Un’altra America: Francis Scott Fitzgerald e la sua generazione perduta tra grandi sogni e crolli inesorabili

Pubblicato: Domenica, 24 Settembre 2017 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Il 24 Settembre 1896 nasce lo scrittore del Grande Gatsby

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La notte. L’anima. Il declino. Una vita piena, vissuta, entusiasta, sofferta. Francis Scott Fitzgerald (Saint Paul, 24 settembre 1896 – Los Angeles, 21 dicembre 1940) è stato lo scrittore del fascino delle cose che se ne vanno e dell’inutilità della ricchezza di fronte alla parabola dell’esistenza e delle dinamiche economiche.

Autore differente, ha raccontato le trasformazioni dell’America prima del collasso di Wall Street nel 1929 lasciandoci una testimonianza che ha consegnato alla letteratura una cornice del costume autentico e disperato di una generazione lanciata verso il fallimento, il divertimento, lo stato di ebbrezza.

Fitzgerald, di quell’epoca, fu un simbolo. Prima il successo, i cosiddetti 'Anni Ruggenti', poi il Charleston, il Jazz, le donne. Infine la discesa, la morte. Un interprete e un narratore eccellente di quel decennio che contemplò il ‘sogno americano’ dal 1919 al 1929, dall’uscita dal primo conflitto mondiale al  boom economico, fino all’incremento industriale, all’emergere di una nuova libertà dei costumi, alla sbornia collettiva, l’emancipazione delle donne, la fine di un certo puritanesimo.

Cresciuto in una famiglia della grande borghesia, Fitzgerald assistette al fallimento professionale di suo padre. La madre, invece, era una ‘scorretta’ che lo spronava ad evitare le costrizioni sociali. Già da ragazzo inizia a bere, frequenta i Club. Nel 1917 conobbe Zelda Sayre, con la quale si sposò nel 1920 quando aveva soltanto diciotto anni. Il successo del suo primo romanzo, Di qua dal Paradiso (1920), unico testo in cui non esiste un confronto tra due personaggi come nel resto della sua produzione letteraria, gli fece scoprire la celebrità. ‘Vi era una nuova generazione – scrisse - che lanciava le antiche grida… destinata a finir per uscire in quello sporco tumulto grigio per seguire l'amore e l'orgoglio; una nuova generazione dedita più della prima alla paura della povertà e all'adorazione del successo; cresciuta per accorgersi che tutti gli dei erano morti, tutte le guerre combattute, tutte le fedi umane scosse...Non c'era Dio nel suo cuore, lo sapeva, le sue idee erano ancora in tumulto, c'era sempre il dolore del ricordo; il rimpianto per la gioventù...perduta, eppure...non avrebbe saputo dire perché la battaglia valeva la pena di essere combattuta… Tese le braccia al cielo cristallino, splendente. "Conosco me stesso" esclamò "ma nient'altro’.

Il protagonista, Amory Blaine, è un giovane nato nel 1896, lo stesso anno dello scrittore, in una famiglia medio-borghese. La storia, piuttosto autobiografica, è concentrata sulla formazione del giovane, cosciente delle sue capacità e del suo fascino in chiave egoistica. Con il passare del tempo e le storie d’amore che vive egli è costretto confrontarsi con i fallimenti dei suoi sogni, che culminano allo scoppio della prima guerra mondiale, quando viene inviato al fronte. Tornando a casa, si rende conto che la giovinezza è finita, smarrita. Si dedica alla scoperta della'unica conoscenza possibile: quella interiore.

New York, Parigi, l’Italia. La coppia Fitzgerald, fino a quando è tale, conquista le cronache mondane. Sono stravaganti, fuori dei canoni. Ma le cose cambiano. L’alcol e il corto circuito emotivo del suo matrimonio, le difficoltà crescenti nello scrivere, portano l’autore a un inciampo sempre più condizionato da cose materiali che ne esauriranno l’esistenza. Nel 1930 Zelda fu internata per schizofrenia a Zurigo. Nel 1937, Fitzgerald accettò un contratto da Hollywood, dove si stabilì con la sua nuova compagna: Sheilah Graham. Morì di una crisi cardiaca nel 1940. Zelda scomparirà otto anni dopo, nell'incendio di una clinica psichiatrica ove era ricoverata.

Una parabola triste, che nasconde in sé altre letture, ma che non compromette l’opera di un uomo che fece del libertinaggio, della notorietà, delle feste a base di alcool e di jazz, solo una proiezione della sua anima irrequieta. Fu un’icona delle atmosfere che maturavano sintomi e decadenze all'alba del tragico 1929, con il crollo della Borsa di Wall Street e la fine completa di una breve storia americana.

La sua era una generazione che voleva dimenticare il passato e la guerra. Una Lost Generation (Generazione perduta) alla quale lo scrittore americano appartenne coerentemente.

Sfuggendo un po' alle cronache, è negli anni parigini, quando ancora Zelda è con lui, che Fitzgerald scrisse ‘Il Grande Gatsby’, pubblicato nell’aprile del 1925. Un libro profetico ove si fece strada l'immagine della fine del 'Grande Sogno'. Un'immaginazione, la sua, che solo nel secondo dopoguerra gli verrà riconosciuta nel merito di aver saputo raccontare raccontare le contraddizioni degli anni dieci del Novecento.

Jay Gatsby è un uomo elegante, ricco, per nulla sobrio. Ama parlare di sé, ma è misterioso, organizza feste a cui non partecipa. Ma in realtà è un romantico, un sentimentale, giunto in città solo per amare Daisy, una donna che lo aveva respinto precedentemente perché povero. L’apparenza della sua esistenza muore mentre rincorre un amore infelice. E’ un libro formidabile, che racconta un’epoca mancante di affetti in cui è evidente il crollo del miti, il peccato, ma sopratutto la solitudine, l’incomunicabilità, l'indifferenza.

In Fitzgerald vive la decomposizione dei valori occidentali e la crisi della società economica che riempie la sua quotidianità. Egli denunciava una nevrosi sociale, un declino, la lotta sociale, la fine di una società che andava alla continua ricerca di nuove esperienze, un po' come il Faust di Goethe, nella consapevolezza che stava sempre più affermandosi il primato della plutocrazia, dei gruppi finanziari. Un autore che visse nell’orbita di pochi meravigliosi romanzi e dei suoi racconti incentrati sulla giovinezza, la disperazione, il disagio generazionale. Giocando un pò con la storia fu un po' James Dean, un po' Ezra Pound, un po' Jack Kerouac. Prima di loro, o contemporanei a loro, la sua scrittura già esisteva. Quell'America, distrutta e dimenticata, foriera in seguito di film, leggende o miti, è comunque dietro l’angolo con la sua ombra ogni qual volta si è a pochi metri dal baratro morale o economico.

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