Mauro Rostagno, la fondamentale scelta di essere liberi

Pubblicato: Giovedì, 26 Settembre 2019 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Il 26 settembre 1988 a Trapani veniva assassinato il giornalista. Una vita tra impegno, solidarietà, idee e lotta all'illegalità

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''Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto''. Esiste un documentario, negli archivi della Rai, risalente al 1968, in cui si vede un giovane capellone con la barba folta pronunciare questa frase. E' un momento di storia realizzato all'epoca della contestazione giovanile. Quel ragazzo, che spiegava in modo così lucido e tagliente la volontà di parte della sua generazione, presa tra occupazioni di università e cortei, si chiamava Mauro Rostagno.

Il 26 settembre del 1988, Rostagno rimase vittima di in un agguato in contrada Lenzi di Valderice, a Trapani, mentre si trovava nella sua Fiat Duna. Aveva 46 anni. Lo uccisero vigliaccamente. La criminalità organizzata lo aveva già preso di mira da tempo. Ma lui, nonostante il vento contrario, aveva continuato a parlare e ragionare sulle cose che accadevano come faceva da giovane o nel corso del suo lungo impegno politico.

Non poteva tacere. Non lo fece. In quella Trapani dove emergeva la figura del boss Matteo Messina Denaro e dove Cosa Nostra, la massoneria e la politica facevano affari, lui si era messo in testa di fare la sua rivoluzione attraverso la solidarietà verso gli ultimi, offrendo aiuto al prossimo.

Tra i fondatori di Lotta Continua', terminata quell'esperienza decise di fare impegnarsi spaccando la logica dell'ideologia. Aprì a Milano ''Macondo'' (ispirato al libro ''Cent'anni di solitudine'' di Gabriel Garcia Marquez), un punto d'incontro di centinaia di ragazzi. Poi il locale venne chiuso dalla polizia il 22 febbraio 1978 per le attività legate a spaccio di sostanze stupefacenti. Fu processato, ma prosciolto. Se ne andò così in India insieme alla compagna Elisabetta Roveri. A Poona si unì alla comunità degli ''arancioni'' di Bhagwan Shree Rajneesh (Osho), prendendo il nome di Swami Anand Sanatano. Tornato in Italia, nel 1981 fondò vicino a Trapani la Comunità Saman. All'inizio un centro di meditazione, ma successivamente diventò una comunità terapeutica che si occupò del recupero di tossicodipendenti.

Rostagno era diventato nel frattempo un comunicatore televisivo. Privo del tesserino dell'Ordine dei Giornalisti, contribuì comunque, con un livello di informazione profondo, a smascherare i legami che univano l'imprenditoria, la mafia e la massoneria di quella Sicilia in cui non era nato, ma dove aveva scelto di abitare e portare avanti le sue idee di libertà e conquista sociale. Dai microfoni di RTC, una tv privata locale, si mise così sotto i riflettori, attraendo allo stesso modo anche l'attenzione del potere criminale, un pò come era accaduto qualche anno prima per Peppino Impastato.

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Chiese un incontro con Giovanni Falcone. Forse aveva scoperto qualcosa riguardo il traffico d'armi verso la Somalia, che a Trapani trovava uno dei suoi punti di riferimento. La sera del 26 settembre 1988 fu assassinato. Gli toccò subire subito dopo la strategia e la macchia del depistaggio e del silenzio. Si disse, nei giorni e nei mesi seguenti, che chi lo aveva strappato alla vita aveva agito per screzi legati alla sua militanza in Lotta Continua o di una vendetta nell'ambito del delitto Calabresi. Misero in piedi anche la possibilità che l'omicidio fosse maturato tra i tossicodipendenti ospitati presso la sua comunità. 

La Magistratura ha confermato nel frattempo la condanna per uno dei mandanti, il capomafia di Trapani Vincenzo Virga. Tutta la verità va comunque ancora scoperta.

Bertold Brecht disse una frase divenuta celebre: "Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi; altri che lottano un anno e sono più bravi; ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi. Ma ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli imprescindibili".

Una riflessione che Mauro Rostagno merita.