Rocca di Papa, Monte Cavo: la scoperta di tre necropoli e abitati preromani

Pubblicato: Mercoledì, 06 Novembre 2019 - Fabrizio Giusti

ROCCA DI PAPA – La conferma dei recenti studi che stanno cambiando la storia della nascita della civiltà latina

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“Ritrovamenti di straordinario interesse storico – archeologico”. Ne dà notizia l’Osservatorio Colli Albani per l’Archeologia e l’Ambiente a commento dei recenti rinvenimenti effettuati in varie zone di Monte Cavo, a Rocca di Papa.

I reperti sono relativi ad antichissimi sepolcreti posti accanto ai rispettivi insediamenti ‘capannicoli’ disseminati lungo la dorsale del monte. Questi documentano di fatto l’attività delle genti vissute tra X e IX sec. a.C. in rapporto con l’area sacra verso la sommità del Monte stesso.

I reperti occupano, più o meno sulla stessa quota, tutto il monte dalla zona dell’eliporto agli edifici posti all’ingresso dell’Aeronautica, fino a via del Prato Fabio. Qui è stato localizzato un insediamento che ha restituito alcune centinaia di reperti di uso domestico e oggetti di vari corredi funebri. I ritrovamenti sono stati effettuati in seguito alle ricerche condotte da A. Masi e sono ora conservati al Museo Civico di Albano dove verranno restaurati, esposti al pubblico e presentati nei primi mesi dell’anno prossimo.

E’ l’ennesima conferma della frequentazione dell’area dei Campi D’Annibale fin da tempi antichissimi, attestando la presenza di insediamenti nei Colli Albani, i quali, nell’insieme, formavano una curia (insieme di uomini). Ciò - spiega l’Osservatorio – dà la conferma che non è esistito un centro di nome ‘Cabum’, ma una serie di villaggi, il più importante dei quali doveva essere posto nell’area dell’ingresso dell’Aeronautica, che dominava i Campi d’Annibale.

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I reperti testimoniano, come sancito da recenti scoperte, che sulla vetta del Monte Albano, a partire dagli inizi dell’età del ferro, vi furono culti antichissimi rivolti a divinità precedenti a Giove Laziale. Fondamentale, in questo senso, il ruolo dei ‘cabensi’, fin dall’età protostorica. Verso l’VIII sec. a.C., con l’affermazione delle aristocrazie nel Lazio antico legate alla proprietà della terra, il rapporto dei cabensi con l’area sacra divenne molto stretto. Per millecinquecento anni al collegio sacerdotale dei Sacerdotes Cabenses verrà conferito il diritto di officiare all’interno del più importante centro sacrale dei Latini per svolgere le attività di culto, sia sulla vetta che all’interno del bosco sacro che avvolgeva il Monte.

I basoli della Via Sacra, da Prato Fabio fino sulla vetta, inoltre, testimoniano il lavoro con cui furono restaurati 26 tratti di lastricato all’interno del bosco sacro, dove nulla poteva essere toccato. Con la recente e fondamentale scoperta, sono caduti numerosi luoghi comuni. “Ora sappiamo – scrive l’Osservatorio - che non era tutta una via sacra (si è sempre pensato che lo fosse perché conduceva all’area del tempio di Giove), ma che lo diventava, dal Prato Fabio fino alla vetta, nel momento stesso in cui entrava nel bosco sacro, dove ogni presenza sia vegetale che animale o di altra natura, era consacrata al Dio”.

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Esiste poi una certezza di grande importanza. Alba Longa è stata identificata nel corso dei secoli in almeno dieci posti diversi, sulle più svariate posizioni. Sui Colli Albani le numerose scoperte hanno chiarito che Alba Longa, intesa come “città” o come villaggio protourbano, non è mai esistita. Proprio la recente scoperta del ‘bosco sacro’ e del punto esatto della sua delimitazione sacra alle pendici del Monte Albano (a partire dal Prato Fabio), ha circoscritto con esattezza lo ‘spazio leggendario’ di Alba indicato da Tito Livio: alle pendici del Monte Albano, lungo la dorsale del monte.

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Alba e il Monte Albano erano due realtà dunque legate al mondo albano, essendo poste al centro del loro territorio. Qui nacquero le credenze religiose, le leggende, i miti di quelle comunità. La vetta divenne “la casa degli dei”, Alba la regia mitica, nacque la figura di Latino, re di Alba, divinità dei Latini per oltre un millennio. Sarà poi la dominazione romana, in età medio-repubblicana, a chiudere il ciclo mitico della leggenda di Alba Longa, sovrapponendosi a sua volta- secondo gli studi - a quel mondo. All’epoca si credette che in quel luogo fosse nata, mille anni prima, una città fondata da Ascanio, figlio di Enea, immaginandola con mura, palazzi. templi. Da qui l’elenco dei re albani fino alla leggenda di Romolo e Remo.

Tutto ciò accade in un'area devastata da centinaia di tralicci, edifici abbandonati. Alexandre Grandazzi, professore alla Sorbona, autore di due volumi dedicati ad Alba Longa – affermano dall’Osservatorio - ha definito in questi giorni questo scenario di compromissione “una vergogna europea”.

Fare in modo che questa vergogna finisca è un atto di civiltà nei confronti del passato, del presente e del futuro di questi luoghi.

(Immagini 'Osservatorio Colli Albani sull'Archeologia e l'Ambiente)

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