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Ecco il discorso del sindaco di Grottaferrata Fontana in occasione del 25 aprile

29-04-2016

GROTTAFERRATA - Il Comune pubblica l'allocuzione letta dal primo cittadino in piazza Cavour
 
ilmamilio.it
 
Questo il discorso letto dal sindaco di Grottaferrata Giampiero Fontana in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile in piazza Cavour (LEGGI l'articolo del 25, LEGGI l'articolo di ieri) e pubblicato sulla pagina ufficiale Facebook "Città di Grottaferrata".
 
«Saluto, a nome dell’Amministrazione comunale, i presenti, le Autorità civili, militari e religiose, l’ANPI ed i Carabinieri in congedo, la Polizia Locale e la Protezione Civile di Grottaferrata, i Carabinieri della locale Stazione e tutti coloro che hanno reso possibile l’odierna celebrazione.
 
Le parole che sto per pronunciare, per quanto possano risultare opinabili, crude e sincere, credetemi vengono dal cuore.
 
I cenni storici ai quali mi riferisco, benché sommari, sono da me espressi esclusivamente per amore di obiettività, scevra da ogni reticenza ed opposta retorica, per quella che ritengo essere, invece, un’esigenza attualissima di giustizia.
 
E’ con piacere che mi trovo oggi qui con voi a celebrare, in qualità di Sindaco della nostra Città, la ricorrenza del 25 aprile indicata, dalla legge n. 260 del 27 maggio 1949, che l’ha istituita, come “anniversario della liberazione”.
 
Colpisce, anzitutto, il ritardo con il quale tale importantissima festa civile fu istituita rispetto persino alla data di pubblicazione della nostra Costituzione repubblicana (27 dicembre del 1947). L’esatta conoscenza delle drammatiche circostanze, di disfacimento, di distruzione, di morte e di guerra civile che hanno preceduto e che sono seguite alla data 25 aprile del 1945, fornirebbe la spiegazione di questo singolare ritardo. Purtroppo soltanto di recente, approssimandosi il terzo millennio, tali circostanze hanno iniziato ad essere esplorate con obiettività da qualche storiografo.
 
Rispetto al termine “liberazione”, in mancanza di altre egualmente sintetiche ma più specifiche indicazioni normative di contenuto, mi riferirò a quella più diffusa a livello mediatico che indicherebbe, nel 25 Aprile 1945, la data finale nel nostro Paese (quella della liberazione, appunto, degli italiani) dalle tragedie della seconda guerra mondiale, dall'occupazione da parte della Germania nazista iniziatasi l’8 Settembre 1943 e dal ventennio fascista.
 
Per la verità una data puramente simbolica, perché nessuno di questi eventi si è realmente verificato, storicamente parlando sia da un punto di vista formale che sostanziale, in un 25 d’Aprile di un qualsiasi anno. Infatti, soltanto il 29 Aprile 1945, a Caserta, alla presenza di ufficiali delegati inglesi, americani, tedeschi e di un osservatore russo, si compì l'atto formale conclusivo che sancì la definitiva sconfitta delle forze armate nazi-fasciste presenti in Italia, tutte per l’occasione rappresentate (per delega ricevuta da Rodolfo GRAZIANI, all’epoca Comandante di quelle della Repubblica di Salò) dal solo Comandante tedesco.
 
Alla sottoscrizione dell'accordo, politicamente condiviso, non furono però ammessi i rappresentanti del Regno d’Italia, che dopo l’Armistizio del 1943 aveva pur combattuto a fianco degli Alleati. Non vi parteciparono neppure i rappresentanti del Comitato di Liberazione Nazionale Antifascista Italiano, anche in ragione di persistenti e profonde diffidenze e divisioni interne. Infatti, dieci giorni prima, il Comitato aveva emanato unilateralmente “in nome del Popolo italiano” e quale delegato di un non meglio individuato “Governo Italiano”, tre decreti legislativi, con l'ordine denominato "Arrendersi o perire" che prevedeva, tra l’altro e presago di altre prossime stragi fratricide, la fucilazione sommaria di ogni fascista che non si fosse immediatamente arreso.
 
Il 25 aprile 1945 è, tuttavia, il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), sezione nordica della Resistenza con sede segreta in Milano, ancora occupata dai nazi-fascisti, fece appello all'insurrezione pochi giorni prima dell’entrata in Milano delle truppe alleate. In quell’occasione, Sandro PERTINI, nel proclamare contestualmente lo sciopero generale e rifacendosi al precedente ordine di morte promulgato dal Comitato ma, questa volta, riferito ai soli tedeschi, scrisse le seguenti parole: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”.
 
Sandro PERTINI è divenuto poi, molti decenni dopo, uno dei Presidenti della Repubblica più amati dagli italiani proprio per aver saputo segnare, pur senza nulla rinnegare della sua militanza politica di convinto socialista e di antifascista, un deciso cambiamento di passo, etico e culturale per il recupero di una memoria di vera unità nazionale aliena dalla retorica e da ogni opposta esasperazione. Personalmente, provenendo da una lunga militanza politica nella cd. “destra sociale”, sono per questo molto legato da profonda gratitudine alla memoria di Sandro Pertini come lo sono, ad esempio, verso quella di altri notevoli personaggi politici antifascisti che non disdegnarono, a suo tempo, di presenziare alle esequie di Giorgio Almirante, il quale pur aveva combattuto nella Repubblica Sociale Italiana.
 
Nel rileggere il testo dell’appello di Pertini che ho citato, a me già noto, mi ha toccato profondamente lo scoprire, questa volta leggendolo con maggior attenzione, la medesima preoccupazione per “la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine...” che indusse altri a fare in quei tragici tempi la scelta opposta. E’, ad esempio, il caso di Piero PISENTI, l’illustre giurista friulano e ardito che tanto grande contributo di scienza ha dato alla stesura del nostro codice civile e che poi, dal 1943 al 1945, fu l’ultimo Guardasigilli di MUSSOLINI avendo aderito alla Repubblica di Salò.
 
Egli fece questa opinabile scelta per l’esclusivo e supremo amore verso la sua Patria, ritenendola necessaria alla salvezza del Nord Italia esposto alla vendetta nazista. Fu per questo e con questa motivazione che la Corte Straordinaria d’Assise di Bergamo lo assolse, dopo la Liberazione, da ogni accusa di collaborazionismo.
 
So che il PISENTI inviò poi, nel 1955 e con belle parole, il suo libro di memorie appena pubblicato “La Repubblica di Salò; una Repubblica necessaria”, alla sposa e alla figlia di Piero BOLZON già direttore de l’Ardito. Il BOLZON è, anche lui, un altro personaggio misconosciuto appartenuto alla storia italiana del ventennio fascista, che invece l’Italia democratica e repubblicana del Terzo Millennio, soprattutto in circostanze come quella odierna, dovrebbe riscoprire. Tra i due, entrambi profondamente credenti, entrambi nemici delle leggi razziali ed entrambi notoriamente ostili al nazismo, nella primavera del 1943 vi era stato un drammatico confronto.
 
Il BOLZON, di famiglia garibaldina e che nel 1940 fu l’unico nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni, assieme al deputato BAISTROCCHI, a pronunciarsi apertamente contro l’entrata in guerra a fianco dei nazisti tedeschi decisa da MUSSOLINI, disse al PISENTI, che insisteva proponendogli di seguirlo al Nord:
”Le città e le fabbriche bombardate si potranno ricostruire; gli ideali traditi, le vite e le anime spezzate degli uomini che vi hanno creduto, no”.
 
Ora io non so, né devo qui chiedermi, cosa ancora meriti di sopravvivere delle ubriacature ideologiche del XX Secolo.
 
Certamente ai miei occhi nessuno può dirsi innocente e nessuno può attaccare puntando il dito contro la parte avversa, né può ancora difendere la barbarie dei regimi già nati in quel secolo sciagurato e ancora oggi, qua e là, rinascenti ora dal capitalismo finanziario, salottiero, cinico e nichilista, ora dal socialismo asiatico o afro-americano, ora da troppi, ambigui e ciechi, egoismi nazionali ed integralismi religiosi e culturali.
 
Non ripeterò, da uomo del mio tempo, l’urlo di Salvatore QUASIMODO: “Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore”.
 
Oggi, 25 Aprile dell’anno 2016, qui a Grottaferrata, sento soltanto di dover ringraziare, ancora una volta, tutti i miei concittadini, miei sostenitori o miei avversari – non importa –, per avermi dato l’alto onore di essere presente e di avermi consentito di rappresentante l’intera Comunità Cittadina in questa cerimonia che vorrebbe degnamente commemorare una data simbolica e mitica. Una data che, assieme a quella del 4 Novembre, dovrebbe restare scritta a lettere di fuoco nel cuore di tutti e di ciascuno, non per segnare divisioni ma per fondare una memoria civica collettiva realmente condivisa.
 
Viva l’Italia. Viva il Tricolore nazionale!»
 
Il Sindaco di Grottaferrata
Dott. Giampiero FONTANA


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