STORIE - "Alle sette mi alzo e vado a Ciampino", scrisse Pasolini

Pubblicato: Giovedì, 06 Febbraio 2020 - Giulia Bertotto

pasolini pierpaolo ilmamilioCIAMPINO (storie) - Lo stretto legame tra la città aeroportuale e lo scrittore e poeta

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Impresa difficile parlare di una personalità così complessa, di una persona così inquieta, di un artista così completo eppure sfuggente. Una personalità, quella di Pier Paolo Pasolini, che non resta avvolta nelle definizioni delle enciclopedie. Visione profondissima, drammatica e lucida della società, capace di intercettare e perfino prevedere le angosce del caos del Novecento, della crisi dei valori, del nichilismo consumistico.

La sua lente sociologica e politica rovistava nelle borgate, nel sottoproletariato, ammirando l'ingegno, l'onestà, ma anche denunciando la crudeltà e il degrado delle periferie.

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Oltre al giornalismo e all'attivismo politico ha attraversato ogni forma d’arte: poesia, regia, scrittura di romanzi, sceneggiatura, il cinema sperimentale nel film di montaggio “La rabbia”. Più volte tacciato di scandalo, come per il film “Teorema”, il quale per mezzo della sessualità, raccontava i vizi della borghesia, cioè del soggetto umano insoddisfatto, individualista, privo di una pulsione per la collettività. E “Salò”, gironi di un inferno esteriore di quelli che forse Pasolini viveva nella sua insondabile interiorità. L'autointervista “Il sesso come metafora del potere”, resta una celebre testimonianza, al corriere della sera 25 Marzo 1975, pochi mesi prima che venisse ritrovato cadavere a novembre dello stesso anno, con la cassa toracica fracassata.

Una morte misteriosa, cruenta, che ha messo in campo ipotesi e versioni dagli incontri erotici con i giovani che frequentava, ai complotti politici. Il sesso è sempre stato uno dei tabù paradossalmente più ostentati in Italia, di cui questo intellettuale, sia privatamente che con la sua arte, si faceva catalizzatore.

Figura appassionatamente legata al marxismo e al principio di un rovesciamento sociale che non implicasse più la dialettica tra sfruttati e sfruttatori, non si ghettizzò mai in una forma politica senza valutare le altre, ben consapevole che una fazione non possa mai esprimere a pieno la complessità sociale. Nella sua raccolta del 1993 scrisse anche un brano dal titolo “Come sono diventato marxista” concludeva “(...) fu così che io seppi ch'erano braccianti, e che dunque c'erano i padroni. Fui dalla parte dei braccianti e lessi Marx”.

Emblematico per capire il calibro di questo autentico “libero pensatore”, almeno nel limite di un contesto storico e sociale in cui un essere umano possa esserlo, è la vicenda degli scontri tra poliziotti e manifestanti in un febbrile 1968, occasione in cui scrisse rivolgendosi a coloro che protestavano: “Quando ieri a valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti. Perché i poliziotti sono figli di poveri. Provengono da subtopie, contadine o urbane che siano”. Interpretazione ancora oggi discussa del testo poetico ma che in queste parole lascia poco spazio a fraintendimenti.



Insegnò a Ciampino, 1951 al 1953, nella scuola media paritaria Francesco Petrarca in via Principessa Pignatelli. Ebbe tra i suoi studenti anche Vincenzo Cerami, futuro co-sceneggiatore de “La vita è bella”, premio Oscar con Benigni. Fino a che venne alle stampe il suo “Ragazzi di vita” nel 1954. A quel tempo l’unica scuola media di Ciampino e Pasolini dedicò la sua audacia, capacità critica e il suo sapere nell’educazione dei ragazzi. Una pedagogia anticonformista ma non provocatoria. Una capacità di vedere nei suoi allievi potenzialità, turbamenti e inclinazioni.

Nel 2015 venne dedicato dal Comune un archivio nella biblioteca di Ciampino e una targa in sua memoria nell'ottobre del 2019.

“Alle sette mi alzo e vado a Ciampino” scriveva Pasolini i suoi primi anni nella provincia romana.

Foto tratta centro studi Pier Paolo Pasolini Casarsa delle Delizie