Il genio di Enzo Jannacci, artista che poteva fare tutto e in tutti trovò una poesia imprevedibile

Pubblicato: Domenica, 03 Giugno 2018 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Nasceva il 3 Giugno 1935 uno dei giganti della musica italiana. Ma non solo

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Enzo Jannacci è stato un artista imprevedibile, inconsueto, geniale. La sua ironia e i suoi 'nonsense' nascondevano una rigorosa denuncia e hanno segnato indiscutibilmente un'epoca.

Fu jazzista e suonò con Chet Baker e Franco Cerri. Fu cantautore e condivise i suoi percorsi con Gaber e Dario Fo. Fu attore e interpretò per Marco Ferreri un bellissimo film come ‘L’Udienza’.

Jannacci (3 giugno del 1935 - 29 marzo del 2013), ‘medico prestato alla musica’, sapeva fare tutto a suo modo e poteva fare molto di più.

Si impegnò in quello che amava e che lo interessava: il cabaret, il pianoforte, la televisione, la comicità, il cinema. Capace di un percorso originale (fu anche dottore specializzato in chirurgia generale, tanto da entrare nell’equipe di Christiaan Barnard in Sudafrica), finì dal Conservatorio al Juke Box di tutta Italia con un talento originale e fuori dal comune.

Gli inizi come pianista nei cabaret milanesi, il jazz e il rock’n’roll. Un buon successo di critica e di opinioni. Dario Fo gli evitò di mollare tutto per dedicarsi solo alla medicina. Così, quando nessuno considerava più di tanto l'autore di “El portava i scarp del tennis”, gradualmente trovò il successo con le sue storie grottesche.

Frequentò e lavorò al ‘Derby’, dove con Bruno Lauzi, Felice Andreasi, Lino Toffolo, Cochi e Renato mise insieme il talento e la novità. Sono i tempi di “Giovanni telegrafista”, traduzione di “Joao o telegrafista” del poeta Cassiano Ricardo, ma sopratutto sono i tempi di “Vengo anch'io. No tu no”. “Lavoravo in un cabaret torinese. Mi davano un po' di paga e il mangiare. Una sera ho suonato il motivo a Pupo De Luca – dirà - suonando l'ho allargato, mi sono scaldato, ed è venuto fuori questo «Vengo anch'io. No, tu no», che via via ha preso un tono isterico". Il brano, a cui collaborarono anche il futuro Premio Nobel Dario Fo, il grande attore Fiorenzo Fiorentini, il duo Cochi e Renato, ha la sua maggiore forza in quell'escluso, personaggio in cui tanti si riconoscono, che vorrebbe comportarsi come gli altri, partecipare tanto per esserci, ma viene respinto solo perché ogni riserva, ogni comunità, presuppone l’esclusione stessa come cultura per salvaguardare i propri equilibri. ‘Ma perché? Perché no’, per l’appunto.

Infine Milano. Quella Milano che non l’ha mai dimenticato e che l’artista ha raccontato. Perché Milano è stata la creatività di Jannacci, il mondo dentro al quale ha trovato la linfa della sua qualità, del suo estro, quella umanità affascinante che non c’è più e che però ha fatto la storia della città. Imparò a conoscere la metropoli che ha sempre cambiato lo stile dell’Italia dalla particolare prospettiva periferica di Lambrate.

Era, in fondo, un fotografo. E una fotografia come la sua poteva far piangere e ridere allo stesso tempo. Come la vita vissuta al bar, alla stazione o in tutti quei posti dove le persone più umili e quotidiane raccontano e si mescolano. E’ il mondo della piccole sconfitte e delle piccolissime vittorie. L’artista, in tutto questo, fu autore della corrente contraria, della leggerezza che però si percepisce quando la afferri. Senza mai dimenticare i suoi personaggi, derisi e veri. Disgraziati, certo, ma che davano un senso all’anonimato dell'asfalto metropolitano, mutando una città decisamente bulimica in una favola di storie che non potevano finire solo ed esclusivamente sui dati economici.

Così ci ritorna in mente quell’imperatore che aveva preso un castello dal Re e quel cardinale che aveva preso un’abbazia dal vescovo. E ci sovviene che tutti loro avevano raccolto tre case e un caseggiato dal ricco e che poi, sempre gli stessi, erano andati dal contadino per prendergli la “casa, il cascinale, la mucca, il violino, la scatola di scacchi, la radio a transistor, i dischi di Little Tony, la moglie, un figlio militare...”. Eppure il contadino se la rideva lo stesso, perché i potenti ottengono senza diritto i possedimenti del lavoratore, come lo Stato prende i soldi da coloro che non possono permettersi neanche di arrivare ala fine del mese.  “Sempre allegri bisogna stare/che il nostro piangere fa male al re/fa male al ricco e al cardinale/diventan tristi se noi piangiam!”. E’ la trama di ‘Ho visto un Re’, di grande attualità, dove ognuno di noi può cedere di fronte ad una società in cui il senso soffocamento dell’umanità può trasformarsi in una sorta di prigionia della tecnologia o del benessere immaginato che piace solo ai dominanti.

Jannacci. Il musicista, l’autore, l’attore, il chirurgo. Ha fatto tanto. Fece sicuramente tutto quello che amava. Ed è bello ricordarlo proprio per questo.