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Cara acqua, ti saluto. La crisi di una grande risorsa (un tempo) dei Castelli romani

11-06-2017

Quella data limite del 2020 che ancora rimane una minaccia per migliaia di persone

Tutti gli insediamenti umani si insediano e vivono attorno all'acqua. Ma se questo bene primario ed esauribile viene a mancare, ogni cosa è destinata a deperire irrimediabilmente. In termini pratici, là dove non ci sono più risorse idriche è naturale lo spopolamento, lo stallo economico, la desertificazione. Secondo alcune stime diramate ormai cinque anni or sono (segno che la crisi idrica che attanaglia il territorio dei Castelli romani ha radici lontane) qualcuno (ricordiamo i segnali di allarme lanciati da associazioni come Anpana, WWF, o altre) profetizzò che i Castelli romani, continuando nella propria espansione, avrebbero avuto una sorta di periodo limite, quello a cavallo del 2020 o attorno a questo confine, periodo in cui l'area avrebbe completato l'ultimo aumento di densità abitativa possibile (che all'epoca si traduceva attorno al 15%), determinando conseguenze inimmaginabili.

Quel 2020, adesso, è dietro l'angolo e iniziamo a intuirne il peso. La scarsità di piogge e altri fattori collaterali hanno messo in piedi 'l'estate dei sacrifici' che già è in fase di attuazione. Le colline a sud di Roma sono passate da 100mila a circa 400mila abitanti in 40 anni. Il fabbisogno idrico giornaliero ed annuo, già oggetto oggi di crisi quotidiane, potrebbe aumentare ancora in un periodo a breve termine. Per attingere dai pozzi questa quantità di risorse ci vorranno centinaia di milioni di kw all'anno, con dei costi sulle bollette che aumenteranno inesorabilmente. Sopratutto, ed è questo il guaio, potrebbe mancare la risorsa fondamentale, depauperatasi tra abbassamenti di falde acquifere, grandi dispersioni sotterranee e stradali, mancati investimenti, pozzi e case abusive, lottizzazioni, nuovi insediamenti.

Il grido di allarme lanciato anni fa, dunque, si sta materializzando. I tecnici stanno lavorando per scongiurare il peggio, ma le soluzioni non sono facili, specie se la politica continuerà a fare poco o nulla, ovvero gestire le lamentele delle persone con i rubinetti a secco senza pensare seriamente ad alle prossime generazioni, un'umanità che potrebbe trovarsi in un territorio da abbandonare perché assente del bene più importante per la quotidianità. Visione troppo catastrofica? Speriamo. Ma già oggi, almeno per tre mesi all'anno, vivere nei Castelli Romani è complicato. E come dimostrano le cronache di questi ultimi mesi, anche nelle altre stagioni l'acqua ha scarseggiato e non poco. Giove Pluvio non aiuta, ma anche l'uomo ci ha messo del suo.

Elemosinare acqua è diventato prioritario. Intanto altre questioni sono sorte, come l’aumento delle emissioni di gas come anidride carbonica, idrogeno solforato e radon, emessi per la natura vulcanica del territorio, o l'arsenico che ogni tanto salta nei valori e crea ancora preoccupazioni diffuse.

Nel 2014, alcuni cittadini di Frascati evidenziarono ciò che era accaduto in zona S.S. Apostoli, ovvero la trasformazione di un pozzo profondo 60m che aveva funzionato perfettamente fino a cinquanta anni fa e che già nel 2004 aveva visto la sua falda abbassarsi di circa 100metri. Il bilancio idrogeologico impone di emungere dal suolo solo la quantità di acqua che lo stesso ha ricevuto (pioggia) nell'anno al fine di non abbassare ulteriormente le stesse falde. “Dotarsi di maggiore consapevolezza nell'utilizzo di questo "bene" è la cosa migliore – commentava all'epoca un cittadino - o la gestione dell'acqua diventerà presto oggetto di guerre fratricide anche in questi paesi”. Siamo arrivati a quel punto di non ritorno? E pensare che in questi luoghi l'acqua era addirittura un bene comune di grande disponibilità, ma lo sfruttamento indiscriminato di intere aree ha prodotto una crisi che oggi deve fare i conti anche con i cambiamenti climatici. Chi è causa del suo mal...  



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