Fusione nucleare, la missione del DTT e il progetto dell'Enea. Zorzoli: "Impresa ardua ma molto sfidante"

Pubblicato: Lunedì, 09 Aprile 2018 - Silvia Martone

zorzoli giovan battistaFRASCATI (scienza) - L'esperto spiega quanto si dovrà realizzare nei laboratori di Frascati. "La fattibilità e l'effettiva convenienza di questa tecnologia è però ancora tutta da dimostrare"

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I media locali e nazionali stanno trattando ampiamente la notizia relativa all’aggiudicazione del Centro ENEA di Frascati del bando per la realizzazione dell’impianto sperimentale DTT, Divertor Tokamak Test facility, con lo scopo di analizzare scientificamente le prestazioni del divertore di un reattore a fusione.

Con il tentativo di chiarire il più possibile di cosa si tratta abbiamo intervistato il professor Giovan Battista Zorzoli, 86enne ingegnere e docente italiano, esperto in energia nucleare e in fonti energetiche rinnovabili.

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Professore, ci può spiegare intanto di cosa si tratta? Cos’è il DTT?

Tokamak è il nome di una macchina, a forma di ciambella, al cui interno è confinato un plasma ad alta temperatura di nuclei di deuterio e trizio (due isotopi dell'idrogeno, stesso numero atomico, differente numero di neutroni nel nucleo, ndr). Con questo tipo di macchina, da diversi decenni si conducono nel mondo esperimenti, con l'obiettivo finale di realizzare la fusione “controllata” di tali nuclei, in modo da utilizzare l'energia prodotta per generare elettricità. Il divertore, oggetto delle sperimentazioni che si svolgeranno a Frascati, è un componente essenziale per impedire che le pareti della ciambella siano danneggiate da quella parte del plasma che riesce a sfuggire ai campi magnetici di contenimento a causa della sua instabilità intrinseca.

Le ricerche, molto sfidanti, che si svolgeranno a Frascati dovranno verificare su scala significativa le prestazioni del tipo di divertore da utilizzare nel reattore dimostrativo a fusione DEMO che, secondo le previsioni attuali, dovrebbe essere realizzato entro il 2050. L’ENEA è riuscito ad aggiudicarsi un progetto così importante, essendo in grado di realizzare l’impianto sperimentale e di svolgere i test successivi, grazie alle sue competenze in materia.

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Crede nella fattibilità della fusione nucleare controllata, programma di ricerca a cui il centro ENEA di Frascati partecipa da moltissimi anni?

Si tratta di un’impresa molto ardua perché, per ottenere un bilancio energetico positivo, è necessario riscaldare una densità adeguata di plasma di deuterio e trizio a temperature molto alte (100 milioni di gradi), mantenendolo confinato in uno spazio limitato per un tempo sufficiente a far sì che l'energia liberata dalle reazioni di fusione possa compensare sia le perdite di energia, sia quella usata per produrle.

A conferma della difficoltà del progetto, la pila di Enrico Fermi (al premio Nobel italiano è anche intitolata la strada dove sorgono i laboratori ENEA di Frascati, ndr) consentì l'analoga dimostrazione per la fissione nucleare il 2 dicembre 1942, solo quattro anni dopo la prova dell'esistenza di questa reazione. Se non ci saranno ulteriori ritardi, soltanto nel 2025 verrà completato ITER, un Tokamak di grandi dimensioni, progettato tenendo conto di tutte le conoscenze scientifiche e tecnologiche acquisite nei decenni precedenti. L’obiettivo di ITER, attualmente in costruzione in Francia a Cadarache, è finalmente dimostrare la fattibilità della fusione controllata.

Se il responso sarà positivo, si passerà alla realizzazione di DEMO (DEMOnstrating fusion power reactor) che, secondo le previsioni attuali, dovrebbe essere pronto intorno al 2050. DEMO è un impianto molto più complesso di ITER. Solo per citare una delle prestazioni richieste, mentre lo scopo di ITER è dimostrare la sostenibilità della reazione di fusione nucleare per un tempo abbastanza contenuto, per avere successo DEMO dovrà generare energia con continuità, mantenendo la stabilità della reazione di fusione per un tempo indeterminato.

Solo se DEMO confermerà i risultati attesi, tra cui la potenziale competitività dei reattori a fusione, si potrà decidere di passare alla commercializzazione di questa tecnologia. Nella più ottimistica delle ipotesi, intorno al 2060.

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Quali sono i costi di ITER?

Si tratta di un impianto sperimentale molto costoso tanto che, per realizzarlo, è stato creato un consorzio internazionale, cui partecipano tutti i maggiori paesi industrializzati: Unione europea, Stati Uniti, Russia, Cina, Giappone, India, Corea del sud.

Inizialmente si ipotizzava di arrivare all’accensione del primo plasma nel 2019 a un costo stimato di circa 10 miliardi di euro. Le difficoltà incontrate in corso d’opera hanno fatto lievitare i costi, oggi stimati in almeno 20 miliardi, e ritardato la conclusione dei lavori. Anche la successiva attività di ricerca sarà molto lunga. Si ritiene che saranno necessari dieci anni (2025-2035) per ottenere risultati significativi.

Esistono impatti, sprechi o rischi legati a questa tecnologia, oggi del tutto sperimentale? E qual è secondo il suo punto di vista il rapporto con le Fonti energetiche rinnovabili?

Agli inizi degli anni ‘50, la proposta di produrre elettricità mediante fusione nucleare controllata presentava innanzi tutto il vantaggio, rispetto alla fissione nucleare, di utilizzare come materia prima l'acqua (da cui si estrae il deuterio), cioè una risorsa certamente più disponibile dell'uranio. Oggi lo stesso vantaggio è offerto dalle fonti rinnovabili, tra cui eolico e fotovoltaico non hanno nemmeno bisogno della risorsa idrica. In diverse situazioni risultano già competitive e, inoltre, i progressi tecnologici degli ultimi decenni consentono di prevedere da oggi a metà secolo ulteriori, significativi passi in avanti in termini di costi e di prestazioni. Per contro, anche se non crea i problemi di sicurezza dei reattori a fissione, un reattore a fusione è un impianto non meno complesso, con alcune sfide tecnologiche di non poco conto, come la coesistenza, a distanza ravvicinata, del plasma ad altissima temperatura e di magneti superconduttori a temperature criogeniche. Inoltre, la geometria dell'impianto, con i magneti che circondano la ciambella dove è contenuto il plasma, renderà particolarmente complicati, quindi costosi, anche gli interventi di manutenzione su componenti resi radioattivi dal flusso di neutroni prodotti dalla fusione nucleare. Interventi che saranno frequenti, dato che il flusso di neutroni e la loro energia sono di un ordine di grandezza superiori a quelli degli attuali reattori, con il conseguente, maggior danneggiamento dei materiali impiegati.

Per chi oggi ne sostiene la futura economicità, è pertanto elevato il rischio di trovarsi smentito, come lo è stato chi giurava sul basso costo dell'energia nucleare da fissione.

Per concludere, quali sono le sue considerazioni su questo progetto?

DTT è un progetto di ricerca sfidante sotto il profilo scientifico e tecnologico. Essersi assicurato la sua assegnazione, va quindi a merito di ENEA. È rilevante anche in termini economici e sociali: circa 500 milioni di euro di investimenti e 500 persone occupate direttamente e altre 1000 nell'indotto

È però altrettanto doveroso interrogarsi sulle prospettive di una tecnologia che, malgrado da quasi settant'anni abbia impegnato ingenti risorse finanziarie e professionali, davanti a sé ne ha almeno altri quaranta, prima di sperare di affacciarsi sul mercato dell'energia.


Commenti  

# RNA Italia 2018-04-10 21:34
Fusione nucleare. 30.000 tonnellate di rifiuti radioattivi, stupro del territorio e di quel che rimane delle già disastrate risorse idriche. Non lo dicono gli "ambientalisti" o i "verdi" che in Italia hanno taciuto omertosamente... ma chi ha lavorato proprio per la fusione nucleare, negli USA, per 25 anni e che di recente ha letteralmente demolito il progetto ITER: http://www.nonukes.it/rna/RNAnews335.html
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