VIDEO - Lo straordinario monologo per le donne di Rula Jebreal al Festival di Sanremo

Pubblicato: Mercoledì, 05 Febbraio 2020 - redazione attualità

ROMA (attualità) - "Mai più donne vittime. Lasciateci essere quello che siamo"

ilmamilio.it

Grande emozione ieri sera nella prima serata del 70° Festival di Sanremo per il monologo contro la violenza sulle donne che Rula Jebreal ha portato sul palco con commozione partendo dalla sua esperienza personale. Un monologo che ha alternato le sue riflessioni alle citazioni di importanti canzoni sulle donne. "Tutte scritte da uomini".

"Domani chiedetevi come erano vestite le conduttrici di Sanremo ma non chiedete mai più come era vestita ad una donna che è stata stuprata. Mia madre non ha avuto la forza di affrontare quella domanda", ha detto. Da 'La Cura' di Battiato a 'La donna cannone' di De Gregori, da 'Sally' di Vasco Rossi fino a 'C'è tempo' di Fossati: queste le citazioni della giornalista, che ha iniziato citando un campionario di odiose domande rivolte alle vittime nei processi per stupro. Poi ha raccontato: "Sono cresciuta in un orfanotrofio", "ci raccontavano delle nostre madri spesso stuprate, torturate e uccise". Cita i "numeri terribili" della strage della violenza sulle donne in Italia. "Ogni tre giorni viene uccisa una donna, solo la scorsa settimana sei".

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"Mia madre ha perso il suo ultimo treno quando io avevo 5 anni, si è suicidata dandosi fuoco, perché il suo corpo era qualcosa di cui voleva liberarsi. Era stata brutalizzata e stuprata due volte: una prima volta da un uomo a tredici anni, la seconda da un sistema che non le ha permesso di denunciare". Poi ricorda lo stupro di Franca Rame e si è rivolta agli uomini: "Lasciateci essere quello che vogliamo essere: madri di dieci figli o di nessuno. E indignatevi insieme a noi quando qualcuno ci chiede: 'lei cosa ha fatto per meritare quello che ha vissuto?'". L'invito è a "cercare le parole giuste".

L'Ariston si alzato in piedi per una delle pagine di denuncia e sensibilizzazione più belle mai viste. La Jebreal ha dedicato il suo monologo alla figlia seduta in platea.