Peppino Impastato e l'educazione alla bellezza della legalità: mai dimenticare l'esempio

Pubblicato: Giovedì, 09 Maggio 2019 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Il 9 Maggio del 1978 l’omicidio di un protagonista della battaglia contro la mafia

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Peppino Impastato è stato uomo coraggioso. Coraggioso nel lottare contro il potere mafioso della sua città. Fu ucciso nello stesso giorno - il 9 maggio 1978 - in cui venne ritrovato a Roma il corpo del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e per troppo tempo il suo omicidio fu dimenticato, rimosso dalle cronache, la sua persona diffamata. Ma come tutti coloro che sono portatori di verità e giustizia, Peppino è stato recuperato con il tempo nella memoria collettiva di questa nazione. Oggi la sua figura civile è amata e ricordata da migliaia di giovani. E' la sua vittoria più grande.

Nato a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, crebbe in un ambiente familiare in cui le frequentazioni con ambienti mafiosi erano acclarate. Il cognato di suo padre Luigi, il capomafia Cesare Manzella, venne ucciso nel 1963 in un agguato nella sua auto imbottita di tritolo. Una volta ragazzo, Peppino ruppe i rapporti con il padre e avviò una sua attività politico-culturale contro il malaffare delle sue zone, conducendo le lotte per i contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo a Cinisi, sostenendo gli operai edili e i disoccupati. Più tardi, nel pieno degli anni settanta, costituì il gruppo ‘Musica e cultura’, ove cineforum, musica, teatro e dibattiti seppero animare la gioventù del luogo e a renderla sensibile ai problemi della società in cui vivevano.

Ma è nel 1977, anno di esplosione delle cosiddette ‘Radio Libere’, che i canali della comunicazione si fecero più incisivi con la nascita di ‘Radio Aut’, attraverso la quale Peppino iniziò a denunciare misfatti e affari della criminalità e della politica di Cinisi e Terrasini, prendendo di mira il potente capomafia Gaetano Badalamenti. Il programma ‘Onda pazza a Mafiopoli’, trasmissione satirica, si trasformò così nel momento più seguito dai radioascoltatori. I microfoni mutarono la normale denuncia politica diventando ironia sferzante, pungente, capace di mettere in ridicolo il potere e i suoi gangli più corrotti e collusi. Per questo Impastato venne fatto oggetto dei primi avvertimenti, le cui conseguenze arrivano al punto estremo e fatale nella primavera del 1978.

Candidato con Democrazia Proletaria alle elezioni comunali, nel corso della campagna elettorale, Peppino venne assassinato nella notte tra l'8 e il 9 maggio 1978. Per depistare l’omicidio fu inscenato un attentato, facendo esplodere una carica di tritolo sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia. 

Nelle ore seguenti stampa e forze dell’ordine si orientarono subito verso l’atto terroristico, una sorta di prova suicida eclatante, confutata dalla scoperta di una lettera che in realtà non rivelava propositi simili. Il delitto passò inosservato alla grande opinione pubblica poiché proprio in quelle stesse ore, come accennato poco fa, venne ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro  (Leggi: 9 Maggio 1978, l’uccisione di Aldo Moro: la fine di una Repubblica tra misteri e verità nascoste).

La matrice mafiosa dell’omicidio di Impastato venne individuata, anni dopo, grazie all'attività del fratello Giovanni, degli amici, di alcune persone impegnate sul territorio e della madre Felicia Bartolotta. Sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate venne riaperta l'inchiesta giudiziaria. Nel maggio del 1984 l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del giudice Consigliere istruttore Rocco Chinnici (l’inventore del pool antimafia, assassinato nel luglio del 1983), emise una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconobbe la matrice mafiosa del delitto. Fu il primo passo. Successivamente, in seguito ad un lunghissimo e difficile impegno da parte dei familiari e delle forze politiche e civili, si riuscì ad indicare come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, riconosciuto poi nel 2002 colpevole e condannato all'ergastolo.

La vicenda della morte di Peppino diverrà in seguito notissima agli italiani grazie al film di Marco Tullio Giordana ,‘I cento passi’, che avrà il merito di restituire memoria, dignità e doveroso tributo ad un uomo di grande valore civile.

Peppino seppe fare della sua voce e del suo corpo un’arma con cui denunciare l'illegalità e la puzza di compromesso criminale e politico che vedeva nelle strade della sua terra. Con il suo impegno quotidiano andò incontro alla morte. Un esempio. E non c'è niente di meglio, malgrado il tempo che passa, che onorare il suo ricordo sostenendo, tutti i giorni, la lunga e difficile battaglia per imporre i valori di legalità e giustizia in una nazione che ancora è avvolta, quotidianamente, da notizie di scandali, corruzione, trame di potere e legami con la criminalità organizzata.

Ricordare Peppino Impastato vuol dire non essere indifferenti a tutto questo.