Festival di Sanremo, la voce dell'Italia della fatica, della periferia e della leggenda è meglio di tutto il resto. “Lauda lu mare e tienete a terra”

Pubblicato: Domenica, 11 Febbraio 2018 - Fabrizio Giusti

ITALIA (attualità) – Terminata la grande rassegna musicale. Un successo di ascolti perché tradizionale nella linea artistica

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In un Sanremo tradizionale nella conduzione e nella linea artistica, di successo e decisamente apprezzato per il garbo, ha vinto un tipo di Italia in cui la maggioranza gli stessi italiani ormai si riconosce. L’Italia della fatica, della capacità di partire da sofferenze lontane per arrivare al traguardo, della precarietà e delle sue leggende lontane.

Palma a Ermal Meta e Fabrizio Moro, due che la carriera se la sono sudata e vengono dalla provincia e dalla periferia. Il primo, cittadino italiano con una storia di emigrazione dall’Albania, l’altro, di San Basilio, ha cantato sempre lo sforzo di chi si alza la mattina per un pezzo di pane, resiste alla illegalità e, nel caso del brano vincitore, al terrorismo e alla guerra che ci circonda e insanguina mezzo mondo. Evitando l’impatto con la retorica, che in questi casi incombe, hanno saputo tradurre entrambi i timori e le speranze degli uomini del nostro tempo.

 

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Stessa cosa vale per ‘Ultimo’, cantautore romano di San Basilio, uno dei quartieri più complicati di Roma, vincitore delle nuove proposte. Ha saputo trasferire la grinta e la sfida delle nuove generazioni su un palco dove le orme della storia della musica sono sempre pesanti per tutti. Idem per Mirkoeilcane dalla Garbatella. Il suo sbarco della speranza vista dagli occhi di un bambino ha convinto la critica, entrando in un argomento d’attualità ove è emerso lo straordinario monologo di Pierframcesco Favino, il quale, liberatosi dai panni di intrattenitore e di presentatore, ha rivelato il suo talento indiscutibile con il suo ‘La notte prima della foresta” del regista francese Bernard-Marie Koltès. L’uso della parola come mezzo per arrivare ad un pubblico nazional-popolare. Ennesima dimostrazione di come si possa dare qualità anche ad uno show di grande ascolto dove il disimpegno a volte prevale perché è più facile da gestire.

E’ stato un Festival, come detto, di ‘periferici’ che arrivano, di storie lontane che emergono ed emozionano. La fatica, appunto, raccontata con un brano di qualità (e di difficile appeal per una platea come quella di Sanremo) da Enzo Avitabile e Peppe Servillo. “Loda lu mare e tienete a terra”, ci hanno ricordato. Un messaggio da tenere a mente. Così lontano e vicino al mondo. Dedicato al coraggio di ogni giorno.

Dunque l’Italia delle sue leggende, di un amore intramontabile e romantico. Quello di Cristalda e del pescatore Pizzomunno, giù in fondo, lì nella Puglia delle bellezze di Vieste. A Sud, dove tutto ricomincia ai margini dello stivale. Un applauso, per questo, a Max Gazzè.

Non si possono non citare, ovviamente, le altre cose buone della rassegna: l’eterna eleganza di Ornella Vanoni, la freschezza de ‘Lo Stato Sociale’, dentro i quali albergano e fluttuano i vari Rino Gaetano, Jannacci, Skiantos e Elio e le storie tese (in questo caso quest’anno, simbolicamente, potrebbe esserci stato un passaggio ideale di testimone, chissà), il rock raffinato dei Decibel, la voce di Annalisa, i duetti del ‘granitico’ Baglioni, Fiorello, Virginia Raffaele, la guida sicura di Michelle Hunziker che non cambia però mai il suo timbro di presentazione e il suo vocabolario, ma che ha attraccato la nave in porto salva e sicura. Con un boom di ascolti.

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