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L'America e quel sangue che separa il mondo

10-07-2016

I troppi morti in America, l'uso delle armi, il razzismo di ritorno, la pace che vogliamo

Bianchi contro neri. I morti. La violenza della Polizia americana e quella della vendetta. I misteri. Il sangue che scorre e divide. Un film che abbiamo già visto e già letto. Le pallottole che passano dentro le vite di troppe persone, in America, sgretolano una parte del sogno che fu di Martin Luther King, di John e Bob Kennedy o della disobbedienza civile di Rosa Parks, di decenni di rivendicazioni e di lotte. Le crepe che vediamo nascere nell'altro mondo - proprio negli anni del primo Presidente nero - sono la traccia di un fallimento, di politiche sbagliate sull'uso delle armi (lezione che dovrebbe far suonare un campanello d'allarme anche in Italia), della incapacità di riconoscere le diseguaglianze insite nelle nuove generazioni e nelle loro povertà senza futuro. L'orizzonte di morte che abbiamo davanti ai nostri occhi può e deve essere spostato, annullato, cancellato.

Le risposte che cerchiamo - citando Dylan - sono nel vento. Sono nelle parole di chi già aveva dato un'indicazione, di chi, sognando, aveva scritto un mondo possibile e migliore di quello dell'odio prevalente e della guerra sociale.

Nel Marzo del 1968, poco prima di essere ucciso, Robert Kennedy pronunciava, presso l'università del Kansas, un discorso divenuto celebre. Ne riportiamo i passi. Perché forse è da qui che si deve riprendere a camminare. Magari soli, attendendo che altri proseguano con te il cammino verso la civiltà condivisa.

''Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jpnes, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani''.

E' il mondo che dobbiamo cercare, la pace che vogliamo.

 



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