Rocca di Papa, Monte Cavo: quell’appello per l’esproprio di pubblica utilità rimasto inascoltato

Pubblicato: Lunedì, 30 Settembre 2019 - Redazione 1

Risultati immagini per antenne monte cavo rocca di papa mamilioROCCA DI PAPA (attualità) – L’area, di incredibile valore storico, paesaggistico e archeologico, è ancora oggetto di dibattiti

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Il 6 giugno 2017 l’Osservatorio Colli Albani per l’Archeologia e l’Ambiente, unione tra studiosi che storicamente operano nell’area dei Colli Albani in ambito archeologico e ambientale, oppure provenienti dal mondo dell’associazionismo, inviò al Comune di Rocca di Papa (e al Parco Regionale dei Castelli Romani, alla Direzione Regionale Ambiente e Sistemi Naturali della Regione Lazio, alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana) un importante appello che voleva finalmente dare uno spiraglio per dare a Monte Cavo un futuro diverso da quello attuale. Un appello a quanto pare inascoltato e senza risposte che però meriterebbe più attenzione visto che suggeriva, con fondamento, un modo per sviluppare sulla vetta oggi ricoperta da antenne e tralicci un avvenire appropriato alla sua straordinaria storia.

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Il testo prendeva corpo alla luce delle vicende giudiziarie per la rimozione dei tralicci abusivi, dall’abbandono nell’area di Monte Cavo di gran parte delle strutture militari e, in previsione, del fatto che questi sostanziali mutamenti dovevano necessariamente comportare un radicale intervento di bonifica. L’Osservatorio faceva presente che quest’ultimo non poteva prescindere, se non addirittura essere preceduto, dall’esproprio per pubblica utilità dell’intera area di Monte Cavo Vetta, come previsto dagli artt. 95 – 100 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, dal momento – si leggeva “che tutte le condizioni e motivazioni previste per l’applicazione dei suddetti articoli, sono state di gran lunga certificate ed evidenziate da una imponente documentazione di carattere tecnico – scientifico”.

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L’argomentazione faceva capo alla sentenza del Consiglio di Stato (N. 02200/2017 pubblicata in data 11 maggio 2017) la quale, nel condannare gli abusi e respingendo il ricorso degli appellanti, affermava che “… La normativa paesaggistico – ambientale presiede alla tutela di interessi di indubbio rilievo costituzionale e del tutto ragionevolmente pone limiti alla libertà di iniziativa privata quando quest’ultima possa risultare potenzialmente dannosa…”.

L’Osservatorio chiedeva inoltre che si dovesse procedere con estrema fermezza all’espropriazione, per pubblica utilità come primo atto ufficiale “teso a ristabilire la legalità e porre fine ad una vicenda tra le più vergognose, indegne e scandalose della storia del Lazio”.

Nell’appello si teneva conto anche delle modalità con le quali si sarebbe dovuto procedere: le operazioni di demolizione condotte dalle ditte stesse oggetto della condanna, oppure, in caso di rifiuto, dalla medesima Amministrazione comunale.

“L’Osservatorio dei Colli Albani, la comunità scientifica ed i cittadini dei Castelli Romani – recitava ancora l’appello - si aspettano che venga effettuato il massimo controllo su queste opere e che tutto avvenga secondo la prassi consolidata e con la massima chiarezza. Infatti, dalle planimetrie pubblicate che documentano le strutture antiche emerse in passato nel corso degli scavi archeologici, risulta chiaramente che le opere di rimozione, a livello di fondazione dei manufatti, verranno condotte in un’area di altissimo interesse storico archeologico, parzialmente messa in luce e in gran parte ancora da scavare. Dal momento che in simili circostanze la soprintendenza competente per territorio dispone che tali opere vengano rigorosamente controllate e, quindi, condotte sotto la stretta sorveglianza del suo personale tecnico, ciò garantirà che la proprietà e quanti altri abbiano concorso a realizzare le opere abusive, debbano rispondere in futuro di eventuali danni arrecati al tessuto archeologico.”

Sono passati più di due anni. La situazione sulla vetta di Monte Cavo è identica.

Per quale ragione questo appello è caduto nel vuoto? Si è mai presa in considerazione l’idea dell’esproprio per pubblica utilità? Per quale motivi le forze politiche del territorio non hanno sostenuto anche questa via, oltre a quella già conosciuta delle sentenze che hanno determinato definitivamente un futuro di rimozione degli impianti che ad oggi ancora non ha trovato applicazione?