Coronavirus: vaccini, contagi e statistiche. Silvio Paone: "Non sappiamo ancora tutto"

Pubblicato: Lunedì, 13 Aprile 2020 - Silvia Martone

paone silvio ilmamilioCIAMPINO (attualità) - Parla il dottore di ricerca in malattie infettive

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Per avere un ulteriore aggiornamento sule ultime risultanze della ricerca scientifica abbiamo sentito nuovamente Silvio Paone, dottore di ricerca in malattie infettive e microbiologia ed editore insieme ad altri scienziati e ricercatori della pagina facebook Coronavirus – Dati e Analisi scientifiche, il punto di riferimento di molti su dati e fatti fondati scientificamente in materia di coronavirus.

A che punto è la ricerca sul vaccino?

Attualmente ci sono 35 aziende che stanno lavorando sul vaccino, si stanno facendo sperimentazioni in tempi molto accelerati rispetto ai protocolli standard e alcuni sono in sperimentazione chimica. Il problema dei vaccini è che bisogna avere un campione significativo sul quale sperimentarli per vedere se funzionano e poi c’è un problema anche di produzione perché dovranno coprire il fabbisogno mondiale. È difficile dire quando lo avremo di preciso, molti di coloro che ci stanno lavorando dicono entro un anno, un anno e mezzo. Ma dipenderà in larga parte da come andranno le sperimentazioni.

È ancora poco chiaro il computo dei contagiati, dei positivi e dei decessi. I numeri che ci danno giornalmente sono certi?

C’è un’enorme sottostima dei postivi sia per via della presenza di soggetti asintomatici, perché ad oggi le autorità sanitarie, seguendo le linee guida, effettuano tamponi solo ai sintomatici; sia per il sovraccarico del sistema sanitario in alcune Regioni, che non riescono a gestire tutti. Alcuni ricercatori stimano che il dato potrebbe essere tra le 5 e le 10 volte superiore quindi saremmo a 1 milione/ 1,5 milionie di persone positive; altri studiosi dicono che potrebbero essere fino a 5 milioni.

Anche il dato dei morti è sottostimato soprattutto nelle Regioni più colpite come la Lombardia dove c’è stato un sovraccarico del sistema sanitario e dunque alcune persone sono morte a casa e nessuno ha effettuato il tampone su di loro.

Vi sono due sistemi di registrazione dei decessi a livello nazionale, i cui dati si possono incrociare. Il primo è l’Istat che registra i dati dei morti per Comune, il secondo il Sismg, sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera. Questi ci danno un’idea della sottostima. Nella provincia di Brescia stando all’anagrafe dei comuni nel mese di marzo 2020 sono morte 3854 persone, ovvero 2800 in più rispetto alla media dei 4 anni precedenti. Essendo i morti con Covid rilevati 1350, ci sono 1500 morti non conteggiati e poiché sono morti sospette e non si individua altra causa di mortalità, con ampia probabilità quei 1500 morti in più sono da associare al coronavirus. Ovviamente calcoli più precisi tendenzialmente si potranno fare tra un po’, quando avremo un maggior numero di dati da analizzare. E potremmo stimare meglio la portata di questo fenomeno.

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Sta circolando la notizia in base alla quale l’OMS sembra avere dubbi sul fatto che il virus possa circolare nell’aria. Cosa si sa a riguardo?

Sulla questione della diffusione nell’aria del coronavirus, attualmente al centro del dibattito, c’è da dire che sono in atto numerose ricerche sul tema ed è necessario sottolineare che vista l’urgenza imposta dall’emergenza sanitaria le prime evidenze vengono mostrate in tempi rapidi su campioni non sempre rilevanti. Si tende a rilasciare quante più informazioni possibili. Sulla circolazione del virus nell’aria, alcuni studi mostrano che oltre che con le goccioline, il cosiddetto droplet, anche gli “aerosol” potrebbero rilasciare il virus nell’aria. A tal proposito l’ultima dichiarazione dell’OMS che risale al 26 marzo dice che la trasmissione per via aerea potrebbe essere possibile in circostanze specifiche come in terapia intensiva dove c’è un particolare sistema di ventilazione e dove viene operata una manipolazione delle vie aeree del paziente. Dunque vengono raccomandate misure di protezione particolari in questi ambienti medici e ospedalieri dove si generano degli aerosol. Ci sono molte ricerche in atto e talvolta danno risultati contrastanti anche per la difficoltà di rilevare un fenomeno come quello della presenza del virus nell’aria. In generale ci si sta indirizzando all’uso generalizzato delle mascherine ad uso protettivo rispetto agli altri. L’uso di mascherine chirurgiche da parte di tutti eviterebbe che gli asintomatici possano contagiare gli altri, perché appunto contengono la diffusione di goccioline e aerosol. Regioni come la Lombardia e la Toscana si stanno già muovendo in tale direzione. Resta il fatto che c’è penuria di mascherine ed in particolare di mascherine protettive come le FFP. Quelle, vanno assolutamente preservate per il personale sanitario.