Cesare Terranova, la forza morale della lotta contro la criminalità organizzata

Pubblicato: Domenica, 25 Settembre 2022 - Fabrizio Giusti

 

ACCADDE OGGI – Il 25 settembre 1979 Cosa Nostra uccide il giudice assieme all’agente Lenin Mancuso

ilmamilio.it

Accadde dopo che il giornalista Mario Francese, il segretario provinciale della Dc Michele Reina e il Capo della Squadra Mobile Boris Giuliano erano già stati assassinati dalla furia sanguinaria della criminalità organizzata.

Accadde nello stesso anno, quel 1979 in cui la mafia dei corleonesi stava avanzando con le sue fauci enormi su Palermo.

Cesare Terranova era un uomo di cultura, campione di legalità, combatteva il potere mafioso con coraggio, speranza. Una vita di passione per le sue idee. Magistrato italiano, fu a capo dell'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. Fu anche Procuratore d'accusa al processo contro la cosca di Corleone nel 1969 a Bari, dove quasi tutti gli imputati furono assolti. L’ascesa del gruppo diventò da quel momento inarrestabile. Procuratore della Repubblica a Marsala, si distinse per aver processato e condannato all'ergastolo, nel 1974, la "Primula rossa" di Corleone: Luciano Liggio

Terranova fu deputato alla Camera, nella lista del PCI, come indipendente di sinistra, e fu membro della Commissione parlamentare Antimafia nella VI Legislatura, durante la quale contribuì, insieme ad altri deputati, ad elaborare una relazione in cui si criticò aspramente chi aveva sottovalutato i collegamenti fra mafia e politica, e in particolar modo il coinvolgimento della Democrazia Cristiana in numerose vicende di malaffare. Nella relazione redatta da Terranova furono accusati Vito Ciancimino, Salvo Lima e altri uomini politici. 

Il 25 settembre 1979, alle le 8,30 del mattino, a bordo della sua macchina insieme all’agente di scorta, Lenin Mancuso, fu vittima di un agguato feroce. Il magistrato ingranò la retromarcia nel tentativo di sottrarsi ai proiettili, mentre il maresciallo Mancuso impugnò la sua Beretta. Il giudice morì sul colpo, il suo agente poche ore dopo in ospedale.

Terranova venne ucciso quando Palermo e la Sicilia erano diventate i centri principali dello spaccio internazionale di droga, il cuore della seconda guerra di Mafia, quella che vedrà vittoriosi i corleonesi. Un’epoca difficile e complessa, in cui l’associazione per delinquere di stampo mafioso non esisteva ancora e i giudici potevano ingaggiare la loro lotta con strumenti insufficienti.

Leonardo Sciascia scrisse che Terranova era stato ucciso perché “stava occupandosi di qualcosa per cui qualcuno ha sentito incombente o immediato il pericolo”. E aggiunse: "E credo gli venisse, tanta acutezza e tenacia e sicurezza, appunto dal candore: dal mettersi di fronte a un caso candidamente, senza prevenzioni, senza riserve. Aveva gli occhi e lo sguardo di un bambino. E avrà senz'altro avuto i suoi momenti duri, implacabili; quei momenti che gli valsero la condanna a morte: ma saranno stati a misura, appunto, del suo stupore di fronte al delitto, di fronte al male, anche se quotidianamente vi si trovava di fronte".

Sandro Pertini commentò la figura di Cesare Terranova con queste parole: "Fu uomo di alto sentire e di grande cultura: amava profondamente la sua Sicilia e viveva con angoscia la fase di trapasso che l'isola attraversava, dall'economia del feudo e rurale all'economia industriale e collegata con le grandi correnti di traffico europeo e mediterraneo. Ma egli era anche animato, oltre che da un virile coraggio, da infinita speranza, che scaturiva dalla sua profonda bontà d'animo: speranza nel futuro dell'Italia e della Sicilia migliori, per le quali il sacrificio della sua vita, fervida, integra ed operosa non è stato vano. Ancora una volta così la violenza omicida della delinquenza organizzata ha colpito uno degli uomini migliori, uno dei figli più degni della terra di Sicilia".

Una testimonianza che rende l'idea del valore dell'uomo, del magistrato e del politico.