Coronavirus, D'Amato: "Faremo test a tutti i cittadini del Lazio"

Pubblicato: Mercoledì, 01 Aprile 2020 - redazione attualità

ROMA (salute) - L'assessore regionale alla Sanità in un'intervista rilascia al Corriere della Sera

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Stiamo lottando con un virus subdolo e meschino. La nostra arma contro il Covid-19 deve essere il test rapido a tappeto. È fondamentale. Per questo mi auguro che arrivi al più presto una validazione scientifica dalle sperimentazioni che stiamo eseguendo». L'augurio arriva direttamente dall'assessore alla regionale Sanità, Alessio D'Amato.

A condividere l'intervista rilasciata al Corriere della Sera sulla pagina Facebook "Salute Lazio" è lo stesso assessore D'Amato.

"Di quale dei test in via di sperimentazione parla? «Mi riferisco a quello che stanno testando lo Spallanzani e i medici di base sulla popolazione di Nerola e a quello che ha iniziato a sperimentare il Policlinico Tor Vergata».

Sono due test diversi? «Sì. Ma entrambi sul sangue e danno esiti rapidi. Cerchiamo di lavorare su più fronti per arrivare presto a una conclusione positiva».

Di quello che stava testando il Gemelli non si parla più. «Perché purtroppo non ha dato esiti scientifici validi. I medici del Policlinico hanno appurato che dava troppe false negatività».

Qualora uno di questi dovesse dare le risposte spera te cosa cambierebbe? «Su questo è chiaro come la penso. Come dimostrano i dati siamo la quarta regione d'Italia per numero di tamponi effettuati: oltre 33mila. Ma anche se volessi triplicare lo sforzo, con i tempi di lavorazione degli attuali tamponi (otto ore, ndr) impiegheremmo anni a testare tutta la popolazione».

Perché il suo intento è quello? «Certo, se il test rapido funziona, lo estendiamo a tutti i sei milioni di abitanti del Lazio».

I dati dicono che la Regione sta tenendo in quanto a contagi anche in queste che erano le settimane in cui era atteso il picco? «Il caso dei due cinesi a Roma a fine gennaio, i primi due malati di Covid-19 in Italia, ci ha dato un vantaggio di 40 giorni sulle altre regioni. Ci ha allertato e ci ha permesso di organizzarci e di non farci cogliere di sorpresa».

Si può ricondurre a questo il fatto che Roma stia resistendo e che sia una sorta di «piccola Corea»? «Su Roma abbiamo messo subito in atto una cintura di protezione. Abbiamo fatto scattare misure straordinarie. È la città più grande d'Italia, il cuore dello Stato e del paese e per noi contenere il virus in città era fondamentale. Era il nostro obiettivo massimo».

E oggi la sfida qual è? «La sfida ora si gioca tutta sul territorio. Dobbiamo puntare a una diagnosi precoce e ad un intervento mirato già dai primi sintomi. E soprattutto dobbiamo monitorare le 1.300 persone ancora in isolamento domiciliare». [...]