Quando Mussolini sguainava la ‘Spada dell’Islam’ e pensava di realizzare una Moschea a Roma

Pubblicato: Domenica, 17 Settembre 2017 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Giusto 80 anni fa il Duce si faceva immortalare in una foto ‘scorretta’. L’amore per Leda Rafanelli, musulmana, e l’intenzione di creare un ponte con l’Oriente

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Mussolini guardava all'altra parte del Mediterraneo, tra arabi, africani e musulmani. Difficile immaginarlo per un politico che si è imbarcato con Hitler in una guerra militarmente ed umanamente disastrosa, ma così è stato.

Un Mussolini che oggi sarebbe guardato storto (si va per paradossi) anche tra coloro che lo vedono come un punto di riferimento storico ed ideale. Però fu così: il Duce non solo voleva costruire una comunicazione, per convinzione e calcolo, ma guardava con simpatia a tutto quel mondo attualmente percepito come una ‘grave minaccia per la nostra convivenza civile’ (prima accusa degli anti-Islam) o a quell'area geografica in cui prolifera un credo ‘pericoloso per l’’Europa e le sue radici’ (seconda accusa), come se il vecchio continente, nel frattempo, non si fosse secolarizzato e sganciato dalle influenze monoteiste (anche in Italia), oppure non fosse, come in realtà è, un lungo percorso di umanità differenti che si sono incontrate e avvicinate.

L'interesse di Mussolini verso i ‘maomettani’ era persino corrisposto, in taluni casi. Negli anni trenta si diffusero movimenti giovanili che guardavano al fascismo come fonte di ispirazione, dalle ‘Falangi Libanesi’ al Partito Giovane Egitto. E poi c’è quella piccola curiosità secondo la quale il cognome stesso del Duce deriverebbe da ‘Muslimin’, plurale di ‘Muslin’, parola che in arabo significa proprio musulmano. Scherzi della storia. Capriole del tempo.

Mussolini, in verità, il contatto con l’Islam lo aveva instaurato sin da giovane, attraverso letture (Friedrich Wilhelm Nietzsche) e conoscenze. Un pò in superficie, poco in profondità. Era nato, come noto, a Predappio, comune sito a pochi chilometri da quello di Mercato Saraceno, nome esotico che ancor oggi stuzzica molte fantasie, anche se la cittadina prese nome, a quanto pare, da tal Saraceno di Alberico degli Onesti, proprietario del territorio alla metà del sec. XII. Eppoi c’è quella storia con l’amico Pietro Nenni, di Faenza. Tutti e due socialisti e ad un certo punto dei loro percorsi di vita entrambi in piazza per protestare contro il ‘sopruso italiano’ (1911-1912) contro gli islamici libici. Manifestazioni di protesta che finirono con il loro arresto e la condivisione, per alcuni mesi, della stessa cella nel carcere di Forlì. Nenni e Mussolini diventarono amici, ed anche durante il regime fascista Mussolini stesso intervenne a favore del leader socialista, catturato a Parigi da tedeschi, affinché fosse mandato al confine a Ponza. Si rividero lì quando il Capo del governo cadde e fu arrestato. A volte il destino fa giri strani.

Un feeling, quello tra Mussolini e l’Islam, che comunque, senza giocare con gli aneddoti precedenti che alla fine poco dicono, culmina il 20 marzo 1937 quando, tutto impettito su di un cavallo, il dittatore sguaina la ‘Spada dell'Islam’, arma in oro massiccio in realtà cesellata da artigiani fiorentini. La Libia, sotto il Governatorato italiano, era sempre più italianizzata, occupata, posta sotto un regime militare. E Italo Balbo, da protagonista del fascismo di allora, condivise con Mussolini l’idea che si dovesse giungere ad una sorta di funzione strategica con l’altra cultura al fine di evitare rivolte e resistenze. Di quella spada, a guerra finita, non si seppe più nulla. Trafugata dalle Rocca delle Caminate, se ne persero le tracce e non fu più ritrovata.

Mussolini e l’Islam. Una strana storia, piuttosto sconosciuta ma monitorata dagli storici (consigliamo in questo senso 'Mussolini e i mussulmani' di G. Mazzucca e Gian Marco Walch), che passa anche per Alessandria d’Egitto, una sorta di colonia italiana in cui erano nati Marinetti e Ungaretti, e dove più in là nacque uno strepitoso studioso della voce dentro le influenze mediterranee: Demetrio Stratos. Non era nata lì Leda Rafanelli, giornalista, che in realtà era di Pistoia ed anche anarchica e socialista rivoluzionaria. Ma tra quelle atmosfere Leda trovò e sperimentò un nuovo modello esistenziale legandosi al sufismo, considerata la dimensione interiore dell'islam (chi conosce il percorso artistico di Franco Battiato ne saprà qualcosa). Giunta a Milano, conobbe Mussolini, ancora socialista rivoluzionario, ed ebbe con lui una relazione, informandolo sul mondo maomettano (Mussolini, quanto a donne di diversa tendenza religiosa, non si fece mancare nulla: noto il suo amore con l’ebrea Margherita Sarfatti).

Verrà poi un’altra donna, Haleuia el-Morgani, detta la “Sceriffa di Massaua”, discendente dell’Imam Alì, maestra di una confraternita iniziatica dell’Islam (Khattmyya Tariqa). Dopo essere stata ricevuta dal Duce, dichiarerà: “Da quando Allah ha voluto che il Duce assumesse la protezione e la difesa dell’Islam, anche la Tarîqa ha assunto importanza maggiore nel quadro della vita religiosa dell’Impero. Nessuno è stato con la mia religione e con me così nobilmente largo di ogni aiuto quanto il Duce. Egli si è detto lieto e fortunato di conoscere in me la Sharîfa discendente del Profeta Muhammad, che Allah lo benedica e lo conservi. Il Duce è nel cuore dei Musulmani di tutto il mondo perché è giusto, coraggioso, deciso e perché difende la loro fede”.

Un percorso di interesse e di interessi, dunque, che mirò al mondo al di là del mare non solo per risvolti di natura espansionistica. Il Duce fu promotore anche della nascita di ‘Radio Bari’ e delle sue trasmissioni in lingua araba per cercare di convincere i musulmani di un’alleanza possibile. Il Capo del Fascismo, nel suo messaggio inaugurale, si riferì alla nuova stazione come "anello di congiunzione tra l'Occidente e l'Oriente, strumento della pacifica espansione italiana nel Mediterraneo Orientale ed oltre". Il palinsesto prese il via con programmi in albanese, voluti dalla Camera di commercio italo-orientale, seguiti dall'arabo e dal greco, fino ai notiziari giornalieri in rumeno, bulgaro e ungherese, turco, serbo e croato. Qualche anno più tardi molti di questi popoli furono aggrediti o assoggettati, nel corso della seconda guerra mondiale. Un altro paradosso che conferma quanto di buone intenzioni sia lastricata la via delle occasioni mancate.

Il Mediterraneo visto come Ponte, dicevamo. Alla luce di quello a cui si assiste oggi un fatto quasi incredibile. Una linea tracciata e seguita nel dopoguerra da Enrico Mattei, con le sue tensioni con le ‘sette sorelle’, ma anche dalla politica estera di Giulio Andreotti e Bettino Craxi. Una ‘terza frontiera’ che all’epoca era un’alternativa e che oggi, nonostante le conquiste tecnologiche e sui diritti, appare impossibile. Domandarsi il perché, non sul piano politico ma su quello squisitamente culturale, è più che lecito.

Infine, va iscritta in questo racconto, la vicenda della moschea di Roma. Il Duce fu favorevole a realizzarla in vista dell’annessione dell’Albania, ma a fermarlo fu il Vaticano (con il quale da poco erano stati firmati i Patti Lateranensi).

Storie di ieri, storie di oggi. Allora in Fascismo guardò probabilmente ad altre culture monoteiste in funzione antinglese ed antifrancese nella lunga disputa per la conquista degli spazi vitali in terre africane, e probabilmente anche in chiave antiebraica, visto che il periodo è quello che si avvicina alle leggi razziali del 16 ottobre 1938.

Ciò conferma un fatto indiscutibile: brandire la religione o l’identità altrui come mezzo politico è sempre un rischio (e vale per tutti, a oriente come ad occidente). Un errore da non coltivare, in ogni epoca. Le conseguenze, infatti, possono essere molteplici e storicamente negative, come la cronaca odierna ci insegna.