Coronavirus - ‘Caro Diario, ti racconterò quanto sarà bello riabbracciare i miei compagni”. Cecchina, le riflessioni di Giorgia e di un’insegnante

Pubblicato: Martedì, 07 Aprile 2020 - redazione attualità

Caro Diario... | SCREPmagazineCECCHINA (attualità) -Le due testimonianze che si sposano tra attualità e storia di Giorgia Paolucci e di Paola Aiello

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"Caro diario, eccomi di nuovo qui, a raccontarti di me, delle mie emozioni, delle mie paure e dei miei stati d'animo. Scusami se ti sto trascurando e non ti scrivo tutte le sere, ma le mie giornate passano tutte uguali, tra alti e bassi, e, la sera, non ho niente di bello da dirti… purtroppo!”. Scrive così Giorgia Paolucci (foto sotto), alunna delle medie del'Istituto comprensivo della seconda C di Cecchina (Albano). La 12enne ha affidato i suoi pensieri alla scrittura, come fanno in tanti alla sua età, cercando di spiegarsi questo periodo storico inimmaginabile ed inaspettato, pieno di timori e di domande. “Ogni mattina – scrive - mi sveglio con la speranza che cambi qualcosa e che finisca questa brutta situazione, ma non succede niente: è come un brutto sogno che non finisce mai. Trascorro le mie giornate facendo compiti, stando al telefonino o guardando una serie in TV; le uniche ore che passo un po’ in allegria sono quelle durante le quali mi collego con i miei compagni nelle video-lezioni di scuola, oppure quando mi collego con la mia scuola di ballo “Officina di danza”, che, in questi giorni, ci è molto vicina e, facendoci ballare, ci permette di distrarci da tutti i pensieri”.

Poi si mette in relazione con il volto sconvolgente di una storia ben più terrificante di questa e che coinvolse una coetanea che ha commosso il mondo. “Sto rileggendo un libro: “Il diario di Anna Frank”, scritto da una ragazza di origine ebraica di tredici anni durante il periodo delle persecuzioni naziste. E' un documento commovente e drammatico, in cui Anna racconta le sue gioie, i suoi dolori e le sue speranze, come faccio io con te! Certo, la vita di Anna era molto più triste della mia! Lei vive in una soffitta, per sfuggire ai nazisti, per ben due anni e, con i suoi scritti, fa capire a chi legge il suo grande desiderio di libertà. Libertà mai più assaporata, visto che fu presa e portata nel grande campo di concentramento di Auschwitz, in cui si ammalò di tifo, morì e venne sepolta in una fossa comune, insieme ad altri cadaveri”. “I dolori e le speranze che Anna mi hanno scossa e, proprio adesso che c'è questo brutto mostro chiamato Coronavirus, mi hanno fatto tanto riflettere su quanta sofferenza ha provato. Una sofferenza più cruda della nostra, che stiamo in casa nostra, con tutti i nostri giochi, la tv, le nostre comodità e con internet, che ci permette di guardare e parlare anche con chi sta lontano da noi”.

La storia, l’attualità. Lezioni da imparare. Giorgia ne è consapevole. “E' vero che questo virus ci ha tolto la libertà, ma ci ha dato in cambio il tempo, quel tempo che avevamo dimenticato, perché troppo presi dai mille impegni e dalla vita frenetica di tutti i giorni. Questo periodo di quarantena ha restituito alla natura aria pulita, con meno smog e meno inquinamento, e sono sicura che, quando sarà tutto finito, saremo persone migliori e anche noi ragazzini di dodici anni sapremo dare il giusto valore alla vita!”.

Poi la studentessa si lancia in un auspicio al suo Diario, che almeno per un attimo diventa pubblico: “Sono sicura che le cose miglioreranno e riempirò le tue pagine di attimi di felicità. Ti racconterò di quanto sarà bello riabbracciare i miei nonni, i miei compagni e la mia cara amica Carlotta, che mi manca tanto”.

Ma non c’è solo Giorgia a raccontare, nell'Istituto di Cecchina. L’insegnante Paola Aiello ha affidato ad un ricordo personale le sue sensazioni, le sue riflessioni.

“Stamattina, mentre mamma sistemava alcuni oggetti nell’armadio della mia casa di Genzano - scrive - all’improvviso, dallo scaffale centrale, è comparsa la tenda bianca, a fiorellini arancioni, che fu confezionata da nonna Annarella nel 1983, per le finestre di quella che Valentina chiamava “la casina”, ossia del prefabbricato donato dai bergamaschi a noi, terremotati lionesi. Improvviso, il ricordo di attimi lontani. Il container che ci fu donato era bianco e azzurro, di forma rettangolare, con cucina, due stanze da letto e bagno. Era arredato in modo semplice ma fine. A noi, che eravamo bambine, sembrava una casetta accogliente e sicura, anche se umida in inverno e calda in estate. Era il rifugio, piccolo e sicuro, in cui sognare”. “Io mi affacciavo – ricorda - spesso dalle finestrelle che immettevano nella parte retrostante del “Villaggio Bergamo”, dove vi erano i containers giallo ocra, dalla forma irregolare”. Così i ricordi tornano a circolare, ritornano. Gli amici, una finestra che era un affacciarsi sul mondo, le luci dei lampioni, le giornate fredde, gli alberi, i campi, le persone che ‘davano l’impressione di una gelida fragilità’ - racconta Paola - come se un semplice colpo di vento o un urto potesse frantumarli di nuovo”.

“Anche oggi – dice - dopo trentasette anni, la tenda mi ha fatto provare lo stesso senso di labile stabilità provato da bambina ed il mio pensiero è andato subito a Bergamo, alla “città alpina d’Italia”, tanto distante dall’Irpinia, ma profondamente vicina. Non so se chiamarla casualità. Non so se è solo uno scherzo del fato. So di certo che, da stamattina, ho Bergamo nella mia testa. Ho quegli attimi passati molto vicini”.

Ricordare le difficoltà di ieri per capire i giorni di di oggi. Momenti che passeranno, anche con l'aiuto della speranza, dell'amicizia, della riflessione interiore e della vita che continua a fluire.