Natale, Festa della Luce: i riti pagani, la nascita di Gesù e il rinnovamento spirituale nel corso dei secoli

Pubblicato: Sabato, 24 Dicembre 2022 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Un periodo dell'anno straordinario da millenni

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C’erano un tempo i Saturnali, festività invernali dell'antica Roma così caotiche, grandiose e sfrenate che persino Seneca, scrivendo a Lucilio, se ne lamentò in qualche modo.

"Dicembre - scriveva -  è il mese in cui la cittadinanza suda di più. Ѐ accordata in forma ufficiale la facoltà di sregolatezza: tutte le cose riecheggiano per i sontuosi preparativi. Ai nostri tempi, in realtà, non c’è nessuna differenza, se guardi bene, tra i Saturnali e gli altri giorni: a tal punto tutti quanti sono perennemente caratterizzati da una sfrenata pazzia". Poi continuava: "L’animo forte otterrà la prova certa della propria fermezza se in mezzo alle lusinghe e ai godimenti non sarà allettato, ma neppure intimidito: se tu hai un animo saldo, resterai astemio e sobrio in mezzo al popolo ebbro che vomita, non ti escluderai da tutti, né ti assocerai a tutti; è possibile, infatti, trascorrere senza sregolatezza un giorno di festa".  Parole che sembrano scritte oggi, mentre impazza il traffico per lo shopping natalizio.

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Tradizionalmente i Saturnali avevano inizio con grandi banchetti e sacrifici. I partecipanti, non avulsi anche da contesti orgiastici, usavano scambiarsi gli auguri, accompagnati da piccoli doni simbolici. Durante questi festeggiamenti era usanza sovvertire l'ordine sociale: gli schiavi, ad esempio, potevano considerarsi degli uomini liberi e comportarsi di conseguenza. Veniva anche eletto, tramite estrazione a sorte, un ’princeps’ a cui veniva assegnato ogni potere. In realtà, la connotazione religiosa della festa prevaleva su quella sociale e gerarchica del periodo. Un sovvertimento che troviamo anche con la venuta di Cristo,  colui che cambia l’ordine delle cose e pone gli ultimi come scopo della suo predicare. Le regole precostituite che dunque si alterano. Punti in comune.

Sempre soffermandoci al mondo antico, sottolineiamo una curiosità simbolica: l’origine della parola ‘strenna’ si perde nella notte dei tempi ed è ispirata dal nome Dea italica Strenua o Strenia (forse sabina), adottata poi come divinità minore del panteon romano. A questa divinità avevano eretto un tempio sulla via sacra, circondato da un piccolo bosco ricco di ulivi e di alloro. Era usanza, proprio in questo periodo dell’anno, cogliere ramoscelli d'alloro, detti strēnae. I ramoscelli venivano poi inviati come dono augurale all’imperatore e alle famiglie di alto rango, un gesto che aveva il significato di ‘regalo del buon augurio’ per auspicare fortuna e felicità. Col tempo le strenne si sono, per così dire, evolute: dai ramoscelli sacri si è passati ai frutti e prodotti della terra poi sostituiti da monete o altri oggetti, fino ad arrivare alla modernità e ai cesti natalizi. Passano i secoli, quindi, ma le strenne hanno conservato il loro significato intrinseco.

LA NATIVITA’ - La Natività è un mito delle civiltà mediterranee da sempre. E’ presente nella Bibbia e nel Corano, ove Maria assume il nome di Maryam e Gesù è Isa.

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Paganesimo e cristianesimo sono mondi lontani, eppure così vicini. Lo splendore del giorno, della luce che riprende le sue ore, il senso del sacro che accompagna la nascita divina e il lento ritorno alla vita, sono valori che accomunano le due ‘scuole’. Non è un caso che le radici del Natale vengano collocate nella festa dedicata al Sol invictus, l'astro che sconfiggerà ogni volta la tenebra, così come Gesù giunge nella sua grotta come occasione di riscatto e viene annunciato da uno squarcio luminoso che varca e taglia il buio del deserto. Ma attenzione: definire il Natale cristiano come una sovrapposizione di culti di natura politica con degli intenti di prevaricazione è un esercizio azzardato.

Il culto della rinascita aveva già affascinato gli egizi. Un pensiero atavico, che ricorda la festa celtica di Yule, la notte in cui la dea della fertilità partorisce nel ventre colui che, nel corso dell’anno, diventa il dio della luce e il suo compagno, in una rigenerazione continua. E anche Roma, poi, non fu da meno. Basti ricordare il Sol Indiges ai tempi della fondazione, quindi la denominazione ‘Invictus’, passando poi per Mitra, divinità di origine persiana.

Le similitudini tra Mitra e la figura di Gesù sono state sempre oggetto di studi. Anche Mitra, secondo interpretazioni molto contestate da altre analisi storiche, si dice fosse attorniato da dodici seguaci e celebrò con loro l’ultima cena prima di morire e resuscitare. Un Dio guerriero, Mitra, comunque profondamente diverso dalla figura di Gesù, dispensatore di pace e amore.

L’importanza del 'mitraismo' nel mondo romano fu talmente grande che esiste da sempre un grande dibattito nel considerarlo concorrente o precursore del cristianesimo. Nella letteratura di questa divinità, afferma chi ha approfondito la questione senza soffermarsi alla narrazione, in realtà Mitra nacque invece da una roccia già ragazzo e non esistono riferimenti certi secondo i quali avesse 12 discepoli. La divinità di origine iraniana infatti aveva un solo compagno, mentre in quello romano aveva due aiutanti. Infine non si fa alcun riferimento alla morte e né alla resurrezione del dio.

Quando giunse l’era di Costantino, convertito al cristianesimo, garante della libertà di religione in tutto l’impero con l’Editto di Milano, il mondo occidentale iniziò comunque a cambiare rotta.

Con l’organizzazione della Chiesa Cattolica, già alla fine del I secolo d. C., la missione di apostolato trovò terreno fertile. Quando l’imperatore Teodosio elevò il cristianesimo a religione di Stato fu sancito, di fatto, un primato. La Chiesa, per celebrarne la nascita, attraverso il figlio di Dio, dovette così trovare un riferimento simbolico e pregno di significato. Nei primi due secoli, quando il culto non era ancora possibile liberamente, le manifestazioni religiose avevano diversa origine. L’arrivo di Gesù veniva festeggiato, da oriente ad occidente, ora maggio, ora ad aprile, quando a novembre, oppure a marzo. Fu solo nel IV secolo che si pervenne ad una comunanza sulla data, il 25 dicembre, scelta forse sulla base dell’antico rispetto del solstizio e cogliere il significato spirituale di prima genia. 

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Tanti secoli sono passati, tuttavia questo periodo dell’anno ha avuto sempre il medesimo significato. Nel buio dell’inverno, l’uomo cerca qualcosa che ravvivi la sua condizione terrena. Soprattutto dentro se stesso e in quel divino che ci circonda, lo stesso che respiriamo nella bellezza, nella natura, nell’altro uomo a noi amico che ci avvicina al senso delle cose.

L'entità superiore e divina che si fa uomo attraverso una giovane ragazza è una vicenda straordinaria e affascinante che ha cambiato l'umanità. E' il racconto di una famiglia speciale che si trasforma metaforicamente nella rivincita di chi è fuori della storia, di chi trova, nella rivelazione di un bambino che è simbolicamente figlio del mondo, il seme di una speranza da piantare sul terreno incolto dell'avvenire. Come il Sole che rinasce, come la Luce che torna ad arricchire le nostre ore.

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