La Tv a colori e la ‘nascita’ del Movimento del '77. Quel 1° Febbraio che cambiò l’Italia

Pubblicato: Mercoledì, 01 Febbraio 2023 - Fabrizio Giusti

 

ACCADDE OGGI Il giorno in cui la Rai abbandonò il bianco e nero. La fine dell'era ‘romantica’. Dentro una stagione politica di cambiamenti e violenza

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Una vecchia canzone degli anni cinquanta agli albori del piccolo schermo, intitolata ‘Questa è la televisione’ raccontava con queste parole le emozioni di un elettrodomestico destinato a cambiare gli italiani e l’Italia nel breve spazio di pochi anni: “Sono lì con te, son vicino a te, ma non mi puoi toccare. Non voler di più, e finché vuoi tu, io ti farò sognare. Lontani e vicini, coi nostri destini, viviamo la stessa illusione: questa è la televisione, quasi la felicità”. Quell’Italia viveva a colori ma sognava in bianco e nero. Lo fece per lungo tempo. Solo verso la fine degli anni settanta inaugurò un momento storico di svolta con una ulteriore novità: il colore.

Accadde tutto nel 1977. Il Gennaio, dopo venti anni di onorata e celebrata carriera, un altro 'totem' aveva detto addio: il vecchio e amato 'Carosello', il contenitore delle pubblicità. Un mese più tardi, dopo una lunga gestazione tecnica e qualche perplessità politica, debuttò ufficialmente la televisione a colori.

Iniziate in via sperimentale fin dai primi anni Settanta (fu Rosanna Vaudetti a condurre la prova tecnica delle Olimpiadi di Monaco nel 1972), le prove del cambiamento avvennero con diverse alternative a giorni alterni. In quel periodo in Parlamento si dibatteva l'adozione del sistema di trasmissione tra i sostenitori del francese Secam e quelli del tedesco Pal. La svolta si concretizzò solo dieci anni dopo rispetto ad altri paesi europei e agli Stati Uniti, principalmente per l'opposizione di una parte della politica nostrana, da sinistra a destra, preoccupata, per motivi che a oggi sembrano incredibili, che il colore potesse minare la precaria situazione economica italiana oltre che scatenare una sfrenata corsa all'acquisto da parte delle famiglie.

Fu una polemica dai toni persino aspri. L'Unita', il giornale del Pci, dedicò titoli di prima pagina alla vicenda: “Guerra di miliardi per la tv a colori” o “Corruzione ed intrighi dietro la scelta della rv a colori”. All'interno del quotidiano si ricordava come una famiglia italiana su tre non avesse in dotazione nemmeno la tv in bianco e nero. “Chi l'ha detto che gli italiani sono tanto ansiosi di vedere un telegiornale a colori quando le bugie e la disinformazione saranno le stesse, se non peggiori, di quelle in bianco e nero?”, si scriveva in una riflessione.

Berlinguer, in quegli anni, si richiamava ad un'etica dell'essenziale contro gli stravolgimenti del superfluo nell’anno dell’austerità. Un atteggiamento che coinvolgeva anche la Cgil di Luciano Lama, il Partito Socialista, il Partito Repubblicano, la sinistra della Democrazia Cristiana. Secondo una scuola di pensiero diffusa, insomma. lo sviluppo economico era squilibrato e l'introduzione della tv a colori avrebbe dato vita ad un aumento della spesa privata per beni 'voluttuari'.


Nonostante le polemiche, la sperimentazione della trasmissione a colori iniziò il 26 agosto 1972, in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Monaco.

Il senatore repubblicano Ugo La Malfa espose in un'interrogazione parlamentare il timore di una possibile spinta verso il consumismo e l'inflazione. Erano decisamente altri tempi. Fu l'allora ministro delle Poste e Telecomunicazioni, Vittorino Colombo, proprio al termine del 1976, mentre sfumavano le edizioni serali di Tg1 e Tg2, ad annunciare ufficialmente l'atteso salto, che ebbe compimento, appunto, nel febbraio dell'anno successivo.

Il 1° Febbraio 1977, dunque, cambiò un mondo. Fu uno spartiacque psicologico e visivo. La Rai iniziò a programmare la realtà, facendo scomparire in tutte le case le immagini di un'epoca che fino al giorno prima era fatta di toni grigi e un po' romantici. Non tutti, naturalmente, poterono assistere all'evento. Solo pochi fortunati, soprattutto chi aveva i soldi necessari per comprarsi un impianto di ultima generazione. Il radicamento fu graduale, ma inevitabile. Anche per l'azienda di Stato il tragitto fu lungo. Lo storico segnale orario delle 20, ad esempio, rimase in bianco e nero, così come il telefilm serale Furia, il leggendario “cavallo del west''.

A guadagnarne fu soprattutto lo sport: le maglie dei calciatori diventarono finalmente viola, biancoazzure, giallorosse, rossonere. Parallelamente, nei salotti si diffuse anche il telecomando. Venduto in dotazione con i nuovi apparecchi, dava al pubblico la sensazione di dominare il mezzo, di poter dare 'democrazia' alla visione serale. La rete commerciale stava infatti piazzando antenne su tutto il territorio, le radio libere erano in uno stato di reale esplosione e si aveva la netta sensazione che tutto, prima o poi, sarebbe cambiato. A Milano c'era un giovane imprenditore che aveva le idee chiarissime su come sarebbero stati i palinsesti del futuro: Silvio Berlusconi. Se ne sentirà parlare.

Finì così un'era, oramai mitizzata e ricordata da molti con nostalgia, dove Mina o Walter Chiari, Panelli e la Carrà apparivano come miti irraggiungibili e surreali, che nascevano e vivano dentro ad una scatola piena di canzoni e battute. Con il colore iniziò la ‘normalizzazione’ e fu così possibile vedere Goldrake volare nei suoi cieli per sfidare i ''mostri lanciati da Vega'', oppure notare il vestito delle annunciatrici della Rai, di Amanda Lear, di Loretta Goggi o l’indimenticata Stefania Rotolo. Oppure, durante il telegiornale, accorgersi che quello che scorreva su Via Fani, commentato da Paolo Frajese in presa diretta per il TG1, era veramente il sangue rosso scuro dei cinque agenti della scorta dell'onorevole Aldo Moro, uccisi dalle Brigate Rosse.

Il colore sancì la nascita della società moderna in un’Italia dove si sparava e si moriva. E proprio mentre la televisione mutava accadde parallelamente un fatto destinato a cambiare un anno e la storia politica della nazione.

UNO SPARO E POI IL CAOS - La mattina del 1° Febbraio 1977, alla facoltà di Lettere della Sapienza, si sta tenendo un’assemblea del Comitato di lotta contro la circolare Malfatti, emanata dal ministro nel dicembre ’76, che vieta agli studenti di fare più esami nella stessa materia smantellando di fatto la liberalizzazione dei piani di studio in vigore dal 1968. Durante lo svolgimento dell’assemblea, un gruppo di aderenti al FUAN, l’organizzazione studentesca del Msi, entra nella città universitaria. Nei tafferugli due studenti, Paolo Mangone e Guido Bellachioma, vengono colpiti da colpi d’arma da fuoco. Nel pomeriggio si scatenano nuovi scontri, poi viene indetta una mobilitazione antifascista per il giorno seguente.

La data segna ufficialmente la nascita del 'Movimento del ‘77', realtà studentesca, sociale e giovanile che cambiò definitivamente la visione della destra e della sinistra, anche in aperta critica ai partiti che la rappresentavano, dal Partito Comunista Italiano al Movimento Sociale Italiano. Fu un punto di non ritorno, di nuova comunicazione, di creatività, della emersione definitiva e visibile degli 'Indiani Metropolitani', di dibattiti, concepimento di strategie differenti, di attacchi al potere della Democrazia Cristiana e al compromesso storico, di sguardi sul futuro, di superamento delle logiche di divisione del mondo e, purtroppo, di ingresso nella clandestinità di centinaia di ragazzi in una stagione storica che mise l'Italia in un clima di angoscia e di terrore e mutò il sentire comune di un'intera nazione. Il 1977: l’anno della genesi di nuove forme di comunicazione diretta, di una creatività e di una cultura che si allargavano e cercavano nuovi linguaggi e forme di uscita (non è un caso che la prima Estate Romana voluta dal geniale Renato Nicolini sia nata in questo periodo), ma anche della cacciata di Lama dall’Università, della morte di Giorgiana Masi a Ponte Garibaldi, di Walter Rossi e Francesco Lorusso a Bologna, dell'agente Antonio Custrà. Duemila attentati politici, una trentina di gambizzati, una dozzina di morti, atti di terrorismo, rapine a banche e gioiellerie ogni giorno ad ogni ora. Un clima oggi difficile da spiegare a chi non c’era.

Altri anni, decisamente un'altra storia.