Dopo Lazio-Toro: la tomba della Var è nell'incapacità e nella malafede degli arbitri

Pubblicato: Mercoledì, 13 Dicembre 2017 - redazione sportiva

Risultati immagini per ss lazio mamilioFRASCATI (calcio) - Mezza Europa ci prende in giro: il capolavoro di Giacomelli e Di Bello sta facendo scuola

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Aiutati che la tecnologia di aiuta. Ma solo se capacità e buonafede remano entrambe dalla stessa parte. Altrimenti anche la tecnologia più fine diventa uno dei tanti strumenti di giudizio discrezionale e dunque ad altissimo impatto umano.

Quello che è accaduto lunedì sera al termine del primo tempo di Lazio-Torino è inaccettabile. E qui ne viene pienamente della capacità di un arbitro, Giacomelli e di un assistente alla Var, Di Bello (che null'altro è se non un altro arbitro), che di capacità ne hanno dimostrate nell'assurda nottata romana (nella quale c'è stato anche un allenatore avversario, il prode Mijailovic, che non ha avuto neanche la buona creanza di riconoscere il merito ad un avversario che pure, da giocatore, gli seppe dare tantissimo) davvero poche. Pochissime. Niente.

Inutile puntare il dito sul presunto profilo social dell'arbitro Giacomelli (Jack O'Melly, cancellato nelle scorse ore e riportante in copertina l'arbitro sullo sfondo con Totti in primo piano che calcio un rigore) o la supposta attività di ristorazione del direttore di gara triestino. Il punto è soprattutto un altro.

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L'accaduto di lunedì sera, che in ordine di tempo segue altri episodi che definire dubbi è un eufemismo, ha messo il cappello sul cammino della Lazio ma, anche, ha reso ridicolo lo strumento che secondo l'Aia avrebbe dovuto garantire equità di giudizio e limitare al minimo di errori.

Bene: tre errori di fila con utilizzo della Var, tutti peraltro nella medesima direzione di danneggiamento alla Lazio, seppelliscono definitivamente lo strumento per quello che avrebbe dovuto essere. Si torna alla piena discrezionalità degli arbitri e dunque all'incapacità quando non addirittura alla malafede. Vecchia storia, vecchia come il calcio.

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A prenderci per il culo, peraltro, in questi giorni sono stati i giornali sportivi di mezza Europa perché quel braccio teso in mezzo all'area di rigore del Torino a deviare il cross di Immobile lo hanno visto fino ad Oslo. Giacomelli, che era a tre metri, invece no. Di Bello, che pure è avvolto dall'aurea di un grande arbitro, neanche. Incapacità al potere. Palese, evidente, anche arrogante al limite.

Arrogante nella misura in cui si apre anche un'altra questione: come funziona esattamente questa maledetta Var?

E' l'arbitro in mezzo al campo che deve chiedere l'assistenza da casa o è l'addetto alla Var che deve sollecitare all'arbitro situazioni da verificare? Nessuno lo ha capito, manco gli arbitri. L'unica cosa che è chiara e che da giorni le emittenti laziali evidenziano e che anche lo stesso Simone Inzaghi lunedì sera ha evidenziato, è che l'incertezza del protocollo (e pensare che a Roma-Spal la Var era intervenuta addirittura per trasformare un cartellino giallo in uno rosso su una normale azione di gioco...) rende l'intero strumento labile.

Sostanzialmente una barzelletta.