Il ritorno a Castel Gandolfo di Lorenzo Botti e la sua Kim dopo gli interventi al Ponte Morandi

Pubblicato: Venerdì, 31 Agosto 2018 - Marzia Mancini

botti lorenzo1CASTEL GANDOLFO (attualità) - Il vigile del fuoco del gruppo speciale USAR racconta la sua esperienza a Genova. "Salvare vite umane è una esperienza straordinaria"

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Lorenzo Botti, nato e cresciuto a Castel Gandolfo, fa parte del nucleo cinofili del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e dell’USAR (Urban Search And Rescue), una squadra speciale di vigili del fuoco altamente qualificata, accreditata presso l’ONU che interviene a livello internazionale. La sua esperienza quasi trentennale lo ha reso protagonista nelle catastrofi più tristemente note come il terremoto dell’Aquila, quello di Amatrice, la tragedia di Rigopiano, dove ha estratto e salvato dalle macerie innevate tre bambini ancora in vita e per ultima, il crollo del ponte Morandi a Genova lo scorso 14 agosto in cui sono decedute 43 persone. E’ intervenuto sul posto insieme alla sua amica e collega a quattro zampe, il cane Kim, una pastore belga malinois dalla straordinaria intelligenza dalla quale non si separa mai.

Quando accadono tali disgrazie spesso nell’aria si sentono riecheggiare tante parole, spesso prive di senso, al contrario, uomini come Lorenzo sono quelli che fanno i fatti, che rischiano la vita per gli altri, con il loro amore rappresentano la luce nella notte più buia…Grazie a Lorenzo e a tutti i Vigili del Fuoco per essere i nostri eroi.

Ciao Lorenzo, ricordi il momento in cui ti hanno chiamato per l’emergenza del crollo del ponte Morandi a Genova?

Già sapevo del crollo e con la mente ero già operativo lì, nell’attesa della chiamata ufficiale si entra in uno stato di adrenalina, sembra di vivere solo in quel momento… Diventa quasi una malattia.

Non ci si abitua mai?

No, semmai si può imparare a gestire meglio le emozioni, anche perché non c’è mai niente di codificato sugli interventi e si presenta sempre un’emergenza diversa e dunque non ci si può difendere psicologicamente.

Non fate dei corsi per essere più preparati mentalmente?

Facciamo continuamente dei corsi, ci prepariamo tecnicamente agli eventi, lavoriamo in team e sappiamo come gestire la parte iniziale ed operativa, dal punto di vista psicologico il momento più difficile è al termine del nostro lavoro, quando entra in gioco la parte emotiva e personale di ognuno di noi e le immagini che abbiamo visto si ripetono nella nostra mente, è a quel punto che ci avvaliamo del supporto psicologico degli esperti.

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Qual è lo scenario che ti sei trovato davanti a Genova?

Una vera catastrofe, uno scenario molto impattante a livello visivo, era tutto un gran caos, pieno di cemento e ferri ovunque. Ci siamo trovati di fronte all’impossibilità di spostare pezzi pesantissimi del ponte…

Cosa ha suscitato in te?

Mi ha fatto riflettere. Di fronte a delle tragedie così improvvise ci si sente impotenti e si pensa al fatto che in questo momento ci siamo e tra 2 minuti tutto potrebbe cambiare.

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Si sarebbe potuto fare qualcosa per evitare questa catastrofe?

Tantissime di queste sciagure potrebbero essere evitate perché la maggior parte sono provocate dall’uomo, questa è la rabbia più grande che nasce in un soccorritore. Ognuno di noi dovrebbe ricordarsi di fare più seriamente il proprio lavoro e agire con responsabilità. Basti pensare alle costruzioni inadeguate che sono le prime a venire giù con i terremoti, alla scarsa manutenzione, alla gestione delle acque e quant’altro…Ci sarebbe una lista lunghissima da fare!

Cosa mi racconti di Kim, la tua fidata compagna di lavoro e di vita a quattro zampe?

Mesi fa ho messo in pensione il mio cane Bell con la quale ho lavorato per circa 10 anni, Kim invece è molto giovane ed ancora un po’ inesperta sotto certi punti di vista ma ha tante potenzialità ed una gran voglia di fare. Sono molto contento di lei e in questo ultimo intervento mi ha dato più energia per lavorare ancora meglio con lei.

Si instaura un rapporto stretto di fiducia tra il cane e il soccorritore?

Senza fiducia non si può fare nulla, i cani ci danno quello che noi gli diamo, si chiama empatia ma io la chiamo fusione. L’unità cinofila è un essere a sei zampe come dico sempre. Più è forte questo legame e più si è efficienti sul lavoro.

Tu e Kim siete riusciti ad individuare dei corpi?

Abbiamo dovuto setacciare zone molto grandi e soprattutto pericolose, riuscendo ad individuare e circoscrivere le aree in cui è avvenuto il recupero dei corpi. Purtroppo nessuno è stato estratto vivo e questo per un soccorritore rappresenta un enorme fallimento.

C’è stata una storia che ti ha colpito di più?

Mi ha scioccato il recupero dell’ultima famiglia estratta, ricordo di essere rimasto impressionato quando ho visto l’orsacchiotto della bambina che era in macchina, una macchina completamente irriconoscibile e Kim continuava a marcare quel punto proprio perché l’odore della bimba doveva trovarsi su quel peluche. La ‘fotografia’ di questa tragedia per me rimane un orsacchiotto tra le macerie.

Inoltre poco dopo ho fotografato e pubblicato su Facebook una farfalla poggiata sui detriti, è stato un momento particolare, la farfalla aveva gli stessi colori delle nostre divise ed in quel momento si è fatta simbolo della fragilità e dell’impotenza che abbiamo provato di fronte ad una situazione così sconvolgente.

La soddisfazione più grande nel tuo lavoro?

La gioia più grande in questo mestiere è riuscire a salvare delle persone, non c’è nulla più magnifico di questo! Il momento più bello della mia carriera è stato quando la nostra squadra ha individuato e poi salvato i tre bambini a Rigopiano. Per primo ho parlato con Ludovica e sentire la sua voce è stata una gioia indescrivibile.

Cos’è la vita?

La vita è un dono bellissimo se però riesci a dargli un senso, io nel mio lavoro e nel tentativo di aiutare gli altri sono riuscito a dare un senso allo scorrere del tempo e alla vita e per questo mi reputo fortunato.

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