Castelli Romani tra ipotesi di discariche, antenne, nuova edilizia e altro. Ma nella ‘città albana’ è nata la civiltà latina: ecco perché va rispettata

Pubblicato: Giovedì, 19 Dicembre 2019 - Fabrizio Giusti

Dai siti di Falcognana e Roncigliano, fino alle antenne di Monte Cavo  e alle lotte contro l'edilizia a Santa Palomba: la mancata valorizzazione dei siti archeologici: un patrimonio di valorizzare per rilanciare l'intero territorio

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I tempi moderni sono quelli che sono. Così i Castelli Romani ormai sono finiti al centro di una grande disputa, con tanto di contestazioni da parte delle popolazioni locali, sulla possibilità che questi luoghi possano ospitare potenzialmente delle discariche dell’emergenza rifiuti della Capitale, siti di trasferenza per camion di immondizia, o anche essere oggetto di diffusione di antenne per la telefonia di nuova generazione o per la comunicazione. Quello dei rifiuti, sopratutto, è un problema che ciclicamente riappare, a ogni urgenza della Capitale, e minaccia costantemente i territori.

Eppure i Colli Albani, nella loro interezza, dovrebbero essere rispettati, esattamente come si rispetta un luogo sacro, perché la civiltà latina è nata qui, come qui sono natele sue leggende, come ad esempio quella di Alba Longa, che ha dato natali, secondo la tradizione, a Romolo e Remo. Quella Alba Longa oggi individuata a Rocca di Papa, in località Prato Fabio, e che è solo uno dei vincoli di una grande documentazione archeologica che ha attestato il prestigio degli Albani tra i popoli del Lazio antico.

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La città albana dovrebbe essere protetta come Pompei (per citare un sito universalmente conosciuto), una Pompei diffusa e sparsa, ma di grande valore. Un valore purtroppo non pienamente colto, spesso abbandonato, depotenziato, sconosciuto, privo di flussi turistici organizzati con sistema e una visione d’insieme. Colpa della politica? Sicuramente, ma non solo. Edilizia ed altri scopi affini hanno infatti divorato e occupato il dibattito. Un problema che ha riguardato le singole amministrazioni, incapaci di scommettere sul volano della storia, della cultura, del turismo e del preesistente per buttarsi in ambiti di sviluppo che non hanno dato quasi nulla alle comunità in termini di ritorni economici e occupazione. Quelle stesse comunità che oggi chiedono legittimamente di non non essere offese in luoghi dove la crisi commerciali e dei centri storici, ad esempio, rischiano di minare definitivamente la vita sociale, ovvero l’essenza stessa della convivenza dei piccoli e medi centri. 

In antichità, dentro i Colli Albani, la capillare distribuzione delle antiche curie gentilizie a partire dall’VIII sec. a.C. e i loro progressivi livelli d’integrazione, hanno dato vita ad una civiltà straordinaria. Qui sono nate, per la prima volta nel Lazio, istituzioni, magistrature e culti che saranno fondamentali nel mondo romano. E poi il culto comunitario sul Monte Albano, rivolto a divinità primitive e precedenti a Giove Laziale, ove nasce un sistema politico religioso di tipo pre-federale che progressivamente godrà di sovrapposizioni ed assimilazioni che resero queste terre un punto di riferimento imprescindibile. Dal VII – VI sec. a.C., e poi nel corso dei secoli successivi, l’attività politico – religiosa di tutti i popoli del cosidetto ‘Latium Vetus’ si incentrò sui Colli Albani: le divinità venerata sul Monte Albano, Giove, le feste latine. Solo per citare segmenti conosciuti. 

Parallelamente a questo scenario, le curie gentilizie romane si distribuirono sui loro colli. Il confronto, attraverso la sovrapposizione cartografica, tra l’area occupata dalle curie romane e quella delle curie albane, rende perfettamente l’idea della vastità territoriale di questi ultimi nel cuore del Lazio antico: il loro consistente sviluppo demografico, che darà luogo alla nascita di cinque città di grande importanza - Labico (Colonna), Lanuvio, Tuscolo, Ariccia, Velletri - e testimonia la potenza degli Albani in età protostorica. Tuttavia fu proprio l’esito di questa divisione la causa del ridimensionamento nei confronti di Roma, che nel frattempo cresceva. Le curie gentilizie romane, infatti, si strinsero attorno al Palatino, favorendo la nascita di una sola città.

Bisogna tener conto, comunque, della somiglianza tra la distribuzione territoriale delle antichissime curie gentilizie albane e la moderna dislocazione dei paesi dei Castelli Romani. Un’analogia che si riscontra, purtroppo, anche nell’abitudine di dividersi e di racchiudersi in modo ‘insulare’, affrontando i problemi generali con vizi di confine e di campanile. Per questo, esattamente come in età protostorica, i castellani non hanno mai avuto la percezione profonda delle potenzialità del proprio territorio. I Colli Albani nel loro insieme, con oltre 300mila abitanti, sono tra le prime dieci 'città' italiane. Eppure si agisce quasi sempre per compartimenti stagni, anche di fronte ai pericoli di tutti. In occasione delle recenti problematiche legate all’individuazione come siti di discarica di Falcognana o Roncigliano si è avuto un risveglio, così come per l’incredibile possibilità (vera o presunta tale non ha importanza) che si potesse fare un sito di trasferenza Ama su Monte Cavo, a Rocca di Papa, a un passo dal bosco sacro e dalla Sacra Via cara ai popoli latini. Tutto ciò semplifica l’idea di quanto sia considerato questo territorio e di quanto non abbia saputo tutelarsi negli ultimi decenni, rischiando di essere trattato come uno ‘scarto’. 

La sfida è proprio quella: ripartire dalla cultura e dalla storia per riappropriarsi del destino. Un percorso dentro ai millenni - compreso un importante medioevo e il lascito del Grand Tour -  e che ha il dovere di essere riscoperto, tutelato, valorizzato, potenziato, messo nelle condizioni di essere addirittura di carattere internazionale affinché a nessuno venga più in mente di interpretare questa area come luogo adatto per gettarci l'immondizia di una metropoli, piantare altri tralicci (più di quanti già ce ne sono, con un’offesa vergognosa), oppure puntare queste zone per i soliti progetti di espansione edilizia.

(Mappa: Osservatorio Colli Albani per l’Archeologia e l’Ambiente)

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