‘Dom’ Giovanni Franzoni, il ‘cattolico marginale’ che cercava la fede autentica

Pubblicato: Venerdì, 14 Luglio 2017 - Fabrizio Giusti

ITALIA (attualità) – E’ deceduto ieri a 88 anni. Fu Abate di San Paolo Fuori le Mura e ridotto allo stato laicale per le sue opinioni

ilmamilio.it

Giovanni Franzoni, 88 anni, già Abate benedettino della Basilica di San Paolo Fuori le Mura a Roma, è morto ieri nella sua casa di Canneto, in provincia di Rieti. Franzoni non è stato un credente come gli altri: ha spaccato le opinioni, ha messo in circolo delle idee, ha fatto opinione.

Fu il più giovane italiano alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II. A metà degli anni settanta, le polemiche per le sue posizioni lo portarono all'estromissione dal suo incarico. Nella Santa Sede le sue critiche alla Chiesa e alle presunte collusioni con i poteri forti, il favore verso il divorzio, la dichiarazione di voto per il Pci, l’idea di far costruire dal Vaticano le case popolari per i poveri dei quartieri, non era state digerite. I tempi, quei tempi in particolare, non lo consentivano. La sua omelia si era trasformata in un fatto condiviso, in un perpetuo confronto con i laici. Sui muri del quartiere apparvero scritte come “Franzoni Giuda”. 

Non fu mai scomunicato, come si è erroneamente scritto in qualche biografia, ma ridotto allo stato laicale. Animò la Comunità di Base di San Paolo, in un locale di via Ostiense. Si è definito  "Un cattolico marginale" in un autobiografia pubblicata pochi anni fa da 'Rubbettino'. Una definizione azzeccata. Dopo il rumore della guerra ideologica, è stato infatti messo ai bordi, dimenticato, pur avendo sempre voce, dialogo ed intelligenza acuta.

In Vaticano – raccontò in un intervista a “La Repubblica”, citando i tempi dell’allontanamento - mi denigravano. Dicevano che mi ero venduto al Pci. Una domenica in basilica un giovane pregò perché suo figlio potesse crescere in una Chiesa dove non si faceva speculazione finanziaria. Paul Mayer, a quel tempo segretario dei Religiosi, reagì. Mi disse che visto che ero così "democratico" dovevo accettare le sue condizioni: sottoporre ogni atto pubblico al parere dei superiori. Presi tempo. In una riunione della Comunità si alzò Vincenzo Meale. Disse che dovevo obbedire perché altrimenti sarei stato l'unico a pagare. Però, spiegò, "è certo che se accetta le censura, la mia esperienza con la Comunità finisce qui". Fu un lampo, un'illuminazione appunto. Risposi: "Ho capito". E il lunedì seguente dissi a Mayer che volevo dimettermi. E così ebbe inizio la mia nudità".

La nudità, appunto. Franzoni ardiva a recuperare il Gesù autentico, quello spoglio di orpelli, il messaggero di una nuova visione del mondo e dell’umanità, scevro da decorazioni o addirittura ricchezze. Fu soprannominato "L'Abate rosso” (ai tempi della divisione del mondo tra Ovest ed Est avere addosso un'etichetta era molto facile). Nel periodo del referendum sul divorzio, che interrogò profondamente il mondo cattolico nonostante la presa di posizione ufficiale, gli dissero di cercarsi una diocesi. Chiese il trasferimento a Frascati, nei Castelli Romani. Nei suoi ricordi, spiegò l’aneddoto così: “Volevo che l’esperienza con il nostro gruppo di laici non finisse con la mia uscita da San Paolo. Cercai di nuovo il Cardinal Poletti, e, dopo avergli spiegato che la sentenza di sospensione a divinis era a mio avviso invalida perché io avevo ubbidito all’ingiunzione di non parlare più in pubblico disdicendo tutti gli appuntamenti, lui ammise che forse effettivamente c’era stato qualche errore ma si appellò alla mia comprensione delle procedure e delle prassi ecclesiastiche per cui non dovevo aspettarmi che la Chiesa ammettesse pubblicamente di avere sbagliato. Mi suggerì inoltre di trovare un vescovo benevolo pronto a incardinarmi nella sua diocesi. Contattai Monsignor Luigi Liverzani, a Frascati, la diocesi più vicina. Era una persona informata, aperta, vicina al mondo del lavoro, mi avrebbe preso nella sua diocesi senza alcuna condizione. Presentai quel nome a Poletti e il vicario mi rispose che Frascati era troppo vicina a Roma. «C’è un chilometraggio minimo, vostra Eminenza?».

Così l'ex Abate aprì una sua Comunità di Base. Si era già lasciato affascinare, in quegli anni dalle tematiche contraddittorie di Roma e di un quartiere popoloso come San Paolo, in parte borghese e per larghi strati confinante e compenetrante con fasce di emarginazione, di baraccati e povertà degli altri quartieri vicini. Continuò a mettere insieme laici, donne, uomini, giovani, credenti. Lottò da pacifista e per gli operai licenziati. Quando lasciò il suo incarico, è il tempo della sua lettera pastorale “La terra è di Dio”. Fu il suo modo di pensare ‘Fuori le mura’ , come la Basilica, intraprendendo un percorso fatto di autonomia e libertà di coscienza per tutta la sua esistenza. Continuando a far discutere.

Fino alla morte è stato come ha vissuto. Marginale, sì, ma molti dei temi che affrontava allora oggi sono storicizzati, sono nella società che viviamo, e a quarant’anni di distanza da quel ‘conflitto’ doloroso hanno tutt'altro senso e fanno di ‘Dom’ (dal latino Dominus, è il trattamento riservato ai monaci benedettini) Franzoni un cristiano mai banale, originale, inedito, ricco di spunti e considerazioni che hanno diviso, certo, ma come giusto che sia.

Ricercare che 'qualcuno che tutti cerchiamo' (per dirla con Padre Turoldo)  è sempre un cammino di strade tortuose.