in Germania. Adriano IV, con l'aiuto dei Normanni, riuscì a imporre la normalità.

Circa trent'anni dopo la sua morte venne al mondo un uomo, Francesco d'Assisi, che diversamente da Arnaldo da Brescia fece la sua rivoluzione, proseguendo una strada che paradossalmente era stata preparata prima. Nel tentativo di cambiare la Chiesa e riabilitarla in nome di uno spirito nuovo.