“In nome del Papa Re”, il film che raccontò un potere che se ne andava e quel presente così vulcanico - VIDEO

Pubblicato: Giovedì, 16 Novembre 2017 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Compie 40 anni uno straordinario affresco del Risorgimento, realizzato in un anno di rivolte

ilmamilio.it 

Non sono molti, nella storia del cinema, i film capaci di raccontare due periodi storici nella stessa narrazione. E’ il caso di ‘In nome del Papa Re’, film diretto da Luigi Magni nel 1977. Una pellicola che ebbe il merito non solo di rappresentare la vicenda di un potere arrivato alla conclusione della sua secolare esperienza, quello temporale del Papa, ma indirettamente anche la percezione di quel presente, di quella fine degli anni settanta del Novecento, in cui il terrorismo, le bombe, gli attentati, le stragi, le contestazioni giovanili, un nuovo modo di pensare e vedere la politica, alle porte degli anni ottanta, tra la fine dell’impegno e a un passo dal riflusso, caratterizzavano la quotidianità e la cronaca.  “In nome del Papa Re” è un film che ci appare così persino ambiguo, per meglio dire spiazzante.

La pellicola è ispirata a un episodio realmente accaduto, ovvero l'ultima condanna a morte di un tribunale dello Stato pontificio nel 1867, all’indomani dell'attentato alla Caserma Serristori in cui erano morti una ventina di zuavi (volontari francesi, belgi e olandesi che combattevano al servizio del pontefice). L'azione aveva lo scopo di provocare una sollevazione popolare che facilitasse il tentativo di Garibaldi di occupare la città. Ma l'insurrezione non avvenne. Il giorno la deflagrazione della sanguinosa bomba, il 23 ottobre, un gruppo di volontari garibaldini, tra i quali Giovanni ed Enrico Cairoli, fu sconfitto dalle truppe pontificie a Villa Glori e, poco dopo, il 3 novembre, Garibaldi perse a Mentana. Monti e Tognetti furono arrestati e condannati a morte. L'esecuzione, mediante taglio della testa, avvenne il 24 novembre 1868 in via dei Cerchi, vicino Circo Massimo.

Il film di Magni gira attorno alla figura di monsignor Colombo da Priverno, interpretato da un sensazionale Nino Manfredi, giudice del Tribunale pontificio, il quale cerca di far salva la vita degli accusati durante il processo, sfidando le autorità  nella consapevolezza della fine prossima del potere temporale. Una crisi di coscienza, quest'ultima, sopraggiunta anche dopo il massacro compiuto proprio dagli zuavi al lanificio “Aiani” in Trastevere. “Qui non finisce perché arrivano gli italiani, gli italiani arrivano proprio perché è finita”: la frase inserita in un monologo dello stesso Manfredi spiega meglio di ogni altro aspetto questa psicologia.

Il film che finisce con una messa in suffragio dei defunti Monti – Tognetti e Costa (personaggio inserito nella trama come figlio segreto del cardinale, concepito durante la Repubblica Romana del 1849) con la comunione negata proprio dal Monsignore al generale dei Gesuiti. Un affronto che segna simbolicamente la ribellione dell'uomo e il passaggio finale del regno. Opera rafforzata dalle belle interpretazioni di Carmen Scarpitta (contessa Flaminia), Giovannella Grifeo: (Teresa) e sopratutto da Carlo Bagno: (il perpetuo Serafino), Salvo Randone (Generale Gesuita), ‘’In nome del Papa Re” è ancora oggi fondamentale per leggere la nostra storia nazionale in modo differente ed intelligente.

Nei Castelli Romani, precisamente a Velletri, si è voluto ricordare ed omaggiare anche questo secondo capolavoro della trilogia dedicata al Risorgimento (gli altri sono Nell’anno del Signore, In nome del popolo sovrano), con la mostra di costumi, arredi e scenografie di tutte queste indimenticabili pellicole. Ciò è accaduto per merito dell’Associazione “Gigi e Lucia Magni” con una esposizione permanente al polo espositivo “Juana Romani”, in via Luigi Novelli 3.

“I ribelli moreno sempre a vent’anni, pure quando non moreno”. “In nome del Papa Re” è un film poetico, in cui l’insurrezione è il sogno e la morte colora gli argini della vittoria che è lì ad un passo. Un cambiamento epocale che non si vede, ma che sarà raccontato qualche anno più tardi in un altro straordinario affresco controcorrente, “Arrivano i bersaglieri”, creazione tecnicamente meno elevata ma ugualmente importante sul piano della ricostruzione storica e dei dialoghi, sempre eccezionali nei film dell’indimenticato regista romano. Capace di mettere insieme due epoche dentro una cinepresa.