Amedeo Modigliani, la poesia dell’arte e il dovere di salvare i sogni

Pubblicato: Venerdì, 24 Gennaio 2020 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - 24 gennaio 1920: muore a Parigi un artista unico

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Un gigante dell'arte, unico nel suo genere, che è riuscito a mettere insieme la tradizione italiana, l’innovazione attraverso lo stile personale, l’apertura verso il mondo culturale europeo.

Amedeo Modigliani  (Livorno, 12 luglio 1884 – Parigi, 24 gennaio 1920) fu un uomo d’avanguardia, un protagonista del suo tempo che seppe conservare la sua coerenza in un messaggio stabile che è riuscito a conquistarsi, tra enormi difficoltà, soprattutto dopo la sua prematura scomparsa, uno spazio d’arte eterno.

Livornese, sregolato, ‘maledetto’. Modigliani dipinse in tutto quattro paesaggi ed è diventato famoso per i suoi colli allungati, le bocche increspate, i nasi storti, le sue figure riconoscibili, l’aria stilizzata, l’espressione meravigliosa di un’invenzione che attraversava i corpi. Quindi i grandi occhi vitrei, a mandorla, un modo per rappresentare l’introspezione dei suoi modelli,  per guardarsi dentro. La tradizione con un segno nuovo: questo era.

Un ribelle e un genio, nato nel 1884 da famiglia ebrea di modeste possibilità. Si narra che la madre lo concepì con gli esattori delle tasse in casa. Siccome era vietato portar via ciò che era sul letto di una partoriente, l’artista sarebbe venuto alla luce, secondo questa vicenda, in mezzo agli oggetti ammucchiate sul materasso.

Spiantato, malfermo, Modigliani è entrato nella storia del mondo per i suoi ritratti: incredibili, realizzati spesso in due sedute, in cui rimaneva incastonata l’anima di chi aveva posato per lui. Donne, soprattutto, che diventavano bellissime, creature divine, iconiche. Figure solitarie in cui era inteso, nella sua massima raffinatezza, l’incontro con l’altro.  Si appassionò anche alla scultura, avvicinandosi alla cosiddetta 'arte nera', ma dovette abbandonare l'impegno perché incompatibile con la sua malattia ai polmoni. 

Nel 1917 riuscì a mettere insieme la sua prima personale. Un aneddoto afferma che il Capo della Polizia entrò, vide le opere e chiuse la Galleria perché scandalizzato dall'immoralità dei nudi in vetrina. Tuttavia la sua pittura apparve subito diversa da tutto ciò che si faceva allora. 

Le sue difficoltà economiche gli andarono appresso per lungo tempo, fino a vendere ai turisti della costa azzurra i suoi quadri. Ma Modigliani non era scoraggiato dalla fatica del vivere. Era nato nella Livorno a ridosso del porto commerciale, in un contesto famigliare di venditori di legno e carbone. A 14 anni si era avvicinato alla pittura. Era stato allievo di Giovanni Fattori, secondo molti il più grande dei ‘Macchiaioli’, ovvero l’esperienza artistica più importante dell’800: l’umile senso del vero, la sapienza tecnica del colore, la natura, i piccoli episodi di vita quotidiana. E lui, Amedeo, all’inizio questi angoli se li era andati a ricercare vedendo contadini e bovi, la verità. Ma quella vita gli sembrava troppo stretta per la sua ambizione.

Così andò via.

VITA D’ARTISTA - Modigliani frequenta a Firenze la scuola di nudo di Fattori, poi parte per Parigi, che al tempo significava tante attrazioni: l’avanguardia, il fermento delle idee, l’arte moderna, l’addio al passato, un altro senso dell’esistenza. Una città in cui spiccano gli artisti nuovi e vecchi: Picasso, gli impressionisti con colore e della luce, la spontanea visione della realtà, Matisse che scandalizzava.

Amedeo si insedia a Montmartre, patria degli artisti ribelli a squattrinati. Gira, cerca. Trova, in alcuni casi. L’umanità che lo circonda è come lui. Si mescola alla folla dei mercati. Matura qui il suo mondo poetico: portinaie, prostitute, donne a cui dona un’identità.

Senza soldi. Un feltro nero. Una sciarpa di velluto, i lapis, la cartella da disegno. Modigliani, dentro a quel periodo, in tanti lo conoscono così: da Pablo Picasso a Diego Rivera, da Max Jacob a Jean Cocteau fino la comunità degli artisti italiani.

Esercita la sua arte in studi collettivi, ma in solitudine e ignorato. Non c’era pietà, in quella vita, per un un ‘esule’ così particolare. A Livorno, invece, ritornava d’estate. Nei cento anni della sua nascita, nel 1984, in piene celebrazioni, da un fosso della città sbucarono tre teste. Uno scherzo strepitoso di tre studenti. Burla tutta toscana che smascherò un certo tipo di critica che abboccò incredibilmente alla provocazione.

Modigliani e la sua ‘vita spericolata’. Se n’è parlato e se ne parla ancora. Un punk prima dei tempo, un beat, un hippy. Tante etichette. Prima di tutto questo, però, c’era la 'Boheme' e gli anni in cui a Parigi dove si stava realizzando un capitolo della storia dell’arte, in un caos di anime e di pennelli tra i più fecondi.

Leopold Zborowski, poeta polacco, aiutò l'artista toscano. Gli offrì una stanza della sua casa e una piccola somma in cambio della sua produzione. Fu suo grande amico, organizzò per lui diverse esposizioni. Così Modì si fece conoscere. Poi arrivò nella sua vita Jeanne Hébuterne: amore, musa, donna della sua vita, pittrice, figura minuta, pelle chiara, carattere forte, la grande passione degli ultimi anni. Con lei, l’artista raggiunse la perfezione, secondo i critici, ed ebbe una figlia.

Gino Severini, in ‘Vita di un pittore’, scrisse: “Un bel dopopranzo nel principio di autunno 1919 sedevo con mia moglie alla terrazza della Closerie des Lilas quando al largo di quel carrefour, e diretto verso il boulevard Montparnasse, vedemmo passare Modigliani. Lo chiamai e venne subito da noi, ma non volle sedersi perché aveva un appuntamento lì vicino. Ci scambiammo le ultime notizie personali e io mi rallegrai molto con lui dell'aria di prosperità e di salute che aveva. Era vestito di un completo di velluto grigio chiaro a righe, quasi nuovo; aveva un bellissimo foulard al collo, e si era fatto rimettere due denti incisivi che gli mancavano. “Si vede che sei sposato”, gli dissi “e che Noix de coco" non ti lascia andare trasandato: sei contento?»; "Sono molto contento”, mi disse serio serio, "e anche gli affari vanno". Ci stringemmo la mano, partì. Fu l'ultimo nostro incontro."

Nel gennaio del 1920 l’artista si ammalò di una meningite tubercolare che lo portò alla morte. Il suo carro funebre ricoperto di fiori, attorniato da pittori, scultori, poeti e modelle, sfilò in un omaggio riservato a pochi. Montparnasse e Montmartre, i suoi quartieri, lo andarono a trovare.

“Agli incroci gli agenti di polizia si mettevano sull'attenti e facevano il saluto militare. Modigliani omaggiato da chi l'aveva strapazzato. Che rivincita!", testimoniò Andrè Warnod. "Quando morì, Modigliani era tutt'altro che sconosciuto - ha scritto Jacques Lipchtiz - Parigi era piena di gente strana e sconcertante, molti dotati di talento e alcuni di genio, ma egli eccelse sempre su tutti. E tra noi la sua fama di pittore si era affermata".

La sua compagna Jeanne andò incontro alla morte pur di restargli al fianco, lanciandosi dalla finestra.

La storia della pittura mondiale, senza Modigliani, sarebbe più povera. 

Accendere i colori e la vita. Con l’arte. Solo con l’arte. La propria arte. Questo fu il suo scopo. Per salvare i sogni che sono nascosti in ogni uomo. “La vita è un dono, dei pochi ai molti, di coloro che sanno e che hanno - – scrisse in una dedica sul ritratto della modella Lunia Czechowska - a coloro che non sanno e che non hanno”.