Tesori dei Castelli Romani: Lanuvio, un ragazzo e la sua panoplia. L’aristocrazia di un mondo antico

Pubblicato: Giovedì, 21 Novembre 2019 - Fabrizio Giusti

L’armatura è da tempo è uno dei pezzi pregiati del Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano. La casuale scoperta del 1934. Il legame con le Feriae Latinae

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Presso il Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano è possibile ammirare da tempo un insieme di reperti risalenti agli inizi del V sec. a.C. Furono rinvenuti casualmente a Lanuvio nel 1934 (ultima foto in basso), durante lo scavo di un pozzo idraulico, nella tomba di un giovane sepolto dentro un sarcofago. La tomba aveva la particolarità di ostentare la presenza di un corredo funebre che ai tempi era proibito nel Lazio da leggi in vigore in tutti i centri latini da circa un secolo, a causa di norme che vietavano il lusso funerario. Un'usanza che, secondo gli studiosi, non avveniva pienamente nel mondo etrusco, ove invece si continuava ad esibire il prestigio delle aristocrazie locali con preziosi corredi personali e pitture parietali.

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All’interno del sepolcro furono ritrovate una corazza, l’elmo da parata, un’ascia, una spada, scudi ed altri oggetti. Tali oggetti trovarono all’epoca confronti solo con elementi provenienti esclusivamente da altre aree, in particolare quella etrusca (in particolare Vulci), insinuando la convinzione che l’individuo sepolto a Lanuvio non fosse albano o latino, ma un mercenario o un estraneo alle comunità locali. Invece, secondo nuove interpretazioni, fu appartenente proprio all’aristrocrazia della città albana in cui è stato seppellito.

Un’analisi compiuta dall’archeologo Franco Arietti per l’Osservatorio Colli Albani per l’Archeologia e l’Ambiente, pochi anni fa, ha spiegato quali sono le caratteristiche di questa importante analisi.

La tomba del giovane, a camera, è considerato un elemento che lo accomuna a tutte le altre tombe a camera laziali, grazie alla presenza del dromos (scivolo). “Questo particolare – spiega Arietti nel suo articolo - è assai importante poiché laddove è stato possibile scavare l’area circostante di queste tombe a camera, si è potuta accertare la presenza sistematica di una strada. Si tratta di strade arcaiche naturalmente. Risulta quindi assai probabile che la tomba scoperta a Lanuvio non fosse affatto isolata e ubicata a caso da qualche parte, ma sicuramente essa venne posta a lato di una strada, assieme ad altre tombe a camera che furono impossibili da identificare in corso dello scavo successivo, non avendo scoperto e messo in luce la massicciata stradale da cui si origina il dromos”.

Il giovane fu sepolto dunque nel terreno di proprietà della sua gente. Egli era probabilmente un esponente di alto rango dell’aristocrazia locale.

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Tra gli oggetti, spicca l’elmo da parata, eseguito in bronzo, con decorazioni già note in Egitto, Cipro, Grecia, Libia, Etruria. La sua forma è genericamente ritenuta una variante dell’elmo di Negau (Slovenia), largamente rintracciabile in Italia centrale nel corso del VI sec. a.C. Il tipo di lavorazione dell’esemplare di Lanuvio si avvicina ad alcune produzioni etrusche, in particolare quelle di Vulci.

Per quanto riguarda il tema del luogo di fabbricazione dell’elmo e della corazza, il riferimento è andato inevitabilmente alla produzione artigianale del Lazio di età protostorica (VIII e VII sec. a.C.), di cui poco inizialmente si sapeva. Ogni oggetto, fino agli anni settanta del novecento, veniva attribuito all’area etrusca o campana, senza considerare la possibilità della produzione locale. Nell’ultimo trentennio del secolo scorso, sono sopraggiunti invece gli scavi sistematici in vari centri della regione che hanno rivoluzionato ogni conoscenza del territorio. Il rinvenimento di tombe a carattere principesco di VIII e VII sec. a.C. hanno dunque accertato una fiorente produzione metallurgica locale di oggetti eseguiti in lamina di bronzo e di ornamento femminile.

Accanto alle officine specializzate nella lavorazione di oggetti che prevedevano la fusione del bronzo e ferro per la fabbricazione di armi o di carri, è stata documentata l’esecuzione di preziosi in oro e argento, ceramica e di vasellame in bucchero (per molto tempo attribuito alla esclusiva fattura etrusca).

Come si affermava all’inizio, per contenere la diffusione del lusso funerario o dell'esaltazione dello stato economico dei defunti (e della loro appartenenza), in tutto il Lazio intervennero leggi specifiche a partire dal 575 circa a.C. e per oltre due secoli. La tomba di Lanuvio, per questo motivo, esibisce una testimonianza importante ed originale.

Nel caso del giovane 'lanuvino' sono assenti nella tomba i tipici oggetti del corredo funebre di uso personale e quelli che facevano parte del corredo di accompagno. La presenza di altri oggetti, invece, dimostra che venne dunque pienamente rispettata la legge che vietava tassativamente la presenza di qualunque lusso, ma che nel contempo venne fatta un’eccezione, autorizzando la sepoltura di quello che presumibilmente fu un atleta con i suoi attrezzi agonistici e i suoi premi. Ciò non esclude un suo ruolo militare e da ‘guerriero’ (come poi è conosciuto).

La scoperta che il ragazzo fosse un membro dell’aristocrazia lanuvina spinge più in là, dunque, alcune ipotesi fatte in passato. “La prestigiosa panoplia di Lanuvio – afferma Arietti nel suo articolo - documenta il grande risalto e prestigio dei giochi latini che si tenevano ogni anno in occasione delle ferie Latine in onore di Giove Laziale, la divinità suprema del Lazio venerata sul Monte Albano (Rocca di Papa). A questi giochi, noti come “ludi Latini” – che da un certo momento in poi, comunque assai antico, si tennero solo a Roma (e ciò avvenne prima dei ludi Romani e dei ludi plebei) – partecipava il fior fiore della gioventù latina, esibendo evidentemente preziosi armamenti da parata ed oggetti ginnici lussuosi, per molti dei quali non si esclude affatto la produzione locale, oggetti che dovevano esaltare e nobilitare principalmente il prestigio dei popoli di appartenenza”.

“La sacralità dei ludi Latini in onore di Giove – conclude - è probabilmente la chiave di lettura per comprendere il carattere religioso che ha legittimato la presenza della panoplia nella tomba di Lanuvio. In questa prospettiva va attribuita alla religiosissima Città di Lanuvio – come attesta il famoso tempio dedicato a Giunone Sospita – la volontà di seppellire un illustre cittadino che l’ha nobilitata nel mondo latino con le sue vittorie”.

(Immagini: 'Osservatorio Colli Albani per l'Archeologia e l'Ambiente')

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