Morto Umberto Lenzi, grande Maestro poliedrico del cinema

Pubblicato: Giovedì, 19 Ottobre 2017 - Fabrizio Giusti

ITALIA (cultura)– Tra i padri del ‘poliziottesco’, fu ospite a Rocca Priora nello storico Cinevento De Masi del 2007

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Umberto Lenzi è stato un grande regista, senza termini di dubbio. È morto oggi a 86 anni uno dei principali autori del cosiddetto ‘cinema di genere’ e ‘cult’ come Milano odia: la polizia non può sparare, Roma a mano armata e Napoli violenta. Capolavori senza ipocrisie degli anni settanta. Di violenza e di realismo senza grandi compromessi. Padre, dunque, dei grandi filoni criminali oggi tanto in voga.

Artisticamente e intimamente anarchico, vorace lettore, da giovane legge le ‘Tigri di Mompracem’ e si innamora della scrittura di Salgari. E’ l’inizio della sua immaginazione cinematografica e visiva, della sua idea di cinema, amata e celebrata anche da Quentin Tarantino.

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"Nella vita di provincia non c'erano molte occasioni: c'era chi andava al mare e chi pigramente passava le giornate al bar. Io preferivo il cinema". Lenzi era nato a Massa Marittima (Grosseto), nel 1931. Diplomato al centro sperimentale di cinematografia di Roma, aveva debuttato alla regia nel 1961 con il film di cappa e spada Le avventure di Mary Read. Conquistò la popolarità con il filone giallo-erotico all'italiana: Orgasmo, Così dolce, Paranoia. Poi cambia direttiva e in cinque anni è l’autore di Un posto ideale per uccidere, Sette orchidee macchiate di rosso, Il coltello di ghiaccio, Spasmo e Gatti rossi in un labirinto di vetro. Intuendo dove sta girando il gusto del pubblico in una società, quella degli anni settanta, in cui la cronaca ogni giorno è protagonista, si diresse verso il ‘poliziottesco’, un genere di cui è tra i padri e nel quale si affermerà con pellicole apprezzate con difficoltà dalla critica w premiate dagli incassi (oggi celebratissime) come Milano odia: la polizia non può sparare, con la parte protagonista di un enorme Tomas Milian (leggi), nel ruolo di Giulio Sacchi, criminale sadico che vuol fare carriera nel mondo della mala.

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Banditi, sparatorie, rapimenti, inseguimenti, violenza. Anche dura a pura. Con Tomas Milian nasce un sodalizio indovinato e fruttuoso per opere come Il trucido e lo sbirro e La banda del gobbo. Le origini de ‘Er Monnezza”. Lenzi, nel bravo lasso di pochi anni, passa quindi dal film bellico al "thriller dei quartieri alti", fino al racconto della delinquenza. All'inizio degli anni ottanta rivede nuovamente le sue posizioni creative. È il momento dell'horror, del cannibalesco. Dà vita a titoli ricchi di fama all’estero, più che in Italia, dove mano mano la sua statura viene riconsiderata e giustamente premiata. Si ritira dalle scene e si dedica alla scrittura di romanzi gialli che riscuotono un ottimo successo.

I Castelli Romani hanno avuto il piacere di premiarlo, quando nel 2007 a Rocca Priora si celebrò il primo Cinevento De Masi, una indimenticabile edizione che vide per protagonisti giganti come Franco De Gemini, Alessandro Alessandroni, Edda dell’Orso, Franco Micalizzi e Lamberto Bava.

Al giornalista Giuseppe Policelli, in una delle sue ultime interviste, ha detto: “Non ho nessun rimpianto. Ho avuto la fortuna di lavorare quando il regista era ancora il dominatore assoluto del set e sono ormai parecchi anni che la mia opera è stata ampiamente rivalutata, con gratificazioni non indifferenti. Ho avuto la possibilità di fare quello che volevo e l'ho fatto. A me va benissimo così".

Un Maestro assoluto, Lenzi, che ha lasciato tracce straordinarie nel suo percorso e che resteranno vive anche tre le nuove generazioni del cinema che dovranno confrontarsi con la sua arte per trovare la giusta sintesi tra qualità, quantità ed idee.

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