Luigi Petroselli, il sindaco che sognava una Roma bellissima

Pubblicato: Lunedì, 07 Ottobre 2019 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Morì il 7 ottobre del 1981. E’ ancora oggi il sindaco più celebrato ed amato. Con lui la città visse una stagione di grandi cambiamenti, soprattutto sul piano sociale e ambientale

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Luigi Petroselli è ancora oggi riconosciuto come un esempio di grande amministratore. Eppure Roma, da sindaco, la governò poco: appena due anni, precisamente dal 27 settembre 1979 al 7 ottobre 1981 (giorno del suo improvviso decesso).

Ciò è accaduto perché Petroselli ebbe una caratteristica che oggi è rarissima da trovare: mettere insieme le energie propositive e fare sintesi, al di là delle contrapposizioni, lavorando con passione civile tutto il giorno per il bene di una comunità senza risparmiare neanche un’ora per questa missione.

Esponente di rilievo del Pci romano, aveva un senso del dialogo riconosciuto ed una cultura amministrativa che era stata già aperta, seppur nelle differenze di carattere e di personalità, dal suo precedessore Carlo Giulio Argan (il primo sindaco ‘non democristiano’ della Capitale).

''Tanto più Roma sarà una città ordinata – disse Petroselli in occasione di un'intervista appena eletto - tanto più avrà valori di libertà, uguaglianza e solidarietà, tanto più sarà una grande Capitale moderna e tanto più anche la Chiesa potrà assolvere le sue funzioni e la sua missione''. Fu il primo sindaco comunista, ma non mise mai in 'allarme' il Vaticano, nel pieno rispetto reciproco dei ruoli.

Quando la linea A della Metropolitana aprì finalmente al pubblico, si preoccupò non di come risolvesse il problema del traffico, ma dei vantaggi di tempo che i lavoratori della Tuscolana o dei Castelli Romani avrebbero avuto per la propria vita. Intese addirittura la Metro come un luogo di comunicazione e di socializzazione. Il segno di una visione, al di là dello sviluppo delle tecnologie e dei reali rapporti umani.

Lui, ''etrusco'' e viterbese di origine, aveva colto la città profonda, il contatto con la sua umanità. Una storia rispettata, tanto che l'esponente del Movimento Sociale Italiano, Michele Marchio, quando Pertroselli morì (a 49 anni, al termine di un Comitato Centrale del Pci), disse che era scomparso "un sindaco con le scarpe ai piedi''. Un grande omaggio, proveniente da un avversario politico opposto e in un clima sociale di scontri di piazza e violenze diffuse.

Pestroselli, quando iniziò a governare Roma, aveva già una lunga storia alle spalle. Nato a Viterbo il 1º marzo 1932, sin da giovanissimo si era schierato con i contadini viterbesi per ottenere la possibilità di coltivare le terre incolte. Era stato per questo arrestato e aveva scontato quaranta giorni di prigione. Quelle lotte aiutarono la sua formazione di uomo. Si iscrisse a Roma alla Facoltà di Lettere e Filosofia e partecipò sempre più attivamente alla vita del Pci. Nel 1968 criticò aspramente la repressione sovietica dei moti di protesta di Praga.

Metteva anima e corpo dentro al contesto politico. Aveva maturato una disponibilità alla condivisione, con un'abnegazione incredibile per i problemi di una metropoli che proprio allora si stava facendo vasta. Non mancò mai la sua capacità di stare tra gli sfrattati, i disoccupati, gli ultimi, misurandosi con la pressione dei poteri edilizi.

Il Progetto Fori Imperiali, assieme all’impegno per il risanamento delle periferie, delineò un futuro di congiunzione materiale e sociale delle diverse parti della città. L'avvicinamento territoriale delle borgate al centro, in tal senso, fu un obiettivo pensato con l'insita filosofia di non annullare comunque le differenze e le radici, ma considerando servizi e diritti accessibili a tutti.

Demolì i luoghi dove le persone si lavavano ancora nelle bagnarole, diede impulso all'Estate Romana con un altro grande visionario come Renato Nicolini, si inventò, persuaso da Antonio Cederna, l'idea di mettere la Storia al posto delle automobili con un parco archeologico grande e frequentato; innescò l’intervento di Tor Bella Monaca, che nella meta iniziale doveva essere un esempio di ''città moderna'' (anche per eliminare quella piaga dell'abusivismo che si ridimensionò solo in parte e che esplose più tardi grazie ai condoni sopraggiunti dal 1985 in poi). E si badi bene: Roma in quegli anni aveva un’emergenza casa che coinvolgeva circa 600mila cittadini che vivevano in borgate fatiscenti.

Tra il 1980 e il 1983 si realizzarono 3.759 alloggi comunali e 1.066 alloggi da parte dell’Iacp, 791 alloggi per le famiglie sfrattate acquisiti sul mercato privato. Per la prima volta a Roma, dai tempi del “Piano Ina Case”, la cabina di regia edilizia, grazie anche a un quadro legislativo che aveva modificato ed integrato delle norme, non andò più nelle mani degli speculatori, ma in quelle delle istituzioni.

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La riqualificazione delle periferie passò per la creazione di acquedotti, fognature (mille chilometri), l'illuminazione pubblica, le strade asfaltate, i centri sociali per gli anziani (ben 43), i parchi giochi, i parchi pubblici, le biblioteche di quartiere (283), le scuole elementari, gli asili nido. E’ questa stagione che porta alla città ben 33 parchi urbani e più in là la salvaguardia dell’Appia Antica, della Caffarella, di Villa Torlonia, Villa Lazzaroni, Villa Bonelli. 500 furono gli ettari sottratti alla speculazione, trasformati in luoghi di aggregazione sociale.

Idee, ipotesi, visioni, intenzioni incompiute. Con il decesso di Petroselli morì anche il suo progetto per Roma. Avveniristico, totalmente visionario. Dopo qualche anno infatti, molta di quella spinta propulsiva si esaurì in un costante decadimento che ha coinvolto progressivamente la qualità della classe politica e amministrativa.

Petroselli, per tutto questo, resta inimitabile. Può essere però ancora un riferimento, in una città che non riesce più ad uscire, malgrado gli sforzi e i tentativi nel corso degli anni, dai suoi problemi endemici.