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Apnea refereundum per un Pd in cerca di nuove strade

24-09-2016

FRASCATI - Il decisivo appuntamento di autunno segnerà il destino di un partito che in questi mesi si è riscoperto fortemente attratto dal civismo altrui

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Non può certo dirsi che il Partito democratico attraversi un momento felice. Le batoste amministrative di giugno, l'ascesa del Movimento 5 stelle, la perdita di avamposti strategici importanti non solo nella Capitale ma anche in periferia, rendono l'immediato futuro una fucina di preoccupazioni.

E, diciamolo francamente, sul locale non è che il partito in questi ultimi anni abbia brillato tra spaccature, accordi primari rinnegati, antagonismi velenosi spacca famiglie e divisioni verticali ed orizzontali.

Le ultime prove le abbiamo avute, ad esempio, ad Ariccia dove il lunghissimo regno di Emilio Cianfanelli è finito in malo modo con la forte spinta di chi dal partito si è dissociato di recente (diciamo Emilio Tomasi, diciamo Luisa Sallustio). Non meglio è andata di recente a Castelgandolfo dove l'ex sindaco Colacchi ed il fido Moianetti l'anno scorso hanno rotto - dopo un braccio di ferro snervante - col sindaco Monachesi e col Pd locale restando fuori dal congresso.

Non se l'è passata bene (e gli effetti sono arrivati a freddo, nello scorso giugno) il Pd di Genzano che dopo le brucianti spaccature del 2011 quando a vincere fu l'antagonista interno dell'uscente Enzo Ercolani, Flavio Gabbarini, pur avendo tutto sommato ricucito bene riuscendo a rientrare in maggioranza è stato comunque bocciato dai cittadini.

Di esempi ne possiamo portare mille, quasi uno in ogni Comune. Che dire di Frascati, dove l'Amministrazione è caduta sì per la forte responsabilità di un sindaco Spalletta non più presentabile che però proprio il Pd aveva presentato e supportato? Senza dimenticare la spaccatura post primarie 2014. E che dire di Grottaferrata, dove il Pd viaggia in punta di piedi ed passo di lumaca (tanto da insospettire) quando è ben evidente che un paio di spallate ben messe farebbero saltare in aria una maggioranza sgangherata non più disposta ad assecondare in toto un sindaco padre padrone (... come fu per Gabriele Mori, d'altra parte). A Ciampino il Pd è oggetto di una scalata che ha già fatto saltare teste e posizioni: quasi senza regole.

Il Pd, così, non capace di darsi stabilità al proprio interno ha iniziato a cercarla all'esterno: il modello Città metropolitana lanciato da Zingaretti nelle passate settimane ed approdato al listone "Le città delle metropoli" con un Partito democratico che si è aperto ai civici, ben testimonia il momento di difficoltà e, soprattutto, la necessità di continuare comunque - seppur con meno vigore - a gestire il consolidato potere costruito negli ultimi (e manco pochi) anni.

Non può e non deve quindi stupire quanto sta accadendo, ad esempio, a Rocca di Papa dove le contiguità tra una parte cospicua del Pd sovracomunale (oltre che metà partito roccheggiano) e l'attuale sindaco Crestini sono evidenti. Tanto che appare banale considerare il primo cittadino già sostanzialmente entrato nel partito.

A dominare le frenesie di questi mesi è però il temutissimo referendum costituzionale che al momento vale più di una tornata Politica. Dentro o fuori: se vince il "sì" Renzi ed il suo Pd ottengono la legittimazione a governare, a livello nazionale e a livello locale. Con una prevedibile tirata di cinghia alle aperture spesso sperticate ai cosiddetti civici. Che civici poi non sono mai perché sono quasi tutti provenienti da esperienze in altri partiti, spesso di segno opposto (se ancora questo ha un senso) e che hanno visto dunque nel sacro fuoco del civismo la via per il recupero della verginità. Il web in questo, vivaddio, aiuta a non dimenticare.

Il tutto, comunque, tenendo sempre in debita considerazione quanto avverrà a Palazzo Valentini il prossimo 9 ottobre quando si dovrà rinnovare il Consiglio della Città metropolitana ed è ovvio che per il Pd l'appoggio dei civici - tirati dentro al listone - è vitale. Ma si tratta di un accordo d'interesse e di scopo.

Qualsiasi accordo si stia facendo in queste settimane, dunque, anche e soprattutto sul locale dove comunque i civici con maggiori ambizioni hanno bisogno del cappello di un partito (possibilmente importante) per provare a proporsi poi a livelli superiori, tra un mese potrebbe non avere più senso.

Perché tutto dipende dal referendum. Se il Pd (pardon, il sì) vince sarà un Pd (renziano) più forte e pronto all'ennesima resa dei conti. Se il Pd perde (pardon, se vince il no), allora sarà una Caporetto per tutti. Ed in quello scenario, con un partito destinato probabilmente all'esplosione ed alla frammentazione, ogni accordo stretto in questi mesi sarà carta straccia. Pura carta straccia.



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