ACCADDE OGGI – Il 25 Agosto del 1977 prende il via l’iniziativa che cambiò il destino culturale della Capitale
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Il 25 Agosto del 1977 a Roma si illuminò un grande schermo, infilato sotto le volte della più grande Basilica civile edificata dall'ultimo imperatore pagano: Massenzio. Ben presto ci si rese conto che davanti a quel rettangolo bianco in tanti avevano deciso di rialzare la testa e riprendersi l'esistenza mentre intorno le tenebre offuscavano il quotidiano: terrorismo, scontri, violenza politica e criminale.
La rassegna cinematografica organizzata ebbe l’ardire - sotto l’impulso dell’Assessorato di Renato Nicolini, esponente della Giunta del sindaco Giulio Carlo Argan - di portare i cittadini romani a usufruire degli spazi pubblici in risposta all'emarginazione delle periferie e sfruttando la richiesta di cultura che in quegli anni proviene dal basso. Fu la culla della cosiddetta ‘Estate romana’, evento che iniziò ad abbattere la politica dei ghetti urbani aprendo il centro della metropoli a tutto ciò che ora oltre i confini prestabiliti.
La politica culturale promossa da Nicolini apparve infatti subito in controtendenza con una storica abitudine a dividere, quasi in forma classista, l'accesso alla conoscenza e al sapere. In un territorio vasto, in perenne trasformazione, venne così attuato un decentramento alla rovescia, cioè dando un centro alle cose per non disperderle.
Va ricordato che Roma, in quel momento, viveva un clima di violenza inaudita. Ad aprile, durante gli scontri tra estremisti di sinistra a San Lorenzo, era stato ucciso l’agente Settimio Passamonti. Il 12 maggio, nel corso di una protesta radicale, era morta Giorgiana Masi. L’Estate Romana arrivò dunque come una pioggia benefica che allagò la metropoli di cultura e condivisione, opponendo al terrore la forza dell’arte e il dialogo.
La strada del passaggio al riscatto morale e civile passò per la musica pop e l’avanguardia, il teatro di strada, le maratone cinematografiche di film popolari e d'autore, giocando sulla contaminazione delle pratiche di "cultura alta" e "cultura bassa". Protagonisti di quel primo periodo furono i cineclub Filmstudio, Politecnico, L'Occhio L'Orecchio La Bocca e l'Associazione Italiana Cinema d'Essai. Per tema venne scelto il cinema epico. Prima proiezione: 'Senso', di Luchino Visconti. Nei giorni successivi l'affluenza crebbe in maniera esponenziale.
La clamorosa risposta del pubblico obbligò gli organizzatori ad optare nelle edizioni successive ad altri luoghi storici più capienti. La rassegna divenne itinerante e dalla Basilica a Via della Consolazione arrivò al Colosseo, Circo Massimo, l'EUR, Palazzo Braschi, l'ex mattatoio di Testaccio. L'horror si mescolò al Peplum, fino a Lucas, Spielberg, Hitchcock e Gance, Sordi e Totò facendo storcere il naso, inevitabilmente, ai critici della purezza impegnata.
A Massenzio nacque spontaneamente una reazione al ‘sistema cinema’ che in quegli anni stava palesemente collassando attraverso la convinzione di una rinascita possibile che mirasse però alla contaminazione tra organizzatori e consumatori, tra coloro che salvaguardavano il cinema e coloro che lo amavano o ne fruivano le opere periodicamente. Una eterogeneità che promuoveva l'arte delle origini, quella di Hollywood, lo sperimentale, il classico e il nuovo immergendo un intero contenitore nella discontinuità anche su basi inesplorate come la serata degli ‘undici schermi’, nel 1978, anticipatrice del successivo multiscreen.
Vennero poi altre stagioni, dentro alle quali maturarono in sé altri frutti, anche grazie alla capacità di un altro assessore di qualità come Gianni Borgna. Aspetti di un progresso culturale che purtroppo, ad un certo punto, si è impantanato, vivendo funzionalmente e per inerzia a ciò che era stato senza produrre più niente di nuovo o su cui (almeno) discutere, dibattere.
Rimane però quella stagione originaria a far da traino a tutto. Un tempo in cui fu bello, coraggioso e fondamentale portare la cultura fuori dai luoghi in cui era stata erroneamente posizionata e trasportarla di peso nelle piazze della città, nel suo tessuto urbano di giorno e di notte, spargendo luci nel coprifuoco della stagione dove l’odore della polvere da sparo era più intenso di ogni forma di vita.
Quei sorrisi dell’agosto del 1977 lanciarono una sfida, fortunatamente vinta. Una lezione da ricordare in questi anni in cui le paure di varia origine stanno riprendendo sempre più il sopravvento sul vissuto, gettando pesanti ombre sul nostro stare insieme.