Su Netflix la vera storia di Alex Schwazer il campione di marcia. L'oro, la caduta, Sandro Donati e il complotto

Pubblicato: Domenica, 30 Aprile 2023 - Marco Caroni

schwazer donati ilmamilioROMA (serie tv) - Una docu-serie di 4 episodi percorre la vicenda sportiva ed umana dell'atleta altoatesino: una storia di vittorie e di lacrime. Che però non ha ancora scritto la parola fine

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Quando Alex Schwazer e Sandro Donati si incontrano, nei primi mesi del 2015 è l'inizio di una delle più incredibili storie di sport e di "malosport" che si possa immaginare. Una storia tragica e bellissima, una tela del ragno fitta ed intricata sulla quale si dimenano i due protagonisti con vigore ed enorme dignità al cospetto di quei "poteri forti" dell'atletica mondiale che sul caso Schwazer hanno già messo una pesante pietra.

Pubblicata nei giorni scorsi, su Netflix arriva la straordinaria docu-serie firmata da Massimo Cappello che racconta una storia che neanche il più fantasioso dei giallisti potrebbe partorire. Judo Frascati 3 ilmamilio

Una storia, con forti tinte noir, che parte dall'inizio, ovvero dall'oro olimpico nei 50 km di marcia conquistato da uno Schwazer ancora non troppo noto al grande pubblico nell'agosto 2008 a Pechino. Alex è fidanzato con la pattinatrice Carolina Kostner ed insieme formano una coppia d'oro che conquista le prime pagine: sembra davvero l'inizio di una grande storia, ma Schwazer - originario di Vipiteno, in Alto Adige - è un ragazzo semplice che ama lo sport e mal si adatta alle luci della ribalta. La fame e l'ansia da prestazione, nonostante il suo sia un talento cristallino, lo portano a cadere: il 6 agosto 2012, con le Olimpiadi di Londra in corso, viene annunciata la positivà di Schwazer al doping.

Celebre la conferenza stampa nella quale il marciatore scoppia in lacrime ammettendo la sua colpa: aver assunto l'epo, l'eritropoietina.

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Nel momento più difficile della sua vita, culminato con la squalifica di 3 anni comminatagli all'inizio 2013 e con la fine della storia con la Kostner, nell'inverno 2015 ecco l'incontro con Sandro Donati. L'ex allenatore della nazionale italiana di atletica (fino al 1987, anno dei mondiali di Roma e dell'inverosimile bronzo di Evangelisti nel salto in lungo), originario di Monte Porzio Catone, paladino dell'antidoping, è considerato un nemico da quella parte di sport che ritiene lecito ogni mezzo per raggiungere il successo. Donati accetta la proposta di Alex di seguirlo e quello che ne nasce è un sodalizio d'acciaio. L'atleta si mette a completa disposizione del tecnico, vuole vincere ancora e vuole vincere da pulito: accetta di farsi fare, periodicamente, ogni tipo di controllo, a qualsiasi ora, in qualsiasi giorno.

Schwazer è un campione. Va forte. Va a mille. Va quasi troppo forte. Donati lo allena, lo coccola, lo conosce, lo nasconde quasi perché ha paura di far vedere al mondo quanto possa correre un atleta pulito. Il marciatore si allena nel suo Alto Adige, poi Donati lo porta a Roma, ma anche ai Castelli romani. Deliziosa la foto che abbiamo scelto per l'apertura di questo articolo, con Alex e Sandro che parlano come due vecchi amici seduti al bar a sorseggiare vino sulle sponde del lago di Castel Gandolfo.

Nel novembre 2015 Schwazer fa una prova: Donati gli organizza una 20 chilometri nelle strade di quartiere di Montesacro, sulla Nomentana. L'altoatesino marcia tra due ali di folla e va forte davvero: il tempo non è certamente ufficiale ma il segnale è mostruoso. Ai mondiali di Roma, nel maggio 2016, prima della gara Donati riceve una strana telefonata: "Non far vincere Schwazer, è meglio così. Meglio che non faccia vedere quanto va forte". Alex ci prova: parte senza forzare, sta nel gruppetto di testa, ma poi strappa perché la voglia di vincere è più forte di tutto. E' campione del mondo, vince con un tempo straordinario e strappa il visto per le Olimpiadi di Rio.

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Sembra davvero l'epilogo di una storia di vittorie, cadute e redenzioni. Ma pochi giorni prima del via delle Olimpiadi arriva la doccia gelata, ghiacciata: la rianalisi dell'urina che gli era stata prelevata il 1 gennaio 2016 ha evidenziato la positività al testosterone. Per Schwazer è un tornado a ciel sereno: la squalifica che ne segue è atroce, 8 anni. 

Inizia una battaglia terribile, senza esclusione di colpi, perché quell'esame è sospetto, quell'esito è sospetto, il processo che ha portato a questo epilogo è sospetto, i protagonisti sono sospetti. Schwazer nega ogni responsabilità e giura di essere pulito. La docu-serie Netflix ben testimonia e ben indaga quei mesi, e poi quegli anni terribili. I soggetti interessati sono moltissimi, dalla IAAF alla WADA, alla Federazione italiana.

La squalifica, la seconda, è terribile ed a questa segue il processo penale in Italia: il dibattimento, lunghissimo, mostra però tutte le criticità del caso ed il 18 febbraio 2021, ben 5 anni dopo i fatti, arriva l'assoluzione per "non aver commesso il fatto", pronunciata dal Tribunale di Bolzano. Una sentenza che è come una scossa di terremoto di magnitudo 10 nel mondo dell'atletica ma dopo di questa nulla succede: la squalifica resta tale.

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La storia sembra chiusa, perché la squalifica sportiva di Alex terminerà a pochi giorni dalle Olimpiadi di Parigi 2024 e non c'è tempo per le gare di qualificazione. Alex il prossimo anno compirà 40 anni: è un uomo sereno, un campione che certamente ha passato i suoi anni migliori, ma sempre un campione. Ha sposato Katy, hanno un bambino ed una bambina. Alex Schwazer è un uomo che ha incontrato, sulla via della redenzione, un secondo padre. Più di un amico. Ne hanno fatto un sodalizio capace di mettere paura, seriamente paura, a quelli che lo stesso Donati non ha esitato a definire, chiamandoli per nome e cognome, i "signori del doping".

Una storia, quella di Alex Schwazer, sotto la quale non è stata però ancora scritta la parola fine.

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