Marino. BiblioPop: per un sabato è stata la 'capitale' del pensiero di Gramsci

Pubblicato: Domenica, 03 Novembre 2019 - redazione eventi

Marino (politica) -  Presenti Angelo d’Orsi, Alex Hobel, Andrea Sonaglioni e Mauricio Martinez Duque. Metronomo Mauro Avello

ilmamilio.it - nota stampa

Riceviamo e pubblichiamo:

Nonostante le cautele degli organizzatori – Associazione Acab/BiblioPop, Circolo di ItaliaCuba, Partito Comunista Italiano - , e, a dispetto del quasi nubifragio che ha accomunato l’area romana sotto gli stessi rovesci d’acqua sia l’Olimpico, dove si giocava una importante Roma/Napoli (2 a 1 per la cronaca); che i Castelli romani, dove a S. Maria delle Mole una strapiena BiblioPop (dove a nulla sono servite le sedie in più acquistate per l’occasione) si è svolto l’incontro che aveva al centro il pensiero e la vita di Antonio Gramsci; alla fine il successo qualitativo e la sottolineatura dei molti intervenuti con solo posti in piedi, è stato strepitoso. La presenza del vicesindaco, assessore alla cultura del Comune di Marino, è stata lì a testimoniare l’importanza dell’appuntamento. Così come l’intervento breve, una chicca, dello scrittore Marco Onofrio ha trovato modo di inserirsi nel confronto del tema modernità del digitale e della robotica rispetto alla consegna alla nostra analisi attuale circa la connotazione di classe operaia, ovvero di classi subalterne (intervento sottolineato da Andea Sonaglioni, segretario della Federazione Castelli romani del PCI anche in risposta a domande dal pubblico) e il tema gramsciano dell’umanesimo che vede appunto gli uomini assaltati dall’alienazione (per altro categoria ampiamente marxista).

Questo input, in realtà appartiene al volgere ultimo della serata di incontro gramsciano, ha mostrato un pathos ed una passione viva che si è dipanata nelle ore trascorse a presentare, sezionare, sviscerare, e, soprattutto – con intento pedagogico vero, alla Antonio Gramsci -, come hanno mostrato lo storico Alex Hobel e il protagonista della serata, il prof. Angelo d’Orsi, di cui si presentava l’ultima fatica (la prima edizione dopo 45 anni di studio e ricerca, la seconda ora) leggibile nel testo “Antonio Gramsci. Una nuova biografia”. Le copie, fornite dalla locale libreria ”Cavour” di Frascati sono andate a ruba ed è stato necessario ricorrere alla prenotazione per la consegna, tra qualche giorno, di ulteriori copie del libro. Mauro Avello, segretario del Circolo Italia Cuba “Gino Donè” (nonché portavoce della neonata proposta coalizione dei comunisti e della sinistra, “Essere Marino”), ha presentato, con domande specifiche, via via gli oratori che non hanno deluso affatto. E’ stato coadiuvato, con la solita efficacia stile BiblioPop, dalla introduzione di un breve filmato di Ascanio Celestini su Gramsci, e dalla proiezione in loop di una selezionata serie di frasi di Antonio Gramsci, leggibili sullo sfondo parete mentre c’era in atto la spiegazione e illustrazione di alcuni dei temi del libro e del pensiero gramsciano.

In modo puntuale, il rappresentante dell’Ambasciata di Cuba a Roma, Mauricio Martinez Duque, ha citato, letto e commentato tre passaggi del testo di d’Orsi per mostrare gli importanti temi che mostrano come la presenza del “metodo” e delle implicazioni teoriche e politiche del pensiero gramsciano abbiano determinato le scelte della Rivoluzione cubana e la stessa prosecuzione della Rivoluzione permanente che Cuba continua a vivere: una sorta di conferma della teoria gramsciana che la Rivoluzione bolscevica nella Russia del 1917, non era ripetibile negli stessi modi nel mondo dove il capitalismo “maturo” stava evolvendo ed imperava. Del resto, tutto il dipanarsi della struttura del libro, e quindi della proposta intellettuale di Angelo d’Orsi, l’ha svolta diligentemente, chiaramente, e ascoltata in laico silenzio dalle persone che hanno affollato l’aula, Alex Hobel. Quasi a mostrare che l’ossatura che tiene tutto insieme è proprio quella intuizione del professore torinese che il pensiero di Gramsci è insieme le cose che ha scritto, quelle che ha elaborato, quelle che ha scritto per sé, intanto che i contesti della propria vita mutavano, come tutte le persone. L’infanzia e le implicazioni fisiche e cognitive del primo apprendimento; le vicende familiari e dell’economia familiare che inducono a sacrifici; la scelta traumaticamente vissuta del trasferimento “al continente” nella Torino dell’università, nella Torino operaia, nella Torino dell’impegno giornalistico ed intellettuale, nella Torino dell’impegno politico. Fino a giungere al suo matrimonio, a cruccio del padre che non potrà svolgere tale ruolo, il carcere fascista che lo condurrà alla morte per scelta del regime mussoliniano. Un tracciato, insomma, che è vita e pensiero.

Perché, come illustra Hobel indicizzando schematicamente l’opera di d’Orsi, la contestualizzazione della vita, e delle situazioni, con il ruolo centrale ad esempio di Giulia, sua moglie, in libertà e nei rapporti epistolari quando era in carcere, sono essi stessi la base, il substrato che si mischia con le conoscenze del sapere e da lì si comprende quale approccio “davvero umano” il pensatore, il capo politico, il rivoluzionario, l’intellettuale “organico alla classe”, abbia potuto elaborare, non giustapponendo semplicemente asettiche logiche di pensiero “a tavolino”, ma tumultuose idee da far scaturire nel dipanarsi della vita: quella normale e quella drammatica e tragica perfino. Per questo, gli interventi, in successione, a cui è stato “costretto” dalle interlocuzioni e dalle domande del pubblico al quasi afono Angelo d’Orsi, hanno al meglio chiarito già questa ottima presentazione degli oratori precedenti. E l’autore – che oggi, tutto questo, riproporrà in modo “accattivante e affabulatorio” come è stato detto, nel racconto teatrale del suo “Un Gramsci mai visto”, con idee, pensiero, e brani di vita di Gramsci, accompagnate da musiche e voci eccellenti, che si terrà a Marino, Teatro Vittoria Colonna alle 18.00 – ha avuto platea attenta, già pronta a vedere come l’ordito di presentazione si tesseva a mostrare la figura intera che nella sostanza del pensiero e nella bellezza della verità di vita può essere mostrata per intero. Illustra il professore come nasce l’attenzione e la valutazione e la scelta della Torino operaia, della Torino delle fabbriche (sostanzialmente la Fiat e i satelliti attorno) siano diventati centrali nelle proposte teoriche e politiche di Gramsci che sostiene i consigli di fabbrica; di Gramsci che individua qui la avanguardia sia della classe operaia che della statualità (socialista) che potrà venire. Ma fallita l’analisi e la lettura – esempi lampanti, illustra d’Orsi, sono stati per Antonio Gramsci, lo sfilacciamento di quella che doveva essere l’avanguardia, e proprio nel momento più duro con l’occupazione delle fabbriche – che veniva fatta, soprattutto da Mosca, della situazione italiana, senza mezzi termini, il pensatore e guida comunista, indica una diversa lettura della realtà e mette in campo, appunto, la necessità, la possibilità, di avere approccio rivoluzionario anche perseguendo traguardi intermedi.

Pure utilizzando, raggiungendo, facendo vivere fasi non socialiste, non comuniste. Dice d’Orsi, mostrando Gramsci, perfino in relazione col pensiero di Rosa Luxemburg: riformismo e ocialismo, non sono antitetici se siamo ad una fase preordinata a questi. Quindi ottenere vantaggi, per la classe degli sfruttati, ottenere democrazia invece che svolgimento in regime antidemocratico o ristretto, è giusto, coerente, realizzarlo invece che incunearsi nella teoria del socialfascismo senza soluzione. Qui, nell’area del capitalismo maturo, per semplificare: in occidente, in Europa. Forse, la maggior presa (pedagogica) illustrativa Angelo d’Orsi, l’ha ottenuta quando ha spiegato una cosa apparentemente relegata al “mondo accademico” ovvero ai famigerati “addetti ai lavori”: la questione della divisione nella trattazione del pensiero gramsciano, tra coloro che sostengono la bontà di proporre cesura tra la produzione in carcere di Gramsci e la produzione antecedente. In modo netto, d’Orsi propone come errato lo schiacciamento, per le implicazioni che ne seguono che sembra quasi si siano privilegiate a scanso della vera ricerca scientifica, solo sui quaderni. Propone invece, il nostro espositore, una posizione dialettica tra le due grandi produzioni, per altro neppure complete. Per questo egli crede che la posizione della Fondazione Gramsci sia al di sotto della necessità e possibilità della produzione di studi di merito. Del resto, forse tali scelte nascono da lontano: basti pensare al tenore (pur in assenza di nuovi apporti documentali giunti sulla scena solo dopo il 1991 come il carteggio della famiglia di Giulia) della Fondazione (Ovvero Istituto Gramsci) all’epoca della direzione di Gerratana, Spriano, Santucci; e alla svolta delle gestioni successive. Così, oggi, senza che nessuno lo abbia mai velato durante tutta la presentazione del volume di d’Orsi, si è giunti a chiudere questa davvero bella serata, coronata da successo e soddisfazione con un fare molto intrecciato tra teoria e prassi, tra aspetto di ricerca e politica.

Non a caso, l’autoproclamazione di essere un “cane sciolto” da parte di d’Orsi, è stato immediatamente smentito da se stesso quando additando l’assemblea come corposamente composta da comunisti, ha detto sullo svolgimento dei lavori: bene voi intervenite, poi (come si fa nelle migliori riunioni di partito) mi assumo io l’onere delle conclusioni. E, a giudicare dagli applausi forti, calorosi e convinti sono state, conclusioni condivise. Quali erano succintamente? Lo stato della ricerca su Gramsci è in continua permanente evoluzione: 20.000 titoli che commentano e illustrano singoli aspetti o dialogano col parti o tutto il pensiero di Gramsci. Tutto ciò in 41 lingue differenti nel mondo. Quindi se questa è la mole e se le stessi fonti di documenti sono in aumento (quindi non c’è solo da interpretare criticamente il già noto, ma studiare il nuovo che riemerge dall’abbandono o dagli armadi chiusi), il vero compito di studiosi, di politici, della sinistra e dei comunisti se non vogliono trovarsi spiazzati è proprio il ricorso al riconoscimento che una base di pensiero comune – in questa disgraziata epoca di divisione dell’atomo nella galassia comunista e di sinistra – diventa necessaria ed è proprio il pensiero originale di Antonio Gramsci.