Pesach: tradizione, narrazione, famiglia, comunità. Il lungo cammino per la libertà: la Pasqua ebraica

Pubblicato: Mercoledì, 08 Aprile 2020 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Oggi si celebra una delle più importanti feste dell’ebraismo

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Nella notte tra il 14 e il 15 del mese di Nissan (quest’anno l’8 aprile), inizia ‘Pesach’, una delle feste più importanti dell’ebraismo. Ricorda infatti la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù egiziana. Un rito di passaggio, quello del Mar Rosso, fondamentale per scoprire l’indipendenza e ottenere le Tavole della Legge.

Pesach è tradizione, narrazione, famiglia, testimonianza. L’esempio pratico e concreto, spirituale e profondo, di come si possa difendere una civiltà con l’educazione. I bambini, proprio per questo, sono i protagonisti della celebrazione che nel corso di tutti i suoi secoli ha sempre fecondato le generazioni di ebrei che a loro volta l'hanno assorbita e fatto propria in continuità. Un momento che parla del transito dalla di schiavitù alla liberazione e in cui l’insegnamento nei confronti di chi è destinato a proseguire il cammino ha un senso fondamentale.

Pesach inizia nella stagione in cui maturano i primi cereali in terra d’Israele.  Quando furono liberati dalla schiavitù, gli Ebrei lasciarono l’Egitto in tutta fretta, tanto da non avere il tempo di far lievitare il pane. Si fa uso, per questo, di pane azzimo (matzah), simbolo di privazione, ma anche di attesa, di ricordo della difficoltà  quando si era sottomessi. E’ il duro alimento che sostituisce il pane di tutti i giorni, simbolicamente il contrasto tra l’opulenza dell’antico Egitto, ovvero l’oppressore, e le miserie dello schiavo che però si accinge a trovare un’altra strada, la propria identità.

I giorni precedenti la festa di Pesach vengono rispettati alcuni riti, come la pulizia della casa per eliminare i piccoli residui di sostanze lievitate. La prima sera viene celebrato il Seder, cena nel corso della quale vengono rievocate, secondo un ordine prestabilito, le fasi dell’Esodo, rileggendo l’antico testo della Haggadah. Secondo la tradizione si consumano vino, azzime, erba amara. C’è l’invito ai bisognosi di partecipare alla cena, poi le tradizionali domande rivolte al padre di famiglia dal più piccolo dei commensali. Quesiti che consentono a tutti i presenti di spiegare, commentare l’esodo e la liberazione dall’Egitto, le schiavitù, il riscatto. “Perché questa notte è diversa da tutte le altre notti?”, si chiede. “Perché siamo stati schiavi del Faraone in Egitto, e D-o ci ha liberati”.

Il tema dei figli, della trasmissione dei valori, è tema centrale in Pesach. E’ attraverso questa tradizione, attraverso il “misero pane che i nostri padri mangiarono”, le domande, le letture, il suo commento,  che generazioni molteplici di ebrei sono giunte alla propria maturità conoscendo la storia, la propria identità, con grande radicamento.

Questo periodo è dunque una parentesi fondamentale e propizia, ove l’umiltà torna elemento cardine per la rinascita spirituale a cui ogni uomo è chiamato per migliorarsi nel suo stare al mondo e ritrovarsi.