La strage di via Palestro a Milano del 27 luglio 1993: la morte di tre pompieri, un vigile e un immigrato. Poi quelle bombe contro la bellezza di Roma

Pubblicato: Venerdì, 27 Luglio 2018 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Un attentato dimenticato, dentro un biennio di terrore

ilmamilio.it 

All’inizio degli anni novanta, dopo l’effimera illusione dei Mondiali di Calcio organizzati 'in casa', l’Italia è una nazione in emergenza civile, morale, politica e democratica.

L'inchiesta di Tangentopoli ha completamente annientato l’intero sistema della Prima Repubblica, corrotto da tangenti e scandali di ogni genere. Oltre ad un evento di tale portata storica, l’intera penisola ha iniziato a fare i conti con l’ascesa militare della criminalità organizzata.

Nel 1993 Cosa Nostra, con la sua ondata di terrore (che solo nel 1992, nel giro di pochi mesi, aveva ucciso i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con le loro scorte), sbarca “in continente” attentando la vita di Maurizio Costanzo a Via Fauro a Roma e dilaniando il patrimonio artistico culturale italiano con l’ordigno del 27 maggio in via dei Georgofili, a fianco degli Uffizi a Firenze, con cinque morti.

Sono periodi strani, quelli. Di incertezza totale. Gli anni ottanta sono finiti e se ne comprende distintamente la fine. Non è più tempo di ideologie, di 'città da bere', ma i partiti fanno ancora da filtro e da spinta per l’impegno in un’epoca in cui è iniziata quella rottura tra società civile e palazzo che diventerà acuta e irreversibile negli anni successivi. Tuttavia è una nazione che ancora scende in piazza, quell’Italia lì.

Subito dopo la morte di Falcone e Borsellino la Sicilia dimostra un’impennata di orgoglio e di riscatto. Più generalmente, sono gli scandali politici a far emergere nuove idee, laboratori, reazioni. La Lega esplode al nord, emerge la figura di Berlusconi, il Movimento Sociale Italiano sfonda il 30% a Roma, il Partito Democratico della Sinistra, sfiorato ma uscito illeso dall’inchiesta di Mani Pulite, rappresenta ancora un blocco politico radicato e consolidato nella società. Nascono nuove prospettive, movimenti alternativi come 'La Rete'. Il Referendum sul Maggioritario, voluto da Mario Segni, appare come una tappa imprescindibile. Il nuovo sistema elettorale viene percepito come una svolta. Durerà qualche anno, fino a disintegrasi dentro l’ennesima illusione e le solite macchinazioni politiche.

Ma quell’Italia che reagisce, che circonda il parlamento, che si indigna, è anche una comunità che ha paura. Perché è di nuovo (come negli anni settanta, ma senza una chiave ideologica) un’Italia di bombe e di morti. 

LA STRAGE - E’ la sera del 27 luglio del 1993 quando Alessandro Ferrari, un agente della Polizia Locale di Milano, si accorge di una Fiat Uno parcheggiata in via Palestro, di fronte al Padiglione di arte contemporanea. Dall’auto fuoriusce un fumo biancastro. Il vigile richiede l’intervento dei Vigili del Fuoco. Pochi istanti dopo, quando l’intervento è in atto, la macchina esplode. Assieme a Ferrari, muoiono i pompieri della Squadra 5: Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno. Lo scoppio uccide anche un immigrato marocchino che fa l’ambulante, Moussafir Driss, che in quel momento sta dormendo su una panchina nel parco e viene raggiunto da un pezzo di lamiera.

L’onda d’urto frantuma i vetri delle abitazioni circostanti e provoca il crollo del muro esterno del Padiglione di arte contemporanea. Durante la notte esplode una sacca di gas formatasi in seguito alla rottura di una tubatura che provoca altri danni ai dipinti e alla Villa Reale.

L’esplosivo è lo stesso utilizzato per la strage di via dei Georgofili del 27 maggio.

Quel giorno non è solo Milano a tremare. A Roma, poco dopo la mezzanotte, nel giro di cinque minuti, la città è scioccata da due forti esplosioni. Una alla Basilica di San Giovanni, una a San Giorgio al Velabro, una bellissima chiesa del VI secolo. La deflagrazione è dovuta ad un'autobomba carica di circa 100 kg di tritolo. Il portico antistante e la facciata crollano inesorabilmente. L’immagine fa il giro del mondo.

Roma non piange morti (si contano comunque una ventina di feriti), ma subisce un grave danno alla sua bellezza. E' un messaggio, la sensazione e la percezione di un progetto terroristico della mafia per costringere lo Stato a modificare il trattamento dei detenuti, il 41 bis, e discutere, così come emerso poi dalle inchieste. 

Quella notte Palazzo Chigi rimase per ben tre ore isolato e senza possibilità di comunicare. Il Presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi,  dopo la notte delle bombe, annunciò di voler riformare i servizi segreti. Anni dopo dirà: “Ebbi paura che fossimo a un passo da un colpo di Stato. Lo pensai allora, e lo penso ancora oggi”.