L'arte universale di Keith Haring. Il cambiamento che ha influenzato l'identità del nuovo millennio

Pubblicato: Venerdì, 04 Maggio 2018 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Nasce il 4 Maggio 1958 un artista che ancora oggi dissemina la sua ispirazione. Storia di un talento scomparso prematuramente

ilmamilio.it 

Il genio è un valore innato, ma bisogna saperlo coltivare con lo studio, l’impegno e la ricerca della qualità. Altrimenti rimane inespresso, ed è sempre un'occasione sprecata per la Bellezza.

Keith Haring  (Reading, 4 maggio 1958 – New York, 16 febbraio 1990) cominciò a vivere presto nell’orbita della fantasia. Il padre Allen insegnò al figlio a disegnare fin da piccolissimo. A tutto quanto il resto, Keith, pensò da solo in qualità di artista del ‘mondo nuovo’, straordinario interprete del futuro. Dalla Pennsylvania a Pittsburgh, dove studiò grafica, Haring partorì il suo incredibile universo di simboli che erano crocevia di vari significati: mostri, angeli, televisioni, bimbi, cani, computer, ali. La comunicazione, l’uomo, le nuove frontiere, una visione che con i colori e le immagini dirette diventava musicale, un rap, un’armonia classica, oppure quel segno rupestre che era la sua ossessione. Per questo ne aveva studiato la storia, finendo dai cenni precolombiani fino alle incisioni sulla Colonna Traiana, a Roma.

La linea scura, i colori contrastanti e vivaci. Haring voleva arrivare come un pugno diretto, essere emblema. Lo è diventato veramente, di quella street art che oggi è di uso (consumo) comune e rende ricco un muro abbandonato. Lui fece parte di quella generazione che voleva cambiare il mondo anche così, partendo dalla strada, da una via, magari di un palazzo senza bellezza come tanti ne sono nati attorno a noi. E’ un ragazzo di venti anni, alla fine degli anni settanta, quando sogna di far evolvere le sue conoscenze e i suoi interessi. Dentro di lui, anche l’irrequietezza e la ricerca. E’ dipendente da alcol e droga, con i quali dovrà fare i conti per tutta la sia breve vita.

Poi arriva a New York, nei primi anni ’80, un periodo fondamentale. Si avvicina ad un artista che cambia i codici: Jean-Michel Basquiat. La strada, come dimensione della nuova arte che diventa raffinata, prende corpo e sembianze qui. Diventa un’icona. Il suo un vero e proprio stile ricercato. La città diventa una enorme tela da affrontare, una parete con cui confrontarsi e lottare. Come fece Michelangelo con la sua Cappella Sistina, almeno nello sforzo fisico e mentale. Le stazioni della metropolitana mutuano la loro sembianza in una messaggeria dei sogni da far visualizzare a tutti, a ogni passante, così come i muraglioni, le periferie. Pagò per questo il suo reato con alcuni arresti per ‘vandalismo’.

Sono anni in cui si compie un sogno: l’arte contro ogni discriminazione sociale, estesa e senza pregiudizi, senza differenze, senza latitudini. Haring teneva il suo studio aperto, dialogava con gli osservatori. Anche un senzatetto o un alcolizzato poteva essere appiglio di conversazione. Disse, in seguito, di aver imparato molto più dai loro che da certi artisti. Il vissuto come esperienza per crescere, dunque, e scoprire angolazioni differenti. Tratta per questo temi a volte scomodi, ma con una grafica che si animava ogni cosa, divertendo e stupendo.

Haring ebbe un’altra capacità, ovvero essere un abile uomo di marketing: il suo diventò un ‘brand’ che finì su milioni di t-shirt alla moda. In questo senso un visionario dei nostri giorni, facendo dei suoi tratti un simbolo globale, pop. New York è un coacervo di strade, di incontri e  di nuovi pericoli. “Nella mia vita ho fatto un sacco di cose – dirà - ho guadagnato un sacco di soldi e mi sono divertito molto. Ma ho anche vissuto a New York negli anni del culmine della promiscuità sessuale. Se non prenderò l’Aids io, non lo prenderà nessuno“.

L’’Aids lo prenderà davvero. Rilascerà un’intervista nella quale dichiarerà pubblicamente di essere affetto dal virus dell’HIV. Continuerà a lavorare e dipingere, la cosa che amava di più, quasi fosse una missione, portandolo via dalle dimensioni quotidiane che comunque erano la sua fonte di ispirazione.

Una delle sue creazioni più spettacolari la lasciò all’Italia, terra dell’Arte per eccellenza: 'Tuttomondo', maestoso murale realizzato nel 1989 sulla parete della canonica di Sant’Antonio Abate, a Pisa. Unica opera ad essere pensata come permanente e pubblica. 180 metri quadri che ritraggono 30 figure concatenate e incastrate tra loro. Dentro, i temi della sua esistenza: la pace e l'armonia del mondo, un omaggio alla "croce pisana" con quattro figure umane unite all'altezza della vita, poi un cane, una scimmia, un delfino, un uomo e un volatile, oppure le immagini simboleggiano il legame indispensabile tra uomo e natura, che dividono il bene dal male. Poi una donna e il suo bambino, un uomo con un televisore al posto della testa a rappresentare la naturalità della vita e la tecnologia che ci sormonta e ci indirizza. Infine le figure che richiamano i disastri nucleari e  una di queste, tutta gialla, che cammina: è il pubblico, ovvero quel passante che gli dedica ancora un momento per vedere l'opera e proseguire il suo cammino.

Keith Haring si spegne il 16 febbraio del 1990 a soli 31 anni, in seguito a complicazioni dovute alla sua malattia. E’ diventato con il passare degli anni la matrice di un linguaggio visuale. Le sua arte è ancora festa, colore, idea, denuncia, messaggio, grafica pubblicitaria, l’attenzione al meccanismo del nuovo capitalismo, del razzismo, della droga e dell'Aids, ma anche – e fondamentalmente - dell'amore, della gioia, del sesso, del buon rapporto con la natura e il mondo animale.

Egli seppe far esplodere l'arte, la sua arte, per tramutarla in qualcosa di più grande e di esteso per il superamento dei confini, fuori dai musei, ignorando le regole imposte, creando addirittura un nuovo mercato e stravolgendo quello che c’era prima. Un maestro che ha generato tanti imitatori, ma sopratutto una scuola mondiale a cui attingere e dentro alla quale è nata tanta qualità. Che rigenera, alimenta, arricchisce, rimette al mondo. Ed è in quella che va riconosciuto il seme prolifico di un precursore.