Raccogliere senso e dolcezza: Rainer Maria Rilke e la poesia dello spirito moderno

Pubblicato: Lunedì, 04 Dicembre 2017 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Nasce il 4 Dicembre 1875 uno dei poeti più amati in Europa

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Boemo, ma solo di nascita. Una vita in fondo breve, a causa della leucemia, nell‘Europa distrutta, rigenerata e ripensata dalle battaglie della prima guerra mondiale.

Fu cosmopolita, nomade: Italia, Olanda, Spagna, Sudafrica, Scandinavia, Russia. I suoi interessi vagarono ovunque. Conobbe Tolstoj, Cezanne, si spinse fino a Venezia, la Parigi di Rodin ispiratrice del “Malte”, Vienna e Freud, Firenze, Roma.

Incontrò Lou Andeas Salomè, scrittrice, più vecchia di lui di quindici anni, amata da Nice. Nella Russia che ‘confina con Dio’, maturò invece nuove convinzioni.

Rainer Maria Rilke è per molti il 'poeta della solitudine', ma fu anche un uomo di grande comunicazione privata. La fine dell’impero asburgico, la caducità, la fine del tempo, la conclusione del piccolo e del grande influenzarono le sue opere. Eppoi le donne. Rilke, sposo della scultrice Clara Westhoff, nel corso della sua vita entrò in rapporto con un numero considerevole di amanti ed amiche, sostenitrici, sotto la cui ala protettrice maturò la sua arte e fece crescere la sua fama. Seduttore, schivo, colmo di parole e fuggevole. Rilke era sofferente, insoddisfatto, alla costante ricerca della perfezione.

Nato a Praga, il 4 dicembre 1875 e morto a Montreux, il 29 dicembre 1926, può essere ricordato per la sua opera che l’ha reso un grande pensatore europeo e un poeta introspettivo e sensibile, capace di far di tutti gli uomini delle lucciole che vivono nelle tenebre, attraverso parole nate per far brillare in ogni persona la luce della propria originalità, cogliendo la bellezza che si anima intorno a noi. Riuscì a dare senso e ciò che si ritiene insignificante, come tutte le cose che grazie alla creatività diventano altro.

E‘ l‘uomo della dolcezza che dà il senso, ma anche della durezza di un'esistenza che non sa sciogliere il vuoto, ove le mancanze non trovano spiegazione. E' il poeta che conosce il porto dove possono finire le parole dopo un lungo viaggio. “Bisognerebbe aspettare e raccogliere senso e dolcezza per tutta una vita - scrive nei Quaderni di Malte Laurids Brigge, opera che apre alla modernità dello stile-  e meglio una lunga vita, e poi, proprio alla fine, forse si riuscirebbe poi a scrivere dieci righe che fossero buone. Poiché i versi non sono, come crede la gente, sentimenti (che si hanno già presto), sono esperienze. Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere animali, si deve sentire come gli uccelli volano, e sapere i gesti con cui i fiori si schiudono al mattino. E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare, quando sono molti, e si deve avere la grande pazienza di aspettare che ritornino. Poiché i ricordi, di per sé stessi, ancora non sono. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, senza nome e non più scindibili da noi, allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso.”.

Un autore che viene oggi riconosciuto giustamente come il maggior poeta della spiritualità moderna, anche se la sua opera si ricollega al secolo precedente. Ai simbolisti francesi (che tradusse) e all'atmosfera decadente della fine dell'Ottocento e inizio Novecento, lì dove l'uomo si illuse di progredire mentre tutto attorno si stava scatenando un ciclone che fingeva di non vedere.

La religiosità che si modifica con i viaggi, Dio, la privazione delle certezze che compromettono, a loro volta, il percorso esistenziale: in Rilke si ritrovano questi elementi ed altri, nella sua opera che mette insieme prosa, teatro, lettere, poesia. 

Ma forse, alla fine di tutto, è meglio leggerlo più che interpretarlo, prendendo quello che viene di buono. Perché è proprio in ciò che arriva di buono, in Rilke, ad essere sempre affascinante, sangue vivo che scorre. Mentre il tempo passa e consuma.

"Chi crea deve essere un mondo per sè - scrisse nelle sua lettera a un giovane poeta Kappus e in sè trovare tutto, e nella natura sua compagna".