Grottaferrata e la Carta Archeologica, evidenze sparse: Il Fico, Castel de Paolis, Quattrucci, Casalaccio, S. Antonio. La tomba di Boschetto
Pubblicato: Domenica, 16 Febbraio 2020 - Fabrizio Giusti
GROTTAFERRATA (attualità) – Per la 27a puntata giro in città, fino alla scoperta di un importante tomba agli inizi del ‘900
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In questa 27a puntata all’interno della Carta Archeologica perlustreremo in qua e là alcuni siti all’interno del territorio criptense senza seguire un percorso preciso. Una serie di evidenze, quasi completamente sconosciute ai più, fino ad arrivare ad un ritrovamento di grande importanza all’interno di un’area ormai completamente urbanizzata ed ‘insospettabile’: il Boschetto.
Per cominciare andiamo all’interno dell’antica Osteria del Fico, ora adibita a ristorante, ove si conserva un breve tratto di canalizzazione realizzata in opera cementizia, orientata est-ovest. Potrebbe trattarsi di una diramazione dell’acquedotto dell’Algidosia, dal momento che la quota altimetrica di quest’ultimo si aggira intorno a m. 378/9 slm, molto prossima a quella registrata all’imbocco dell’acquedotto in esame.
Un’altra curiosità è su Castel de' Paolis, ove la presenza di una tomba dell'età del ferro, consistente in un “dolio coperto da una lastra di tufo contenente cinque vasi più piccoli”, venne segnalata agli inizi del ‘900 ma le indicazioni non consentirono successivamente di ubicarla con certezza, dal momento che il rinvenimento venne posizionato in modo assai vago (“a venti metri dal muro di confine con Vigna Trinca”). Per queste ragioni gli studiosi che tentarono di localizzare il sito con esattezza si trovarono in difficoltà. Il Gierow, che per ultimo analizzò questi dati, concluse indicando con una certa approssimazione il sito nella sua carta, confidando sulla dichiarazione del Rocchi che posizionava la tomba sulle pendici occidentali del Colle Cimino.
Cambiando zona, a nord est del ponte degli Squarciarelli, al termine di una breve strada in salita che si dirama da via Quattrucci presso l’edificio scolastico e che porta in direzione del Fosso dei Ladroni, si possono vedere, inglobati in un antico casale posto sulla sommità del colle, i resti probabilmente da riferire ad un mausoleo di epoca romana, forse in origine eretto in prossimità dell’incrocio di alcune antiche strade, in particolare al margine di una delle due. Il nucleo cementizio, informe e privo di rivestimento, appare per pochi metri alla base del fabbricato che lo ha inglobato. Il mausoleo viene sempre menzionato dagli studiosi a partire dalla fine del secolo scorso, ma di esso non si ha alcuna descrizione particolareggiata, segno evidente che la sistemazione attuale era più o meno la medesima riscontrata tra la fine del secolo scorso e gli inizi del ‘900.
Arriviamo poi a Casalaccio. Una villa segnalata da vari studiosi è stata qui completamente inghiottita dalle moderne costruzioni (come purtroppo è accaduto troppo spesso a Grottaferrata...) e di essa non rimane alcuna traccia. Rimangono solo due schizzi planimetrici, peraltro piuttosto generici, di Pietro Rosa, rispettivamente uno studio preliminare e la versione definitiva riportata sulla sua Carta del Lazio in base ai quali si può posizionare la villa a meridione di via del Casalaccio nel punto in cui incontra via dei Casali. Secondo quanto riferisce T. Ashby, della villa in questione emergevano ancora agli inizi del ‘900 un muro in opera reticolata piuttosto fatiscente con aperture pertinenti ad alcune canalizzazioni ed una conserva d’acqua.
Infine arriviamo all’area di Via del Boschetto. Una importante tomba, nota come “tomba di Boschetto” nella letteratura archeologica, venne alla luce casualmente nel 1900, in seguito a dei lavori in una cava di basalto. Nelle descrizioni viene menzionato un affioramento di basalto, posto presso l’alveo del Fosso dell’acqua Mariana, nei pressi della fonte degli Squarciarelli. Dal momento che non vennero rinvenuti altri sepolcri nelle vicinanze, si tende a considerarlo un rinvenimento isolato, ma è evidente che, in assenza di indagini archeologiche specifiche nell’area, tale supposizione rimane ipotetica e comunque estranea alla consuetudine rilevata in molti abitati del Lazio antico, dove nuclei di sepolture, anche se piccoli, si addensano nei pressi dei rispettivi abitati, quasi certamente in corrispondenza di tracciati stradali.
La struttura della tomba, a incinerazione, consisteva in un pozzetto profondo. Sul fondo si rinvenne uno strato di carboni, il resto del rogo, sul quale giacevano l’urna cineraria ed i vasi del corredo (nella figura in alto). La chiusura del pozzetto era assicurata in alto da una lastra di basalto. Vi si rinvennero l’urna e altri sei vasi miniaturistici: tre ollette, una tazza carenata e due scodelle troncoconiche, ora conservate al Museo Preistorico Etnografico L. Pigorini.
Le modalità del rinvenimento, il precario stato di conservazione (ad esempio dell’ossuario) e l’assenza di altri elementi pertinenti al corredo personale, quali ad esempio le fibule ecc., che comunemente appaiono in contesti di questo periodo, unitamente alle poche notizie intorno al luogo preciso del rinvenimento, non consentono di comprendere appieno il significato di questa importante presenza archeologica, apparentemente isolata dal contesto abitativo principale. La tomba, del tipo a incinerazione, si ascrive cronologicamente al periodo più antico della cultura laziale ( fine del X secolo a.C.).
Nel corso dei lavori per la posa in opera della base di un traliccio di un elettrodotto, avvenuti negli anni ’70 a non molta distanza da Colle Sant’Antonio, vennero alla luce alcuni frammenti fittili ad impasto, alcuni dei quali recavano una decorazione, probabilmente da ricondurre al medesimo orizzonte cronologico della vicina tomba di Boschetto. E’ difficile stabilire se queste siano pertinenti ad abitato oppure a sepolture. Il materiale raccolto, poi conservato nella sede comunale del G.A.L. presso la vecchia biblioteca, era comunque frammisto a materiale di età romana, per cui è pensabile che l’area sia stata rimaneggiata in questo periodo (come del resto testimonia la presenza a monte della villa romana).
(Immagine tratta da: "Il Latium Vetus nell'età del bronzo e nella prima età del ferro", di Luca Alessandri)
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Info:
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