San Filippo Neri e i ragazzi come possibilità di gioia per la società

Pubblicato: Domenica, 26 Maggio 2019 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Il 26 Maggio del 1595 muore il religioso che ha lasciato un solco profondo nella concezione nuova del recupero e dell’educazione dei giovani

ilmamilio.it

San Filippo Neri è uno dei religiosi che ha cambiato profondamente la storia della Chiesa e la sua immagine agli occhi degli uomini e delle donne del suo tempo.

Era un uomo che credeva negli uomini, nel loro talento, nella naturale predisposizione a stare insieme e condividere i momenti della vita.

Arrivò a Roma pochi anni dopo il terribile sacco del Lanzichenecchi, e cambiò la visione di un concetto di solidarietà che mancava o non era organizzato. Un individuo moderno, a suo modo, anche se immerso comunque nel suo contesto storico e nelle sofferenze degli ultimi.

Nato a Firenze il 21 luglio 1515, negli anni della fanciullezza frequentò il convento di San Marco, nel quale venne a contatto con gli influssi del Savonarola, ancora vivi negli anni della crisi politica della repubblica e dell’assedio della città. Filippo lasciò la sua comunità all’età di 18 anni. A Firenze non tornerà più. Intorno al 1534 arrivò a Roma.

ROMA - Quando giunge nella città sede del Papa, Filippo conosce un mondo corrotto e pericoloso, ma anche pieno di profondi cambiamenti, tra tutti la Controriforma e il passaggio dentro al Concilio di Trento, convocato per reagire alla diffusione della riforma protestante in Europa. Sono gli anni del pellegrinaggio nei luoghi del primo cristianesimo: le catacombe, le antiche basiliche. Gradualmente Filippo inizia a vivere come un eremita, dorme sotto i portici o in ripari di fortuna, passeggia vestito con una tonaca munita di cappuccio, incontra i giovani che riesce a conquistare con la sua simpatia, si occupa degli infermi, degli abbandonati, dei pazienti  negli ospedali di San Giovanni e Santo Spirito, si interessa ai poveri.

Nel maggio del 1551 è consacrato sacerdote ed entra nella chiesa di San Girolamo della Carità. La sua esperienza pastorale è subito impegnata con le classi meno abbienti e nella spiegazione delle Sante Scritture. Avvicina un gruppo di ragazzi di strada, li inserisce nelle celebrazioni liturgiche, attiva un suo modo di attirare i più piccoli alla fede con il gioco e il canto, senza distinzioni tra maschi e femmine. E’ l’anticipazione del concetto di Oratorio moderno, sviluppatosi attorno alla Chiesa di Santa Maria della Vallicella. Proprio per questi motivi sarà ricordato più come il "Santo della gioia".

L’innovazione dell’Oratorio è uno dei passi fondamentali che ha introdotto il concetto di condivisione partendo dai fanciulli. Rappresentò il tentativo di assorbire pietà e carità e di formare una comunità che non fosse solo costituita dalla vita ritirata, ma dalla frequentazione collettiva dei sacramenti e della vita sociale. Una compagnia di persone laiche, religiose, povere e anche di ceto abbiente legate dal vincolo dell’amicizia, dell'esistenza comune e dell'informalità. Così, tra il Cinquecento e il Seicento, la capitale dello Stato della Chiesa oltre ad essere cosmopolita e più numerosa, conosce una forma di riscatto dentro quelle fasce di povertà molto ampie in quel periodo. Per questo, oltre a creare nuove forme di aggregazione e solidarietà, in questi anni prende corpo un’ampia rete ospedaliera e la Confraternita per i malati e i convalescenti, che assiste i pellegrini durante gli anni santi, opera dello stesso Filippo Neri. Il Papa stesso, talvolta, colpito dall'attività di questo centro, si reca sul posto per  lavare i piedi ai pellegrini e a servire loro i pasti.

Filippo Neri, trascorrendo nel corso della sua vita matura molto tempo con i suoi ragazzi, diede un’occasione di gioia nella società in cui viveva, un messaggio sempre attuale.

Si arricchì di speranza. E quando qualcuno si lamentava della troppa esuberanza dei suoi giovani, rispondeva: "Lasciateli brontolare quanto vogliono. Voi seguitate il fatto vostro. State allegramente: non voglio scrupoli, né malinconie; mi basta che non facciate peccati". Poi consigliava ai suoi piccoli amici: “State buoni, se potete”. Applicò in tutto e per tutto "l'allegria del Vangelo", quella che non esclude e mostra la bellezza della vita, delle piccole cose, dello stare assieme e dell’amore per gli ultimi.

Rifiutò di fare il cardinale perché - disse - preferiva il Paradiso. Quando morì, il 26 maggio del 1595, tanti romani lo considerarono già santo prima della canonizzazione (che avvenne nel 1622).

Alla sua figura sono stati dedicati un bel film di Luigi Magni (State buoni se potete) del 1983, con uno straordinario Johnny Dorelli, e una miniserie televisiva con Gigi Proietti, 'Preferisco il Paradiso', per la regìa di Giacomo Campiotti.