3 Marzo 1944: l'enorme tragedia ferroviaria di Balvano. Una colpevole rimozione

Pubblicato: Sabato, 03 Marzo 2018 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – I morti furono tra i 500 e  i 600. Mai scoperte le responsabilità

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I cadaveri di centinaia di persone allineati lungo i marciapiedi di una stazione. L'immagine simbolo della tragedia di Balvano, paesino al confine tra Basilicata e Campania, è rimasta questa. Un'enormità di corpi di tutte le età, ammassati come si poteva, uno vicino all'altro.

Era il 3 marzo 1944. Era appena accaduto il più grave incidente ferroviario d'Europa. Il più dimenticato, il meno celebrato. Pochi libri ne raccontano il dramma, pochissime trasmissioni televisive ne hanno svelato i contorni. La tragedia di Balvano ebbe la sfortuna di capitare in un periodo storico in cui altri accadimenti stavano segnando la vita degli italiani.

Nel marzo del 1944, in Italia, si combatteva ancora. Nel corso della seconda guerra mondiale, l'Italia del Sud era stata liberata dalle truppe alleate. Roma, invece, era ancora occupata dai tedeschi e in tutto il Nord della penisola doveva sopraggiungere il periodo più intenso della guerra civile e della Resistenza.

Il disagio sociale era all'ordine del giorno, la fame mordeva. Ogni giorno, provenienti dalle campagne, centinaia di donne, bambini, uomini si recavano a Napoli. Farina, uova o zucchero; ogni merce veniva venduta in cambio di un po' di denaro, vestiti e preziosi. Funzionava così. Era, in realtà, un baratto di sussistenza, causato dalla fame e dalla povertà. Si partiva per la città con i treno merci. Uno di questi, il numero 8017, partì dalla stazione di Napoli, destinazione Potenza, la sera del 2 marzo 1944. Durante il percorso, i vagoni, in parte scoperti, si riempirono a tal punto che a Battipaglia la 'Military Patrol' dovette intervenire con gli sfollagente. A mezzanotte il mezzo entrò nella stazione di Balvano. A Salerno la linea elettrica era stata sospesa e quindi la locomotiva iniziò ad camminare a vapore con le caldaie alimentate a carbone.

Raggiunta la ''Galleria delle armi'', a causa della bassa potenza e dell'enorme peso che si trascinava addosso, il treno perse velocità e si bloccò per cinque ore al centro di un tunnel lungo almeno due chilometri. Mentre il fumo del carbone continuava a uscire, i gas invasero gli ambienti. Oltre cinquecento persone rimasero intrappolate e intossicate dal veleno fumoso che fuoriusciva ed aveva reso l'aria irrespirabile. Perirono, anche nel sonno, a causa del monossido di carbonio e dell'acido carbonico, centinaia di uomini, donne, anziani e bambini.

L'inchiesta per accertare le responsabilità di quanto avvenuto fu veloce e passò inosservata. Il verbale della riunione del consiglio dei ministri del 7 marzo 1944 sancì che quelle persone non dovevano essere sul treno. Altre indagini accertarono che il personale ferroviario aveva chiesto e preteso il pagamento di biglietti per il viaggio. Alla fine venne identificato un solo responsabile: il carbone fornito dagli alleati (di scarsa qualità) che conteneva zolfo e ceneri, elementi che rendevano poco affidabile il tiraggio dei fumi, ostruendo le tubature della caldaia.

A Balvano, tra quelle salme allineate, mentre poco più a nord infuriava la guerra, solo 432 vittime furono identificate. Le altre sono rimaste ignote. Il bilancio della tragedia è ancora oggi impossibile da accertare. Quello ufficiale parlò di 501 passeggeri, 8 militari e di 7 ferrovieri, ma alcune ipotesi arrivano a considerarne oltre 600-650. I morti furono sepolti senza funerali, in quattro fosse comuni. Per tanto tempo, queste furono sconosciute ai familiari poiché senza alcun segno di riconoscimento. Molti dei sopravvissuti riportarono gravi sconvolgimenti mentali. A parte qualche giornalista o qualche persona di buona volontà, nessuno si occupò di loro fino a qualche recente inchiesta o pubblicazione.

Solo ad alcune famiglie delle vittime, dopo lunghe vicende giudiziali, fu riconosciuta un'indennità di guerra. I responsabili di una delle più gravi stragi della storia europea non sono stati mai accertati.