Alex Schwazer: il doping, la rinascita, il complotto. Storia della congiura ai danni di un campione vero

Pubblicato: Venerdì, 19 Febbraio 2021 - Federico Smacchi

ROMA (attualità) - Si chiude una pagina particolarmente opaca per lo sport italiano. L'atleta altoatesino è stato ingiustamente accusato di doping: assolto per non aver commesso il fatto

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Il caso Alex Schwazer è giunto finalmente ai titoli di coda. La sentenza del Gip di Bolzano è chiara: “assolto per non aver commesso il fatto”, ma la strada per giungere alla verità è stata lunga e tortuosa. La rinascita di una carriera esaltante brutalmente stroncata da un caso di doping che, a quanto risulta oggi negli atti giudiziari, non si è mai verificato.

La storia inizia col caso di doping ancora precedente a quello che ha visto l’atleta classe ’84 saltare i giochi di Rio nel 2016. In quella occasione però, purtroppo, si trattò di un fatto realmente accaduto. È il 2008, Alex Schwazer è sul tetto del mondo. Ha appena vinto l’oro olimpico di marcia nei 50km a Pechino, il suo nome fa il giro del globo, diventa rapidamente uno dei volti più importanti dello sport italiano all’estero.seLasai ilmamilio

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Passano 4 anni e il campione è pronto a fare il bis, ma a fermarlo c’è la positività a un test a sorpresa richiesto dalla Wada a pochi mesi dall’approdo della torcia olimpica a Londra, nel 2012. Per Alex Schwazer sembra l’inizio della fine, ma c’è tempo perché le cose possano peggiorare ulteriormente.

L’ammissione: “l’ho fatto per essere competitivo come gli altri”, poi lo scandalo mediatico e infine la celebre conferenza stampa in cui Alex, tra le lacrime, si pente per ciò che ha fatto e porta a casa la squalifica di 4 anni. Per tutti diventa un dopato, uno di quegli atleti che infanga il buon nome dello sport italiano. In pochi sono disposti a dargli fiducia.

L’altoatesino però crede nelle sue parole e si mette sotto per farsi trovare pronto, l’obiettivo è l’olimpiade di Rio 2016. Accanto a lui, ad allenarlo, c’è un volto conosciuto, un personaggio particolare che con il doping non ha mai scherzato. Si tratta di Sandro Donati, celebre allenatore di atletica leggera originario dei Castelli romani (Monte Porzio Catone), da sempre in prima linea contro gli “aiutini” assunti dagli atleti, tanto che le sue denunce sono diventate libri e pubblicazioni.

Il fatto che ci sia proprio lui ad allenare Schwazer è un messaggio davvero forte.

Le intenzioni dell’atleta di Vipiteno sono chiare, vuole riacquistare la dignità perduta assieme alla stima del mondo dello sport e del suo paese. Ma è proprio quando è pronto alla rinascita, dopo aver stravinto i mondiali di marcia a squadre (Roma, 2016), che arriva una seconda batosta. Nuovo test antidoping, nuovamente positivo, ancora una volta a un passo dal sogno olimpico tutto cade come un castello di carte.

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Stavolta Schwazer non ci sta, si dichiara innocente e si appella alla giustizia. Donati gli crede, ma i tempi della macchina giudiziaria sono infiniti e le olimpiadi di Rio de Janeiro sfumano per sempre. C’è la recidività, la squalifica è di 8 anni: carriera finita.

La svolta che mette la parola fine alla vicenda è arrivata solo pochi giorni fa: Schwazer aveva ragione, e in questo 5 anni l’aveva sempre gridato a gran voce. Ma allora perché era risultato positivo a quei maledetti test del 2016?

La risposta arriva sempre dalla sentenza del Gip: “Si ritiene accertato con alto grado di credibilità razionale che i campioni di urina prelevati ad Alex Schwazer il 1 gennaio 2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e dunque di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta, come pure del suo allenatore Sandro Donati”.

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Quei test furono manomessi appositamente per far squalificare Schwazer. Come spiegò l’atleta in un lungo post su Facebook nel 2017, il nodo cruciale stava nelle provette utilizzate come prova davanti al giudice. Una di queste aperta e mai risigillata, sfuggita al controllo del perito incaricato, usata come “arma del delitto” per accusare Schwazer. Poi i cavilli giudiziari, l’ostruzionismo dell’istituzione sportiva IAAF verso l’autorità giudiziaria italiana. Alla fine, per fortuna, i nodi sono venuti al pettine. La vittoria però è agrodolce, il danno per Schwazer è incalcolabile.

La squalifica, infatti, c’è ancora. La giustizia sportiva non può essere cambiata dalla giustizia italiana, anche se per Schwazer forse una speranza c’è. Con l’assoluzione, potrebbe appellarsi al TAS di Losanna ed avere buone chance di essere riabilitato. In questo modo, una fiaccola olimpica potrebbe per riaccendersi per Alex Schwazer, all’alba dei suoi 37 anni.

Un’ultima possibilità, che sarebbe certamente la vera e unica vittoria: le olimpiadi di Tokyo 2021.

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