Il poeta di Marino Marco Onofrio spiega la sua ultima opera “Azzurro esiguo”

Pubblicato: Domenica, 21 Marzo 2021 - D.C.

MARINO (attualità) - Marco Onofrio giunge alla sua quattordicesima opera in versi e al trentaseiesimo libro complessivo, una produzione letteraria vastissima 

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Con il suo nuovo libro di poesie, “Azzurro esiguo”, Marco Onofrio giunge alla sua quattordicesima opera in versi e al trentaseiesimo libro complessivo: una produzione ormai vastissima per il neo-cinquantenne autore romano naturalizzato marinese (oltre 6000 pagine pubblicate grazie a cui, in quasi trent’anni di carriera letteraria, egli ha ottenuto numerosi e prestigiosi riconoscimenti, in Italia e all’estero). “Azzurro esiguo” esce con un editore tra i più importanti per la poesia, Passigli di Firenze.

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Il volume, di 112 pagine, racchiude 59 composizioni ed è stato avallato e prefato da Dante Maffìa, che lo definisce “libro d’amore dove contano i privilegi delle conquiste interiori”. Abbiamo raggiunto telefonicamente Onofrio a Marino per rivolgergli alcune domande.

Marco Onofrio, la pandemia non sta affatto rallentando il ritmo delle tue pubblicazioni…

In realtà ho qualche remora, perché questi nuovi libri sono destinati a patire delle mancate presentazioni e non tutto si potrà recuperare a fine pandemia, speriamo presto. Molti mi chiedono di presentarli sulle piattaforme on line, in videoconferenza, ma a me non convincono, la linea è spesso disturbata, le voci metalliche, è un continuo rincorrersi di “mi sentite?” e “non si sente bene”, e insomma la vera presentazione di un libro è, da sempre e per sempre, un evento che vive con la presenza fisica degli interlocutori: preferisco aspettare tempi migliori. D’altra parte la cultura non può e non deve fermarsi, dunque è indispensabile non farsi condizionare più di tanto dal doloroso incubo che stiamo vivendo, e anzi usare i libri come scialuppe di salvataggio cui affidarsi, ora più che mai, per resistere e sperare.

Come nasce “Azzurro esiguo”?

Il libro raccoglie materiali eterogenei, molte poesie scritte negli ultimi anni e altre recuperate da quaderni “antichi” di appunti, risalenti addirittura alla mia adolescenza. Spesso le cose dormono al buio per decenni e poi d’improvviso reclamano spazio poiché il tempo è finalmente maturo: è uno dei misteri della scrittura, così come della vita. Questo mix di “ere geologiche” stratificate contribuisce forse all’equilibrio di toni che “Azzurro esiguo”, più delle opere in versi precedenti, sembra riuscire a realizzare.   

In che senso “equilibrio di toni”?

Il poeta è un equilibrista sospeso su un filo sottile tra “vita” e “cultura”: se si abbandona completamente alla vita, la poesia è ingenua e inefficace; se dà troppa udienza alla cultura, la poesia si spegne nell’intelletto e scade in “letteratura”. In entrambi i casi il poeta cade e fallisce il proprio obiettivo, che è appunto questo equilibrio difficilissimo da raggiungere.

Perché il titolo “Azzurro esiguo”?

È il titolo della poesia che conclude il libro. Dice fra l’altro: «Come riuscire a dire l’azzurro esiguo / dentro l’universo tutto nero? // Siamo lampi che aprono il mondo / tra due abissi di tenebra infinita. // La nostra casa è lo sguardo / il canto, l’amore, il senso / la disperata, ultima parola». L’azzurro è “esiguo” perché infinitesima ma infinitamente significativa è la goccia della vita su scala cosmica, cioè il prodigio di questo pianeta rispetto al buio e gelido orrore del vuoto senza fine in cui rotoliamo, e l’apertura brevissima della nostra esperienza tra gli abissi del “prima” e del “dopo”. L’azzurro è “esiguo” anche perché nell’esistenza di ognuno i dolori sono in genere più numerosi e frequenti delle gioie, e per ogni fuggevole gioia c’è da pagare un prezzo salatissimo. Come l’estate: 9 mesi per prepararla, poi finalmente arriva e… dura un soffio.     

Quali sono i temi principali del libro?

C’è un macro-tema di fondo, ed è quello tipico di ogni mia scrittura letteraria: l’interrogazione continua, insistita e direi anche cocciuta sul mistero e il senso dell’essere, l’incredibile meccanismo di cui facciamo parte. Entro questa cornice di conoscenza (im)possibile vanno poi a collocarsi temi universali come il vuoto, il tempo, la morte, la vita, il dolore, l’amore, la paternità, la speranza, la nostalgia, il ricordo, ecc. E poi, naturalmente, motivi “classici” della mia poesia come il cielo, la forma delle nuvole, il mare, il silenzio, la luce, l’ombra, l’ascolto delle stagioni… Cose di sempre (da cui il valore di “summa” che l’opera assume rispetto alle precedenti), ma che qui brillano di un nuovo riflesso grazie appunto all’equilibrio di cui parlavo, tra la leggerezza dell’istinto e il peso del bagaglio acquisito nelle esperienze e negli studi quotidiani, probabilmente favorito dalla prima maturità dei 50 anni da me appena compiuti.       

Quanto c’è di personale?

Tutto, se si considera che ogni poesia di qualsiasi autore nasce da uno sguardo e che ogni sguardo – sia come “modo” di guardare alle cose, sia come “momento” diverso di questo guardare – è per definizione unico e inimitabile. L’importante è che le “impronte digitali” personalissime siano condivisibili, permettendo un riconoscimento universale di quanto visto e percepito. Tra le poesie di “Azzurro esiguo” mi piace ricordare quella scritta in morte di mio padre Aurelio, mancato lo scorso 4 giugno, che sta commuovendo profondamente tutti i lettori per l’intensità emotiva e, appunto, l’universalità delle corde sfiorate. È stato il mio modo di salutarlo e ringraziarlo per l’amore di una vita. Alla sua memoria è dedicato il libro.