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L'inimitabile sindaco Petroselli

08-10-2016

ACCADDE OGGI - Ricordo a 35 anni dalla morte

Fu il primo sindaco comunista di Roma. E oggi tutti lo tirano per la giacchetta in una corsa all'appropriazione che sa un po' di disperata ricerca di un appiglio per sognare ciò che non si può eguagliare (perché la sensazione che la qualità di oggi sia peggiore è netta).

Luigi Petroselli, a 35 anni della morte (7 ottobre 1981), è sempre più citato come esempio di amministratore. Eppure governò poco Roma. Appena due anni. Tuttavia aveva una caratteristica che oggi hanno in pochi: mettere insieme le energie propositive e fare sintesi, al di là delle contrapposizioni. Pur essendo un membro di rilievo del Pci, aveva rispetto istituzionale per il Vaticano. Una cultura di dialogo che era stata già aperta dal suo precedessore Carlo Giulio Argan (primo sindaco ''non democristiano della Capitale), in un solco di reciprocità che si pensava fosse una conquista per la città. ''Tanto più Roma sarà una città ordinata – disse Petroselli in occasione di un'intervista - tanto più avrà valori di libertà, uguaglianza e solidarietà, tanto più sarà una grande Capitale moderna e tanto più anche la Chiesa potrà assolvere le sue funzioni e la sua missione''. Si preoccupava, quando la linea A della Metropolitana aprì finalmente al pubblico, non di come risolvesse il problema del traffico, ma dei vantaggi di tempo che i lavoratori della Tuscolana o dei Castelli romani avrebbero avuto per la propria vita. Intendeva addirittura la Metro come un luogo di comunicazione e di socializzazione (e oggi non lo è più, segno del tempo).

Lui, ''etrusco'' e viterbese di origine, aveva colto la città profonda, il contatto con la sua umanità. Una storia rispettata, tanto che l'esponente del Movimento Sociale Italiano Michele Marchio, quando Pertroselli morì, improvvisamente, a 49 anni, al termine di un Comitato Centrale del Pci, disse che era ''un sindaco morto con le scarpe ai piedi''. Un grande omaggio, proveniente da un avversario politico in un clima di pistolettate e scontri di piazza.

Petroselli si metteva anima e corpo dentro il contesto politico, come si evince dal suo ultimo intervento pubblico conosciuto tra i terremotati di Lioni. Basta ascoltarlo per comprendere lo spessore del politico, dell'amministratore, dell'uomo. Aveva maturato una disponibilità al dialogo, con un laico spirito di tolleranza e un'abnegazione incredibile per i problemi di una metropoli che proprio allora si stava facendo vasta. Al suo funerale andarono in migliaia. Una traccia così, se non sei bravo, non riesci a coglierla. Era la sua capacità di stare tra gli sfrattarti, i disoccupati, gli ultimi. Misurandosi con la pressione dei poteri edilizi, riuscì a approfondire le sue iniziative a favore della collettività, sopratutto nell'ambiente delle case popolari.

Il Progetto Fori Imperiali, assieme all’impegno per il risanamento delle periferie, delineò un futuro di congiunzione materiale e sociale delle diverse parti della città interrotto dalla sua scomparsa. L'avvicinamento territoriale delle borgate al centro, in tal senso, fu un obiettivo pensato con l'insita filosofia di non annullare comunque le differenze e le radici, ma considerando servizi e diritti accessibili a tutti.

Demolì i luoghi dove le persone si lavavano ancora nelle bagnarole, diede impulso all'Estate Romana di un altro grande visionario come Renato Nicolini (Leggi l'articolo), si inventò, persuaso da Antonio Cederna, l'idea di mettere la Storia al posto delle automobili con un parco archeologico grande e frequentato; innescò l’intervento di Tor Bella Monaca, che nella meta iniziale doveva essere un esempio di ''città moderna'', anche per eliminare quella piaga dell'abusivismo che si ridimensionò solo in parte e che esplose più tardi grazie ai condoni sopraggiunti dal 1985 in poi.

Idee, ipotesi, visioni, intenzioni incompiute. Con il decesso di Petroselli morì anche il suo progetto per Roma. Avveniristico, rivoluzionario. Così come si perse la strategia sui Fori Imperiali in quella volontà di allungare e legare fino all'Appia la forza archeologica del territorio. Tor Bella Monaca, al momento delle assegnazioni e della sua gestione ordinaria, fu invece travolta da quella cattiva quotidianità che poi ha messo in moto l'ordinaria cronaca a cui assistiamo.

Petroselli, per tutto questo, è e resta inimitabile. Può essere però un riferimento, in una città sfinita che purtroppo non riesce ad uscire più dai suoi problemi storici.



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