Io sono Antonietta. 67 anni dopo, un libro ripercorre la storia della "decapitata del lago di Castel Gandolfo"

Pubblicato: Martedì, 16 Agosto 2022 - Marco Caroni

castelgandolfo lago1 antoniettaLongo ilmamilioCASTEL GANDOLFO (attualità) - Autore è il pronipote Giuseppe Reina. "Ho voluto mettere ordine ad una vicenda sulla quale nessuno aveva ancora mai scritto. Mi piacerebbe presentare il libro su Antonietta Longo a Castel Gandolfo"

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E' una storia che dorme sotto la coperta del mistero da 67 anni e che nessuno ha mai chiuso. Un dilemma, con troppi pochi elementi certi per poter essere risolto. Uno dei gialli irrisolti del dopoguerra che torna prepotentemente alla ribalta.

Quando il 10 luglio del 1955 due uomini trovarono casualmente il cadavere senza testa di una donna, mutilato, sfregiato, in avanzato stato di decomposizione e coperto appena da 2 fogli del "Messaggero", si apriva uno di quei gialli tutti italiani che avrebbero appassionato per anni e sino ai giorni nostri.

Il cadavere, riconosciuto nei giorni successivi grazie a piccoli particolari, era quello di Antonietta Longo, originaria di Mascalucia nel catanese e che avrebbe compiuto 30 anni da lì a pochi giorni. Il suo nome sarebbe passato alla storia come quello della "decapitata del lago di Caste Gandolfo" e la sua testa non sarebbe mai stata mai trovata.

A ridonare alla celeberrima macabra vicenda - come detto irrisolta e senza l'ombra di un responsabile - la vetrina mediatica è il libro "Io sono Antonietta - cronaca di un delitto" che il pronipote Giuseppe Reina, oggi 61enne, ha scritto e pubblicato da pochissime settimane al termine di due anni di lavoro, di ricerche e ricostruzioni.

"Per la verità - dice proprio l'autore, impiegato in un'azienda di Catania - il libro si proponeva come primo proposito quello di fare ordine in una vicenda della quale hanno scritto in molti, soprattutto giornalisti, ma sulla quale non è mai stato pubblicato alcun saggio strutturato. Penso di essere riuscito nel mio intento e credo che le conclusioni che traggo, tracciando ipotesi, possano avere un alto livello di verosimiglianza". Edito dal siciliano Algra editore, composto in 268 pagine e già con ottimi dati di vendite, il testo propone anche molti inediti e nuovi spunti di riflessione.

Un'esistenza, quella di Antonietta Longo, breve e sfortunata. Costretta al collegio a 4 anni dopo la matura morte del padre, a 21 si trova costretta a scegliere tra la vita da religiosa o un'esistenza tutta da costruire. Sceglie di partire, raggiunge la sorella Grazia a Camerino (lì al seguito del marito guardia carceraria) e dopo 4 anni, a 25 anni, ha l'occasione di trasferirsi a Roma, domestica nella casa di Cesare Gasparri, funzionario al ministero dell'Agricoltura, residente nel quartiere africano.

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Antonietta è una donna semplice che sogna l'amore ed una famiglia: come raccontano (anche con eccessiva fantasia e spesso crudeltà) le cronache dell'epoca vive la vita delle sue coetanee, con qualche storia sbagliata ma viene descritta come una donna di sani principi, seria ed affidabile. Nei giorni precedenti alla sua scomparsa, ritira i soldi dalla banca (una somma non trascurabile per l'epoca) ed in una lettera avvisa i familiari di Mascalucia che ha trovato l'amore e che presto si sposerà. Annuncia anche l'arrivo di un figlio.

E proprio qui sembra annidarsi il motivo della sua morte. "Potrebbe essersi trattato - dice Giuseppe Reina - di una messinscena, insomma, potrebbe non essere stato un delitto propriamente detto". L'ipotesi, già circolata all'epoca, è che ad uccidere Antonietta sia stato un aborto finito male. Da qui la necessità, da parte degli occultatori del cadavere, di asportare non solo la testa ma anche le ovaie dal corpo.

 

Il cadavere di Antonietta viene riconosciuto da un orologino, marca Zeus, che porta al polso: un orologio che era stato il nipote Orazio Reina (papà di Giuseppe, oggi 93enne) a regalarle e che è proprio Orazio che nel 1955 riconosce prima di doversi recare a Roma per incontrare gli inquirenti e procedere anche al riconoscimento della salma reso possibile anche da una cicatrice su un dito, risalente all'infanzia della donna.

"Ho scoperto della storia della mia prozia casualmente, ormai diversi anni fa: da quel momento ho pensato che mi sarebbe piaciuto raccontare questa storia. Il contributo di mio padre, ancora lucidissimo, è stato importante e mi ha permesso di collegare fatti e vicende come altrimenti non sarebbe stato possibile".

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Ormai 67 anni dopo quei tragici fatti appare impossibile stabilire la verità. "Il mio libro - conclude Reina - non ha la pretesa di sparare sentenze ed inviduare responsabilità: ma ho creduto fosse necessario fare ordine in una storia della quale si è scritto molto e a volte senza conoscere il reale stato delle cose".

A corredo del suo libro, l'autore ha anche composto una ballata, qui sopra magistralmente interpretata da Elisabetta Tulli.

Giuseppe ha un sogno. "Mi piacerebbe poter presentare il libro a Castel Gandolfo - dice -. Credo che quella città sia la location ideale dove tornare a parlare di questa storiaccia e mi auguro che sia possibile". La vicenda di Antonietta Longo per anni ha riempito le pagine della cronaca nera ed oggi si presenta sotto una luce rinnovata.

Chi o cosa abbia prematuramente spento i sogni di Antonietta non sarà probabilmente mai possibile saperlo, ma l'opera di Giuseppe Reina dona alla memoria della sfortunata 30enne di Mascalucia il ricordo e l'analisi che certamente merita.

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