Papa Giovanni Paolo I, una folata di vento nel cuore dell’umanità

Pubblicato: Giovedì, 28 Settembre 2017 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - I 33 giorni di un Pontefice mai dimenticato

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Umiltà, speranza, carità. Un annuncio completo, improvvisamente e fatalmente spezzato. Il pontificato di Giovanni Paolo I fu solo un breve respiro nella storia della Chiesa. Breve, ma inteso e amato. Come il vento che viene ad alleviare la calura, la manciata di acqua che si getta sul viso accaldato.

Il suo 'governo' si aprì ufficialmente il 26 agosto 1978., dopo un Conclave veloce. Dal camino della Cappella Sistina uscì una fumata grigia, poi nera. Un nero pallido. Un equivoco, avvertito in seguito come un cattivo presagio. Un Papa per 33 giorni, come gli anni di Cristo. ''Più mostrato, che dato'', si scrisse. Non è stato così.

Luciani fu uomo del popolo, parroco fino all'ultimo, pontefice della fratellanza e della semplicità, aperto alla visione di una Chiesa più povera e al tempo stesso obbediente. Veniva da Forno di Canale, non lontano da Belluno. L’inizio della sua esistenza sembrava uscito da un romanzo del Verga: la fatica di vivere, la terra avara.

Albino nasce in una famiglia in cui l’emigrazione è di casa, così come il dolore. Prende il nome in onore di un amico del padre, morto sul posto di lavoro. Un'estrazione sociale povera ed operaia. Un'esistenza che viveva di radici e di latte durante la prima guerra mondiale, persino di elemosina. Un uomo di siffatte origini fu inevitabilmente in perenne contrasto con quella parte di clero sensibile agli affari e ai movimenti bancari, alla cosiddetta ''Loggia massonica'' che si diceva strisciasse dentro il grande palazzo del cinquecento in un periodo di forti contrasti politici (OP, la rivista diretta da Mino Pecorelli, ne fece un famoso articolo che impressionò molto gli ambienti vaticani), traffici di denaro, trame oscure. Ma Papa Luciani non era un ingenuo. “Io so che molti criticano il mio modo di essere papa -affermava -  Qualcuno mi ha definito un Papa insignificante, ma io l’ho sempre saputo. Posso essere una ciabatta rotta, ma è Dio che opera in me”.

Fu il primo Papa ad adottare il doppio nome in omaggio ai suoi due predecessori, ad abbandonare il plurale majestatis, il primo successore di Pietro che abolì l'incoronazione e la tiara e persino, secondo le cronache postume, ad essere censurato dall'Osservatore Romano, sulle cui pagine non furono pubblicati i suoi commenti possibilisti sull'uso degli anticoncezionali. Un uomo che vedeva in Dio una figura materna ancor più che paterna, suscitando scandali e polemiche tra i puristi della fede. Eppure quel Patriarca di Venezia senza insegne, poco incline all'esposizione,  battagliero, autorevole stando bassi, fervido di povertà, prete di montagna e vescovo di provincia, seppe conquistare Paolo VI, allor quando a San Marco quest'ultimo si tolse la stola papale e la mise sulle spalle del suo futuro successore quasi ad investirlo di un mandato più vasto.

Un Papa rivoluzionario nei gesti. Ebbe da subito con i fedeli un rapporto franco ed aperto, spiegando la sua elezione come mai era stato fatto prima, chiamando ''pericolo'' la possibilità di una sua proclamazione. Un pastore di anime, che in tempo cupo portò il suo sorriso accedendo una luce in una Chiesa che ai più pareva stanca e un po' frastornata dai cambiamenti sociali e dalla secolarizzazione in corso.

Con la sua umiltà, Giovanni Paolo I portò a sé bambini e famiglie, creando un dialogo diretto da parroco di una chiesa di paese. Vicino ai problemi della povertà e del terzo mondo, poco giorni prima di morire, cogliendo le parole di Paolo Vi e la sua Enciclica 'Popolorum Progressio', disse: '''La proprietà privata per nessuno è un diritto inalienabile ed assoluto. Nessuno ha la prerogativa di poter usare esclusivamente dei beni per il suo vantaggio oltre il bisogno quando ci sono quelli che muoiono per non avere niente. Sono parole gravi. Alla luce di queste parole non solo le nazioni, ma anche noi privati, specialmente noi di Chiesa, dobbiamo chiederci: "Abbiamo veramente compiuto il precetto di Gesù, che ha detto "ama il prossimo tuo come te stesso?".

 

 

Discorsi ancora attuali, che con Papa Francesco si sono rinnovati per carattere e forma.

Papa Luciani voleva cambiare l'istituto che governava. Non fece in tempo a farlo, stroncato, a nemmeno 66 anni, nella notte tra il 27 e il 28 settembre del 1978, da un malore a cui seguirono dubbi e perplessità, scaturiti sopratutto per il modo in cui la comunicazione del Vaticano gestì il drammatico evento, non eseguendo nemmeno l'autopsia sul cadavere. In un momento di profonda intimità, il Pontefice scrisse: ''Ti chiedo una Grazia, Signore: vorrei che tu mi fossi vicino nel momento in qui chiuderò gli occhi alla terra, vorrei che tu tenessi la mia mano nella tua come fa la mamma con il suo bambino nel momento del pericolo''.

Se ne andò da solo. Accade a tutti, dal principio dei tempi. Ma quel respiro breve è ancora tra gli uomini di buona volontà.


Commenti  

# Rag Omar Tavola 2017-09-29 10:40
Buongiorno sono Omar Tavola e sono oltre che essere il presidente di un centro culturale dedicato a papa luciani, sono anche un suo studioso, che conosce abbastanza bene la figura di papa Luciani, alcune cose scritte da voi supposizioni che servono solo a fare notizia, perchè invece se conosceste i 65 anni di vita di Albino Luciani non ne basterebbe uno di articolo.
Spero che l'anno 2018 anno del quarantesimo si possa parlare di albino luciani come uomo, prete, vicario generale diocesi belluno, rettore del seminario, insegnante, inventore dei cineforum, formatore di una classe politica dirigente buona non questa che abbiamo, vescovo a vittorio veneto, patriarca, segretario e vicepresidente cei, cardinale, partecipazione a congressi mondiali sull'ambiente, l'aiuto dato ai disabili, ai lavoratori in cassa integrazione, poi in ultimo papa
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