Elsa Morante, l’importanza della bellezza nella parola scritta

Pubblicato: Lunedì, 25 Novembre 2019 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Il 25 novembre del 1985 muore a Roma la scrittrice de ‘L’isola di Arturo’

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A Elsa Morante (Roma, 18 agosto 1912 – Roma, 25 novembre 1985) piaceva definirsi ‘uno scrittore’. L’uso del sostantivo maschile a descrizione della sua professione, aveva una sua condizione precisa. A chi la criticava per questo aspetto - affermano le cronache - rispondeva: “Il concetto generico di scrittrici come di una categoria a parte, risente ancora della società degli harem”.

La Morante è stata, per considerazione internazionale e riconoscimenti, tra le più importanti narratrici del secondo dopoguerra del Novecento e la prima donna a essere insignita del 'Premio Strega', nel 1957, con il suo straordinario 'L'isola di Arturo'.

Nata a Roma nel 1912, dimostrò fin da giovanissima la sua attitudine naturale alla scrittura, cominciando a comporre fiabe e racconti che, negli anni successivi, avrebbero fatto la loro comparsa su 'Il Corriere dei piccoli', il 'Meridiano di Roma' e 'Oggi'. Lasciò la casa materna non appena compiuta la giovane età, allontanandosi da una situazione familiare molto particolare. Elsa e i suoi fratelli minori, infatti, erano figli di un’insegnante di religione ebraica, Irma, e di Francesco Lo Monaco, tutti riconosciuti dal marito di lei, Augusto Morante, ma tutti nati fuori del matrimonio. Una condizione singolare, questa, che ispirò anche parte della sua opera.

La Morante era una donna di carattere: sbalzi d’umore, piglio da guerriera, il mondo suddiviso spesso tra buoni e cattivi. Una intransigente, secondo le testimonianze, non solo verso gli altri ma anche nei confronti di se stessa. La sua scrittura era invasa dalla sua personalità femminile. Una letteratura che ardiva a diventare forma assoluta grazie alla forza della parola. Un modo di elaborare le storie, il suo, che voleva in fondo invadere il mondo, le coscienze, le persone nella loro totalità.

Prima di evolvere questo pensiero, costruì il suo percorso grazie ad una serie di incontri e frequentazioni che aiutarono la sua consapevolezza. Negli anni ’30 incontrò Alberto Moravia, già affermato grazie al romanzo 'Gli Indifferenti' (1929). Si sposarono nell’aprile del 1941. Nel 1943, nel periodo più tetro della seconda guerra mondiale, i due si rifugiarono a Fondi, nella provincia di Latina. Questo ispirò a Moravia 'La ciociara', mentre la Morante era alle prese con quello che sarebbe diventato il suo primo romanzo, 'Menzogna e sortilegio' (inizialmente ‘Storia di mia nonna’), con il quale vinse il Premio Viareggio condividendolo con Aldo Palazzechi. Un uomo sicuramente importante, Moravia, ma che non influì probabilmente sulla sua formazione di pensatrice delle storie umane. La Morante fu infatti protagonista della società letteraria romana a suo modo, intrecciando rapporti talvolta duri e polemici con i suoi interlocutori ed amici. Bruciò la sua scrittura nella ricerca di qualcosa di totale ed assoluto, nell’impossibile e nelle contraddizioni dell’esistenza, dell’infanzia e dell’adolescenza, perlustrando l’inganno, i sentieri complicati ed indecifrabili dell’animo umano.

Elsa ebbe anche interesse per il cinema, grazie all'amicizia con Pier Paolo Pasolini. Fece anche un'apparizione nel ruolo di una detenuta nel film 'Accattone' e fu accanto al regista e poeta friulano nella lavorazione de Il 'Vangelo secondo Matteo' e 'Medea'.

Poi arrivò il tempo de ‘L’isola di Arturo’, la passione per Procida, la rappresentazione del mondo adolescenziale, il racconto del protagonista che scopre se stesso nelle contraddizioni del mondo, ma anche la bellezza.

Ambientato intorno al 1938, Arturo è nato sull'isola di Procida e vive lì tutta l'infanzia e l'adolescenza. Qui c’è tutto il suo mondo fantastico. Passa il suo tempo nella ’casa dei guaglioni’ a studiare l'atlante per progettare i suoi viaggi futuri e a fantasticare sulla figura del padre che crede un grande eroe. Un ambito in cui tutto è straordinario che ad un certo punto cambia verso.

La stessa Morante, descrivendo Arturo, dirà: “E’ la storia di un ragazzo che scopre le cose grandi belle e brutte della vita. Vede le cose per la prima volta e non ha esperienza del bene e del male. Tutto quello che gli cade sotto gli occhi è di una particolare bellezza”. L’Isola di Arturo è un testo che nonostante gli anni che passano mantiene la sua inalterata nitidezza, il suo universo nutrito di fantasie, sogni e misteri tali da far pensare a un racconto avventuroso. Questo perché Arturo immagina la sua vita sull’isola piena di eroi ed imprese, tra toni di irreale e di fiabesco. Ma poi oltre Procida c’è il mare, l’orizzonte oltre il quale esiste uno scenario sconosciuto, la maturità. Così Arturo, che deve lasciare la sua isola, ha bisogno di tutto il suo coraggio, della verità che verrà svelata togliendo l’immaginazione del mito che ha edificato sul padre.

Dopo la vittoria nel Premio Strega, gli anni successivi per la Morante sono contraddistinti dai molti che la portano in Cina, India, Stati Uniti e Brasile. Nel 1961 si separa definitivamente dal marito, Alberto Moravia.

Lentamente, tra un’esperienza e l’altra, si avvicina il tempo de ‘La storia’, dove la Morante tenta il romanzo popolare con la rappresentazione delle persone umili schiacciate dalla quotidianità. E’ un grande romanzo corale ambientato a Roma durante la seconda guerra mondiale e negli anni successivi. La rappresentazione dei fatti bellici e dei grandi eventi dell’epoca da un punto di vista umile, quello della borgata romana e del popolo violentato, con un intenso primo piano sul palcoscenico di Testaccio, Pietralta, il ghetto ebraico, San Lorenzo, i bombardamenti, la pessimistica interpretazione della storia che la stessa autrice recita nel sottotitolo del libro: “Uno scandalo che dura da diecimila anni”.

A soli due anni dalla pubblicazione de La Storia sarà la volta di Aracoeli, l’ultimo romanzo della Morante. Per scriverlo si recò in Andalusia. Nel racconto si intreccia la storia di Manuel, un omosessuale avvolto dalle memorie dell’infanzia trascorsa in un rapporto strettissimo con la madre. Avendo perduto sia la madre e sia l’integra bellezza della giovane età, Manuel, ormai ultraquarantenne, racconta il ricordo. La maternità, il rapporto genitoriale, i temi onnipresenti nell’opera della Morante, diventano in questo caso preminenti, dolorosi.

In questo ultimo testo, in cui si svela una forte negatività, il personaggio principe va a cercare la traccia della madre perduta e alla fine non ritrova nulla, se non un vuoto di senso. Sono le parole di un’opera che sentenzia l’infelicità di abbandonare la bellezza con il tempo. Quella fisica, quella della speranza. Un cenno in un certo senso autobiografico.

La Morante ebbe un rapporto magico con l’immaginazione e la realtà. Nella sua letteratura sono visibili i racconti popolari, le superstizioni, le leggende di paese, i simboli, le maghe, le fattucchiere, madri mitiche e bellissime, animali che affollano i suoi romanzi. Esseri presenti, quest’ultimi, che spesso delicati e commuoventi come i gatti e i cani che appaiano in ‘Menzogna e sortilegio’ o ‘La Storia’.

Dopo ‘La storia’, Elsa Morante non pubblicherà più romanzi. Morirà nel 1985. Conobbe una fine piuttosto solitaria, in lotta contro l’avanzare dell’età e la trasformazione fisica. Si allontanò gradualmente dal mondo. Tra continui ricoveri e isolamento, morì d’infarto e fu sepolta con una camicia da notte colorata. Il segno di una vita passata in escursione per trovare una luce che è rimasta, soprattutto, grazie alla forza sempre attuale della sua narrazione. La bellezza di una parola scritta tra le più grandi del secolo scorso.

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