Associazione Civitas Tuscolana racconta storia dell’eroe bambino che salvò gli ebrei di Frascati

Pubblicato: Domenica, 06 Settembre 2020 - Redazione attualità

FRASCATI (attualità) - Il racconto nella giornata della cultura ebraica, alla soglia delle celebrazioni per l'8 settembre 

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Anche quest’anno la necessaria celebrazione della ricorrenza dello strazio dell’8 Settembre è arrivata col suo carico di terribili e sempre più sbiaditi ricordi. 

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Studio e ricerca, sono gli elementi che di contro consentono nuove scoperte, utili per rinvigorire almeno fantasia e rispetto. Un compito al quale la nostra associazione, Civitas Tusculana, dedica ormai, dalla sua origine, tempo e grandi e pazienti sforzi grazie ai suoi collaboratori.

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Quest’anno possiamo anticipare un inedito da: edizione speciale. Il gesto di un ’eroe bambino che salvò gli ebrei di Frascati. Episodio emerso durante un colloquio programmato con un noto personaggio del mondo sportivo italiano, effettuato per un altro tipo di ricerca importante ormai conclusa ed in via di stampa. Una vicenda ed una storia praticamente inedite e degne di una scena da film di …suspence.  Non anticipiamo il racconto per intero che scoprirete il giorno della presentazione del libro dedicato alla storia del …Rugby Frascati.

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Il personaggio, attore ed eroe inconscio nell’episodio, seppure il maggiore protagonista, viveva allora a Frascati con la mamma ed il papà Enrico, altro eroe della vicenda, un Brigadiere di Pubblica Sicurezza del Commissario locale, addetto all’ufficio di Polizia investigativa per il controllo civile, ubicato, a quei tempi, nel Palazzo degli impiegati, al piano terra di Via Principe Amedeo. I tre alloggiavano, in un appartamento ricavato nella piccola caserma dello stabile di Antonio Musetti a Via Piccolomini/Cavour, adibita a tale scopo dal 1937.

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Durante i mesi di Luglio, Agosto ed inizio Settembre del 1943, dopo la defenestrazione di Mussolini e coi primi sospetti tedeschi sulla lealtà dei camerati italiani, apparve evidente ai cittadini di Frascati l’aumento progressivo della presenza di militari germanici in tutta la zona, che già ne contava 1500 di staff al Comando Generale di Kesselring. Complessivamente il numero superò abbondantemente i 3.000 indicati nei racconti degli intervistati dato che, in vero, il totale fu enormemente maggiore, basta leggersi le comunicazioni del Commissariato locale e della Questura di Roma, su: Frascati, Vittima …di uno sporco affare, edito nel 2015, pubblicate nella parte che riporta i documenti del Regio Commissariato con le note di Stefano Paolucci.    

Tra le nuove divise che si cominciarono ad osservare più sovente nei  bar e negozi, vennero notate quelle delle SS, sezione Gestapo. Tutti i movimenti di truppe erano annotati e segnalati, dalla Polizia di Frascati, al ministero degli Interni. I nuovi arrivati installarono il comando specifico delle SS, con ufficio e stanza per interrogatori, detenzione di prigionieri e, più tardi, un piccolo tribunale, occupando parte di una delle grandi baracche scure presto erette dalla ditta Francioni in Villa Torlonia, ben occultate tra i vialoni.

Dopo le leggi razziali ed il censimento degli ebrei, i Commissariati locali ebbero il compito di tenere i registri dei giudei residenti unitamente agli elenchi aggiornati con ogni variazione di domicilio, per coloro che erano invece ospitati presso istituti religiosi, famiglie e/o alloggiati in ricoveri di fortuna. Ogni eventuale spostamento, era registrato dalla Polizia. Ai primi di Settembre il 6 o 7, essendo il 5 Domenica, assai prima quindi del famoso 18 Ottobre, giorno del rastrellamento degli ebrei romani, giunse al Commissariato una telefonata, che annunciava la visita immediata di una pattuglia della Polizia politica tedesca, avente lo scopo di prelevare, dal fascicolo riguardante gli ebrei in possesso dei colleghi italiani, l’elenco di quelli residenti a Frascati (e probabilmente Grottaferrata), che comprendeva, ovviamente, anche quelli nascosti. La pattuglia in pratica si era già avviata verso gli uffici al piano terra dell’edificio, quando partì la telefonata ed il Brigadiere che la ricevette, pur nell’ansia del momento, mantenne la calma, ed ebbe un lampo di genio o follia e freddezza messe insieme. Pensò di prelevare i fogli aggiornati dalla cartella, infilarli nei pantaloncini del figlio che si trovava in quel momento nel suo ufficio a trastullarsi in attesa di tornare, col padre, alla sua abitazione per il pranzo. Piegati i fogli ed inseriti con rapidità negli indumenti del piccolo, gli ordinò invece di avviarsi verso casa. E quindi mentre i tedeschi arrivarono a bordo della kubelwagen scortata dai motociclisti e l’ufficiale coi soldati scesero per entrare nel portone, il bambino uscì da esso, girando verso destra fuori del palazzo per risalire verso il centro percorrendo Via Massimo D’Azeglio e poi raggiungere la sua casa che, comunque, era un poco distante.  Il Brigadiere, ed il Maresciallo Verderosa che era con lui, insieme all’Appuntato Porta, subito dopo l’avvio del bambino decisero che uno di loro, non sapendo come sarebbe andata a finire la visita, non appena i militari germanici si fossero allontanati, avrebbe dovuto assolutamente recuperare rapidamente quei fogli, non per riportarli in ufficio ma per bruciarli seduta stante.

La felice intuizione era scaturita evidentemente dalla presenza del bambino calcolando, razionalmente, che sarebbe stato improbabile che i militari tedeschi, lo fermassero, pur incontrandolo, mentre l’halt sarebbe certamente scattato per uno di loro, se si fossero mossi dal posto di servizio e perquisiti.

La cartellina, così alleggerita, venne consegnata senza particolare difficoltà, dopo le informazioni di rito e la prassi, ai camerati, alleati tedeschi che, non avvertendo nulla di sospetto ma anzi la collaborativa cessione del materiale richiesto senza difficoltà, la presero, col suo assottigliato contenuto, e andarono via.

L’aggiornamento di quell’elenco era un compito specifico di cui era responsabile proprio l’Enrico papà Brigadiere il quale intuì le conseguenze possibili per le persone inserite nella lista che quei militari erano venuti a prelevare e acconsentì all’azione che effettuò d’istinto, certamente intuendo il rischio che correvano e che facevano correre a suo figlio, in caso di imprevisti. Fu l’unica iniziativa fattibile che venne loro in mente in quel frangente limitatissimo di tempo che, messa in atto, salvò molte persone tra l’altro ben conosciute, almeno in parte. Non è certo il collegamento di questo episodio con l’arresto dei Di Cori col negozio in Via Paola.

E’da questo racconto fatto da un ultra ottuagenario, ex bambino staffetta nella circostanza, così’ come raccolto nell’ intervista, che abbiamo appreso di questo improvvisato incredibile eroico gesto. Si tratta di una notizia preziosissima per la storia di Frascati e degli ebrei qui imboscati che si aggiunge alle diverse piccole, ma significative segnalazioni, già scoperte e riportate nella pubblicazione ricordata. Alcuni particolari, della rivelazione, hanno coinciso inoltre con quanto già raccontato da Aldo Musetti e solo in parte riportato all’interno del libro, come il nome del Maresciallo, Enzo Verderosa, poi deceduto nel bombardamento del 29/1/44.

Il brigadiere, poi divenuto maresciallo fu insignito, a quanto riferitoci, della medaglia d’oro al valor civile.  Il nostro piccolo eroe, che fece tutto il tragitto con i pericolosi fogli nelle braghe fino a Via Cavuor, divenne così il mezzo improvvisato per sottrarre quei fogli ed eliminarli. Il ragazzino era già un frequentatore, con la mamma, del ricovero del Munnezzarone e, divenuto anche lui sfollato dopo l’8 Settembre con la famiglia, trovò ospitalità a Villa Rasponi. Ubbidì facilmente quindi all’obbligo, imposto del genitore, di non raccontare ad alcuno questo episodio, grazie soprattutto alle concitate vicende concomitanti del bombardamento e il trasferimento al nuovo alloggio, che accaddero subito dopo il fatto riportato e che certamente salvarono tutti da una successiva visita più rischiosa, di quei militari, sul tema, visto il caos che si creò e, lo aiutarono ad accantonare l’episodio ora riemerso. Trasferitosi a Roma non dimenticò Frascati e, commosso più volte durante l’intervista, ci ha confidato che a Frascati fece le scuole a Mondragone nel 1946 e venne aiutato, per trovare il suo posto di lavoro, da Don Giuseppe Buttarelli che lo raccomandò a Pietro Micara. Tornava così spesso a Frascati che vi trovò anche moglie. Fu un dirigente, nei primi anni ’60, dell’A.S. Frascati Rugby.

Questo episodio, che sembra ripreso da una pellicola dei fratelli Taviani, invece è una storia vera ed una ulteriore dimostrazione di quanto ancora sarebbe possibile scoprire sui fatti accaduti durante la guerra, se solo ci fosse una maggiore disponibilità e non avversione o distacco, nei confronti di iniziative che intendono riportare alla luce vicende ed avvenimenti dell’importante, ed unico, passato di Frascati. Una città che merita un Museo dedicato, per raccontarli ed immaginarli, dove ammirare cimeli, documenti e foto e tramandare episodi di coraggio come questo ed altre storie ancora, per far conoscere, mantenere e tramandare quel trascorso storico esclusivo e degno di memoria, che solo Frascati possiede ed altri comuni, che invece un Museo lo hanno realizzato, non possono vantare! Riteniamo infine un dovere segnalare questo allora concittadino meritevole, a nostro avviso, quantomeno della cittadinanza onoraria. Il suo nome è: Ernesto Sciommeri.

 

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