50 anni fa sulla Luna, l'astrofisico Gianluca Masi: "Mai impossibili nuove scoperte"

Pubblicato: Sabato, 25 Maggio 2019 - redazione attualità

ROMA (attualità) - Lo scienziato ieri ai microfoni di Radio Cusano Campus

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Gianluca Masi, astrofisico, divulgatore scientifico e ideatore di Virtual Telecope è intervenuto ai microfoni di Tutto in famiglia condotto da Livia Ventimiglia e Annalisa Colavito su Radio Cusano Campus in occasione del 50° anniversario dall’allunaggio che Masi esplorerà nel tre serate  ‘Figli delle stelle orientarsi tra cielo, stelle e arte’ a Palazzo Merulana a Roma.

La possibilità di nuove scoperte. “Io penso che dedicare la propria vita allo studio dell’Universo, sia a in senso astrofisico ma anche ingegneristico e aerospaziale, sia oggi una delle possibilità più eccitanti che si possano considerare perché viviamo in un periodo di grande fermento tecnologico con ricadute verso lo spazio. L’Italia in quest’ambito è un Paese guida, non è a traino di nessuno. Infatti, la scienza italiana è tra le più apprezzate nel contesto internazionale, proseguendo così una tradizione che risale fino a Galileo Galilei. Ormai la scienza è internazionale e si nutre di rapporti e collaborazioni tra Paesi perché impone delle sfide che non è possibile risolvere con il singolo individuo.

consorzio ro.ma

C’è sempre la sana competizione fra Paesi che ti spinge a stare sveglio una notte in più. Nonostante la massiccia tecnologia moderna, c’è sempre un elemento imponderabile: io non ho idea di cosa incontrerò stanotte quando mi metterò alla guida mio telescopio. Potrei anche incontrare qualcosa di epocale ai fini della rivoluzione scientifica. E’ improbabile ma non è impossibile. E questo aggiunge una sensazione di imprevisto imprevedibile, ossia uno dei motori trainanti della condizione di ricercatori e scienziati.

L’allunaggio. “L’allunaggio ha rappresentato la prima volta di un uomo su un altro mondo. Andare sulla Luna, significò colmare delle esigenze politiche, come quella degli Stati Uniti d’America rispetto all'Unione Sovietica. Gli Usa dovevano recuperare una distanza notevole, perché il primo satellite era sovietico così come il primo uomo nello spazio. Occorreva in un punto solo superare la Russia. C’era anche un’emozione di paura di non riuscire.

Tutt’oggi non è banale andare nello spazio, occorre la partecipazione di molti alla riuscita di un progetto che noi vediamo nella sua parte finale. Dietro c’è un gran lavoro per garantire il successo, e si è sempre con il fiato sospeso. Figuriamoci 50 anni fa, quando non c’erano i mezzi di cui disponiamo oggi. Se in passato c’era carenza di strumenti, tuttavia c’era la “visibilità” del cielo, oggi paradossalmente abbiamo una tecnologia sviluppata ma a causa della luce artificiale cittadina è faticoso vedere le stelle. Sogniamo lo spazio, ma non vediamo il cielo”.