Grottaferrata e la Carta Archeologica: la Villa di Rufino Vinicio Opimiano
Pubblicato: Domenica, 24 Novembre 2019 - Fabrizio Giusti
GROTTAFERRATA (attualità) – La nona puntata nell’affascinante viaggio dentro il documento redatto dall’archeologo Franco Arietti tra il 1999 e il 2007
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Nei pressi delle catacombe Ad Decimum è presente una villa, attribuita a Rufino Vinicio Opimiano, console suffeto nel 155 d.C. e proconsole d'Asia. L'indicazione è stata possibile grazie al rinvenimento di un'iscrizione nell’area circostante e riconosciuta come tale dagli archeologi Lanciani e Grossi Gondi. Sull’iscrizione, rinvenuta nella vicina vigna Gentilini, è probabilmente relativa ad una lapide pertinente ad uno dei mausolei che affiancavano la Via Latina presso le catacombe stesse. Il collegamento inequivocabile di un personaggio quale Rufino Vinicio Opimiano, legato alla tribù Papiria, e quindi di origini tuscolane con la presenza di un Fundus Oppiniani, viene evidenziato da Grossi Gondi sulla base di documenti d’archivio relativi al IX (o forse del XII) secolo, ma con precedenti indizi riscontrati in documenti del VI e VII secolo dal monastero di S. Erasmo al Colle.
Nel 1972, una profonda incisione della linea del tram venne ampliata per costruire la moderna via Anagnina discendente, arrecò alcuni danni alle strutture antiche. L'archeologo Franco Arietti, nella relazione della Carta Archeologica, si ricorda testimone di questo fatto. Intervenne direttamente in vari momenti, consentendo tra l’altro il fermo dei lavori da parte della Soprintendenza in occasione di una trincea alternativa alla strada in costruzione, scavata dai padroni di Villa Senni, i quali – ricorda - non desideravano il passaggio della via Anagnina dinanzi alla loro dimora.
Un meccanico distrusse numerose strutture, alcune delle quali si mostravano perfettamente conservate. In particolare Arietti menziona di aver diffidato l’operatore alla guida del mezzo meccanico dal proseguire, cosa che puntualmente avvenne, poiché anch’egli dovette ammettere che sarebbe stato un crimine distruggere quanto era venuto alla luce. Arietti pulì l’angolo di un ambiente, con le pareti dipinte di rosso che si elevavano dal piano portato nel corso degli sbancamenti (muri che scendevano ancora in profondità). Il palista, ricorda Arietti, proseguì in seguito la sua opera. Successivamente al fermo dei lavori, vennero trasportati dal GAL alle vicine catacombe sia la soglia che alcuni blocchi squadrati di peperino e sei rocchi di colonne lisce di peperino, tutti rinvenuti tra i detriti della discarica.
La documentazione di queste ultime distruzioni, avvenute nel tratto tra la catacomba fino ad oltre la villa detta di Opimiano, è dettagliata, sia a livello fotografico (la documentazione relativa viene conservata presso gli archivi della Soprintendenza Archeologica per il Lazio) che scientifico, come attesta una relazione di G.M. De Rossi, L. Quilici e S. Quilici Gigli apparsa nel 1973 su Notizie Scavi.
La villa è orientata si sviluppa prevalentemente su due ampi terrazzamenti artificiali mediante un apparato sostruttivo articolato. Il lato maggiore costeggia la Via Latina, mentre a settentrione si affaccia all’ampia valle solcata dall’antica via di S. Andrea. Sulla Carta topografica del Lazio redatta da P. Rosa tra il 1850 e il 1870 tutte le strutture della villa vengono riportate nel loro insieme. Successivamente, in seguito alla costruzione della linea tranviaria, la villa venne smembrata e sostanzialmente divisa in due parti. Gli studiosi dell’epoca condannarono tale scempio, in particolare il Lanciani nel 1905 lamentò che in un’area ricchissima di testimonianze archeologiche come quella del 'Ciampino' ciò avvenisse senza controllo. Anche se non è mai stata oggetto di scavi sistematici, è una delle rare ville romane del territorio comunale interessata da studi sula sua planimetria.
Un altro muro, tagliato dalla linea tranviaria, venne visto da Ashby e da De Rossi – Quilici – Quilici Gigli. Nei pressi Ashby notò la presenza di sepolture, notizia confermata indirettamente nel 1972 dal rinvenimento nei pressi di una doppia inumazione entro sarcofago marmoreo, effettuata dal Gruppo Archeologico Latino. Altre tombe furono segnalate dal Lanciani, ma più a monte, alle spalle del secondo terrazzamento.
Ashby, nelle sue carte, ruota leggermente il complesso in modo che esso viene a contatto con la Latina solo in prossimità dell’angolo occidentale. Menziona poi alcuni rinvenimenti effettuati nell’area del secondo terrazzamento. In particolare accenna una pavimentazione in opera spicata inglobata in una casa colonica all’epoca fatiscente, poi reperti in giacitura secondaria, due capitelli corinzi, alcuni embrici fittili decorati con protomi di leone.
Nel corso dei lavori per l’allargamento della sede stradale vennero alla luce numerosi reperti. Essi provenivano da una discarica antica, posta al livello superiore dell’edificio e apparvero costituiti da ceramica da cucina di età giulio-claudia. Poche e contrastanti notizie si hanno invece sulla fattura delle sostruzioni del settore nord est del complesso, che si affacciano alla valle solcata dalla via di S. Andrea.
Nei pressi del complesso furono individuate anche un gruppo di tombe, per lo più alla cappuccina, distrutte o parzialmente sconvolte nel corso dei lavori di ristrutturazione del fondo stradale, documentate da Arietti per conto del GAL. Le sepolture si trovavano all’esterno del perimetro della villa. Si segnalò anche un tratto lastricato, forse una strada che, affiancata nel tratto iniziale da un sepolcreto, si dipartiva dagli ultimi edifici posti all’estremità orientale del complesso, mettendolo in comunicazione con la contigua villa.
Un patrimonio di sicura importanza, purtroppo in parte compromesso dalla mano dell’uomo sopratutto nel corso dello scorso secolo.
Le altre puntate:
7 -Grottaferrata e la Carta Archeologica: l’antichissima via Cavona (Via Valeria)
Info:
Grottaferrata, quando si fa finta che la Carta Archeologica non esista...